Va bene, sono solo elezioni regionali, ma una cosa ce la dicono sulla leadership di Giorgia Meloni: molto sugo, poco arrosto. Bravissima nella comunicazione, per carità. Decisionista come si confà a una politica di destra, avvezza a tenere a bada i suoi. Ma sostanza? Poca. Risultati tangibili? Altrettanto pochi. Classe dirigente a disposizione? Livello Trux, ovvero zero. La Sardegna, insomma, ridimensiona le aspettative sulla sopravvalutatissima presidente del Consiglio. Come dimostra pure il netto calo di consensi a Fratelli d’Italia in confronto ai voti presi in regione alle Politiche 2022; e nonostante la campagna elettorale fosse tutta incentrata sulla sua personalità vincente.
Certo, la premier “molto sugo, poco arrosto” non corre pericoli di essere disarcionata da Palazzo Chigi; e neanche di perdere il “tocco magico”. Ma per la semplice ragione che non l’ha mai avuto. Lo hanno certificato gli elettori sardi, chissà che non se ne accorga pure qualche collega che l’ha issata sul piedistallo. Non dico Bocchino, Sallusti, Sechi, ma almeno in via Solferino…
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Alessandra Todde ha dimostrato che una buona candidatura fa la differenza, pure nel M5S. Altro che “uno vale uno”: provata esperienza manageriale e di governo, profilo autorevole senza bisogno di strillare, spirito unitario. Ma è soprattutto a Elly Schlein che le elezioni sarde forniscono un’indicazione preziosa: non deve aver paura di perseguire l’indicazione ricevuta esattamente un anno fa dall’elettorato democratico nelle primarie in cui ha sconfitto il candidato preferito dagli iscritti al Pd.
Non vorrei sembrare troppo brutale, ma Schlein vince quando ha il coraggio di prendere a schiaffi i notabili del suo partito. Se terrà duro anche nel ricambio dei candidati alle Europee e nell’opporsi al terzo mandato dei presidenti di regione, non c’è ricatto interno che possa fermarla.