Quattro decenni “orgogliosamente” trascorsi in azienda gli sono valsi la nomina – su indicazione del ministro delle Imprese, Adolfo Urso – a commissario di Acciaierie d’Italia con il difficile compito di gestire gli impianti dell’Ilva in un momento delicatissimo dal punto di vista finanziario e della produzione, evitando il collasso dell’azienda per poi procedere a una gara per un nuovo investitore. Ma i 40 anni nel gruppo che da Italsider s’è trasformato in Ilva sono anche costati al neo-commissario Giancarlo Quaranta due condanne definitive per gli incidenti sul lavoro che provocarono la morte di tre operai. Oltre a qualche dichiarazione dubbiosa sul collegamento tra l’inquinamento della città e la fabbrica ai tempi del “Rapporto Sentieri” del 2012. Macchie sul curriculum del manager, stimato dai sindacati per la sua esperienza nella siderurgia, che raccontano in pieno le difficoltà che l’acciaieria di Taranto ha attraversato nel corso della sua storia, non solo dal punto di vista ambientale.
Nel 2013, Quaranta è stato condannato in via definitiva insieme ad altri quattro imputati, come ha ricordato La Gazzetta del Mezzogiorno, per la morte degli operai Paolo Franco e Pasquale D’Ettorre: i due giovani lavoratori vennero uccisi il 12 giugno 2003 – sotto la gestione Riva – dal crollo del braccio di una gru nell’area Parchi Minerari di cui Quaranta era all’epoca responsabile. L’episodio, che provocò anche 12 feriti, divenne poi una strofa di Vieni a ballare in Puglia del cantautore molfettese Caparezza. La seconda condanna definitiva di Quaranta è per la morte di Marco Perrone, un 26enne assunto alcuni mesi prima con un contratto di formazione lavoro: nel luglio 2002, l’operaio cadde durante le operazioni di pulizia di una tramoggia finendo incastrato tra gli ingranaggi di un nastro trasportatore. Il neo-commissario venne assolto in primo grado ma la sentenza venne ribaltata in appello e confermata dalla Cassazione.
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Per gli strani incroci del destino, la “promozione” di Quaranta arriva appena due mesi dopo la consegna della Stella al merito del lavoro ai familiari di Franco e D’Ettorre: i due operai morti 21 anni fa ne sono stati insigniti “alla memoria” lo scorso dicembre, per opera del presidente della Repubblica su proposta della ministra del Lavoro, Marina Calderone. In un pugno di settimane, insomma, lo Stato si è ritrovato a consegnare un’onorificenza alle vittime di quell’incidente e ad affidare il compito di gestire la crisi dell’acciaieria a una delle persone condannate per la loro morte.
Quaranta non ha risposto alle richieste del Fatto. Silenzio anche dal ministero. La nomina, stando a quanto filtra, è stata caldeggiata dal presidente di Federacciai, Antonio Gozzi (in corsa per la guida di Confindustria). Il manager ha infatti rappresentato per anni Ilva nella Federazione. Per lui è il suggello di un’“avventura iniziata il 2 gennaio 1984”, come ha scritto su Linkedin, quando la fabbrica era gestita dallo Stato ed è poi proseguita con svariati ruoli apicali negli anni dei Riva, compresa la gestione del Centro Studi Ilva. È stato anche direttore relazioni istituzionali del gruppo. In questa veste espresse pubblicamente dubbi sui risultati del Rapporto Sentieri che inchiodava l’Ilva attribuendole la responsabilità del 99% delle emissioni di benzopirene a Taranto: “Il grande interrogativo è quello della relazione causa-effetto. Consentiteci, quindi, anche un legittimo dubbio”, disse nell’ottobre 2012.
Quaranta ha ricoperto diversi incarichi in Ilva anche dopo il sequestro degli impianti deciso dai pm tarantini nel 2012. Nel 2014 il governo Renzi silura il commissario Enrico Bondi, cestinando il suo piano di rilancio e sostituendolo con Piero Gnudi, che lo promuove direttore centrale operazioni dell’acciaieria, carica che ricopre per meno di un anno: nel 2015 viene sostituito e va prima a occuparsi di Innovazione e poi segue Gnudi nell’amministrazione straordinaria, avviata a maggio 2015, dove è rimasto negli ultimi anni da ultimo come direttore della Divisione tecnica e operativa, l’uomo più addentro alle dinamiche della produzione tanto da partecipare nelle scorse settimane al tentativo di ispezione degli impianti da parte di Ilva in AS per accertare la gestione di Mittal.
Ora dovrà gestire Acciaierie d’Italia per rilanciarla. Ieri, in un vertice a Roma, Urso gli ha chiesto di ripristinare le relazioni sindacali. Primo passo di un’impresa che si annuncia ardua. Del passato nessuno vuol parlare.