Nel 2003 Giuliano Ferrara, direttore del Foglio berlusconiano, confessò con fierezza che nel 1985-’86 aveva fatto l’“informatore prezzolato della Cia” e si era “lasciato corrompere senza troppi problemi” da un “giovane sveglio e simpaticissimo agente americano” che lo pagava in “dollari avvolti in una busta giallina, fantastica, del peso giusto. E perdere l’innocenza era meraviglioso. Qualche conversazione avveniva al Pincio” e “il passaggio di mano della busta aveva qualcosa di erotico”. L’Ordine dei giornalisti riuscì a non fare nulla e ora ci tocca pure leggere la spia Ferrara che dà lezioni di deontologia ad Assange. E si permette pure di irridere le sue drammatiche condizioni dopo 13 anni di cattività: “Si è sposato, ha fatto due bei figlioli” e ora “l’augurio è che in carcere il riscaldamento funzioni meglio che nella tana del lupo siberiano”, ma soprattutto che il reprobo rifletta “su quel lancio di agenzie rubate in libertà, altrimenti 175 anni sono anche pochi” (oltre che una spia, Ferrara è anche un noto garantista).
La differenza fra l’Impero del Bene e quello del Male è tutta qui: il primo, se fai il giornalista e dai notizie vere, ti arresta, ti seppellisce vivo ma malato in galera, poi ti condanna a morte o a vita; il secondo, se fai l’oppositore xenofobo, ti arresta, ti condanna a 21 anni e ti fa o ti lascia morire.
Intendiamoci: in un Paese in cui La Stampa non dedica una riga all’udienza su Assange a Londra, Repubblica un trafiletto affogato nelle sette pagine quotidiane su Navalny e il Corriere un cazziatone di Aldo Grasso a Riccardo Iacona per avere “sposato la causa di Assange”, definito “attivista che non ha mai fatto giornalismo d’inchiesta” (vuoi mettere le inchieste di Aldo Grasso), ma ha commesso “reati” (quali, visto che nessuno l’ha condannato?), c’è da rallegrarsi perché almeno il Foglio mette Assange in prima pagina. Poi, certo, mente spudoratamente secondo le usanze della casa: abituato a contar balle fin da piccolo, Ferrara non può che detestare Assange che dava notizie vere. Infatti lo accusa di aver messo a “serio rischio l’incolumità di informatori e soldati della Cia e del Pentagono” e le loro “magagne senza le quali la nostra libertà non esisterebbe”.
Ora, Assange non ha messo a rischio la vita di nessuno e la nostra libertà esisterebbe anche se Cia e Pentagono non avessero sterminato un milione di innocenti tra Afghanistan e Iraq né torturato prigionieri ad Abu Ghraib e a Guantanamo (dove le torture continuano). Anzi, se i crimini documentati da Wikileaks non fossero stati commessi, oggi avremmo qualche titolo a dare lezioni di democrazia a Putin. A proposito: i “giornalisti” pagati dalla Cia dovrebbero allegare i bonifici sotto la firma e farvi seguire l’articolo. Se avanza spazio.