Il Fatto di domani. Centrodestra, sul terzo mandato va in pezzi la finta unità sarda. Ucraina, l’inutile strage: speciale su due anni di guerra

Di FQ Extra
22 Febbraio 2024

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SALVINI BOCCIATO DAGLI ALLEATI, NO AL TERZO MANDATO PER I GOVERNATORI: LA MAGGIORANZA SI SPACCA, MA LA LEGA RILANCIA. Il Carroccio è andato allo scontro sul terzo mandato dei governatori e ha perso il primo round con i suoi alleati: Fratelli d’Italia e Forza Italia. La Commissione Affari costituzionali del Senato ha bocciato l’emendamento leghista al decreto Elezioni con 16 voti contrari. Favorevoli solo gli esponenti della Lega e Italia Viva: la conta include un astenuto (della Südtiroler Volkspartei) e il senatore di Azione che non ha partecipato al voto. Le sinistre (Pd, M5s, Avs) hanno votato compatte per il No. Ma la partita cara alla Lega è solo all’inizio. Paolo Tosato del Carroccio ha mandato l’avviso: “Cercheremo di convincere i nostri alleati a rivedere le loro posizioni”. Ergo: la proposta potrebbe tornare in auge sotto altre spoglie, anche dopo le europee di giugno. Il No di Giorgia Meloni era scontato: forte con i galloni del primo partito, FdI vuole portare a casa più Regioni possibile nella prossima tornata amministrativa, incluse quelle governate dagli alleati come il Veneto di Luca Zaia. Per Salvini, la posta in palio, è proprio il fortino nel nord-est, dove Zaia è a caccia del quarto mandato. La legge regionale che introduce il limite dei due mandati in Veneto risale al 2012, mentre il governatore leghista era al suo primo incarico. Poi ne ha collezionati altri due, al vertice della Regione. Salvini gradirebbe il Doge nel “confino” della giunta per tenerlo distante da via Bellerio e dagli affari nazionali. Ma il vincolo dei due mandati riguarda anche i governatori del Pd: Vincenzo De Luca (Campania), Stefano Bonaccini (Emilia Romagna) e Michele Emiliano (Puglia) sono tutti a caccia del tris. Intanto, domenica prossima si voterà in Sardegna e all’orizzonte si profila il testa a testa tra Alessandra Todde (sostenuta da Pd, M5s, Alleanza Verdi-Sinistra) e il meloniano Paolo Truzzu. Sul Fatto di domani vi racconteremo le guerre nella maggioranza e gli scenari per le urne sarde.


I RITARDI DEL PNRR E L’ACCELERAZIONE SUL PONTE SULLO STRETTO: DUE GRANE PER IL GOVERNO. A sentire il ministro per gli Affari europei Roberto Fitto, è un successo. A leggere i numeri, tutt’altro. Parliamo di Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, declinazione italiana del Recovery Fund europeo varato dopo il Covid. Nella relazione della Commissione europea sull’avanzamento dei progetti negli Stati membri, l’Italia risulta prima per numero di obiettivi raggiunti, con 178 milestone e target raggiunti su 527, meglio anche della Spagna. Di qui il trionfalismo del governo. Ma la classifica è puramente quantitativa: non dice nulla sulla qualità dell’attuazione dei programmi e sull’efficienza dell’amministrazione pubblica che li porta avanti. Semplicemente, l’Italia è il Paese che ha ricevuto più risorse, quindi anche più rate e più obiettivi: arrivare primi era facile. Le statistiche del nostro piano però sono tutt’altro che rosee. Fitto ha riconosciuto che l’utilizzo dei fondi del Pnrr va molto più a rilento del previsto. Anzi, nel 2023 abbiamo assegnato meno risorse del biennio 2021-2022, ma soprattutto poco più della metà rispetto a quanto previsto dall’esecutivo. Scorporando il Superbonus (finanziato in parte dal Pnrr), addirittura la spesa dei fondi è di solo il 31% di quelli assegnati. Per Fitto il motivo è che le pubbliche amministrazioni sono in ritardo nel caricare i dati nella piattaforma di monitoraggio online, ma in realtà le spese sono più avanzate di quanto sembri. “Non penso che sia giusto esagerare nell’ottimismo. Ci sono delle criticità, ci mancherebbe altro. Io sinceramente proverei a vedere il bicchiere mezzo pieno rispetto ai risultati raggiunti”, questa l’analisi di Fitto. Sul Fatto di domani leggerete la nostra analisi di questo flop. Sempre nel comparto opere pubbliche, parleremo di un’altra grana per il governo. L’esposto di Verdi e Sinistra sulla correttezza del procedure di assegnazione del bando per la costruzione del Ponte di Messina ha portato la procura di Roma ad aprire un fascicolo di indagine contro ignoti. L’ad della Società Stretto di Messina Pietro Ciucci, in un’intervista al Corriere della sera oggi ha garantito “massima collaborazione e trasparenza con le autorità inquirenti con lo scopo di chiarire tutte le azioni svolte, dalla ricostituzione della società”.


MIGRANTI, L’ALBANIA APPROVA L’ACCORDO PER DELOCALIZZARE I CPR. LA MAGISTRATURA SCONFESSA IL GOVERNO SULLE ONG. Parlando ancora di numeri, che però hanno dietro vite e destini di esseri umani, sul giornale di domani faremo un bilancio dell’attività del governo Meloni sul dossier migratorio. Oggi il Parlamento di Tirana ha ratificato l’accordo di cooperazione tra Italia e Albania per l’esternalizzazione della gestione dei migranti soccorsi nel Mediterraneo dagli italiani in due Cpr da costruire in territorio albanese. Il premier Edi Rama ha dato l’annuncio su X. Nel frattempo il magazine Altreconomia ha pubblicato oggi dati inediti sull’accoglienza nel nostro Paese ottenuti attraverso un’istanza di accesso civico (FOIA). Risultati che, per l’ennesima volta, confermano che non esiste alcun pull factor delle ong, perché nonostante gli sbarchi quest’anno siano stati di 50 mila unità più del 2022 (oltre 157 mila, un record dal 2017) le navi umanitarie hanno effettuato solo il 5% dei salvataggi (9 mila persone in totale). E che permettono anche di valutare l’impatto negativo sul sistema del decreto Cutro, che impone alle ong porti molto più lontani e dei fermi amministrativi dopo i salvataggi. Vedremo i numeri nel dettaglio sul Fatto di domani. E approfondiremo anche la mossa del Tribunale di Brindisi che ha sgretolato l’architrave del decreto voluto da Meloni e Piantedosi per fare la guerra alle ong. I giudici infatti hanno sospeso in via cautelare il fermo amministrativo di 20 giorni imposto alla nave Ocean Viking di Sos Méditerranée, arrivata in porto il 9 febbraio con a bordo 261 migranti, perché il blocco pregiudica “il diritto [della Ong] di esercitare la propria attività di soccorso in mare, in cui si realizzano le sue finalità sociali”. La sentenza sulla legittimità del provvedimento di fermo imposto dal governo è attesa per il 14 marzo.


GUERRA RUSSIA-UCRAINA, COSA È SUCCESSO IN DUE ANNI. MOSCA AVANZA, LA DANIMARCA APPROVA I NUOVI AIUTI A KIEV. Il 24 febbraio 2022 iniziava il conflitto in Ucraina con l’invasione delle truppe russe in vari punti del Paese e un raid sulla Capitale. Per il presidente russo Putin doveva essere una “operazione speciale”: una fase da chiudere in fretta appropriandosi delle regioni russofone e, perché no, piazzare a Kiev un governo più malleabile di quello di Zelensky. Non è andata così, eppure, oggi è proprio il Cremlino ad essere più soddisfatto; il suo esercito ha preso quattro regioni, e con la recente vittoria di Avdivka fa pensare di aver rotto lo stallo del conflitto di posizione, e di potersi spingere ancora oltre: all’est verso Kharkhiv, a sud oltre il Dnipro per riconquistare Kherson. Al contrario, in due anni, Zelensky è passato dall’essere una star per l’Occidente divenendo il simbolo della resistenza, al rappresentante della delusione per come sono andate le cose sul campo, e al comandante in capo che fa piazza pulita dei suoi generali, anche quelli più stimati dall’esercito L’offensiva di un anno fa che permise agli ucraini di recuperare terreno si è esaurita e non è stata replicata con i tentativi della scorsa estate; in Europa e negli Stati Uniti si avverte la stanchezza per il continuo sostegno all’alleato in termini di armi e di fondi. Proprio le difficoltà al Congresso americano, dove i repubblicani di Trump hanno bloccato le forniture per mesi, ha sollecitato l’Ue a prendere le sue decisioni: oggi la Danimarca ha firmato un accordo bilaterale sulla sicurezza con l’Ucraina della durata di 10 anni, sulla scia di quelli siglati da Regno Unito, Francia, Germania e presto dall’Italia, e ha anche stanziato nuovi invii di materiale bellico per 250 milioni di dollari. Di contro, Berlino ha bocciato la spedizione di missili Taurus. Sul Fatto di domani leggerete uno speciale sui due anni di guerra con date, numeri, reportage ed interviste. Inoltre, ci sarà spazio per gli articoli che riguardano la posizione del governo Meloni; la stessa premier e il ministro Tajani hanno in agenda un viaggio a Kiev.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Navalny, il suo team: “Le autorità russe vogliono seppellirlo in segreto. Per il referto medico è stata morte naturale”. Per la prima volta oggi le autorità hanno mostrato il corpo di Alexei Navalny – morto in un carcere in Siberia sei giorni fa – alla madre. Kira Yarmysh, portavoce del team dell’oppositore sostiene che la mamma del dissidente viene “ricattata su ordine del Cremlino; le stanno mettendo condizioni su dove, quando e come seppellire Alexei. Vogliono farlo in segreto, senza dare la possibilità di salutarlo”. La madre di Navalny ha detto che nei documenti medici che le sono stati mostrati, si dice che il figlio è morto per cause naturali. Il Times di Londra scriveva invece che il dissidente era stato ucciso “con un pungo al cuore”, secondo una tattica dell’Fsb, il servizio di sicurezza russo.

Delmastro dà ai pm una versione “corretta” dello sparo di Capodanno. Il sottosegretario alla giustizia non era a 300 metri di distanza per caricare delle buste in macchina, ma poco fuori dai locali della Proloco dove è avvenuto l’incidente dello sparo di Capodanno, con la pistola del deputato Pozzolo.

Morto un operaio nello stabilimento Stellantis di Pratola Serra (Avellino). Lavorava per una ditta esterna Domenico Fatigati, 52 anni, rimasto incastrato in un macchinario nel reparto basamento motori. È la 148esima vittima sul lavoro del 2024. Le segreterie provinciali di Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm di Avellino e le Rsa dello stabilimento irpino hanno proclamato sciopero per l’intera giornata. La Procura ha aperto un fascicolo d’indagine.

The breakup: “Tra Chiara Ferragni e Fedez è finita”. Secondo anticipazioni del sito scandalistico Dagospia, Fedez sarebbe “andato via via di casa e non è più tornato”. Sul Fatto di domani indaga Selvaggia Lucarelli.


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