Parafrasando una vecchia battuta cara ai romani quando se la prendono con Milano, si può dire che la cosa più bella dell’Italia è il treno per l’Europa, almeno se hai una vita davanti, delle aspettative, qualche ambizione non strangolata nella culla. Dice il Censis che nell’ultimo anno i giovani espatriati (una volta si sarebbe detto emigrati) sono stati più di 50 mila, oltre il 60 per cento del totale di chi ha scelto di andarsene da qui.
Per il governo dei patrioti non è un bel segnale che ci sia la fila per lasciare la patria, ed è un ulteriore contrappasso il fatto che le fughe siano in aumento da quando governa Giorgia Meloni che fu “ministro per la Gioventù” sotto Berlusconi (altro che underdog, era ministra a 31 anni). Insomma, non sembra che i giovani siano convintissimi delle sorti luminose e progressive della Nazzzione, e non parlo solo di quelli bastonati qui e là, a Pisa da ultimo ma anche prima (e anche da governi precedenti, peraltro). E resta un fatto: il famoso “giovane”, che rischia di diventare sempre più raro per questioni demografiche (una specie di crisi industriale: nessuno li produce più), si configura come nemico da battere per questa maggioranza un po’ ardita e molto ideologica.
Non a caso il governo cominciò la sua opera con un decreto che inaspriva le pene per i rave party, un’emergenza che – tra le emergenze italiane – sta davvero in fondo alla lista. E ancora oggi nei suoi comizi-teatrino, tra faccette e vocette e smorfiette, il/la premier ci ricorda di aver fermato i rave con l’orgoglio di chi dice di aver sconfitto la fame nel mondo, generando in chi l’ascolta una stupita ammirazione (tradotto: me cojoni!). Era solo l’inizio. È seguita una girandola di inasprimenti delle pene come soluzione ai mali del mondo, tra cui carcere e risarcimenti per quelli che si chiamano “eco-vandali”, cioè i giovani che protestano per il cambiamento climatico. Come se l’eco-vandalo sia chi tira una tazza di zuppa in un museo o blocca una strada, e non chi da decenni avvelena fiumi, aria e popolazioni: i miracoli della neolingua.
C’è in tutto questo un bel pezzo della retorica law and order cara alla destra, sorvegliare e punire, anche se naturalmente si tratta di sorvegliare e punire chi dicono loro, perché invece per i colletti bianchi, l’affarismo politico e la corruzione dei piani alti i cordoni si allentano parecchio, tra abuso d’ufficio, traffico d’influenze e altro: né sorvegliare né punire. Un classico.
Punire si punisce, eh! Mai come quest’anno, per esempio, a causa dello sbandierato decreto Caivano, sono finiti dietro le sbarre tanti minorenni, come se la galera fosse l’unica risposta al disagio giovanile in zone ad alto rischio. Si aggiungano le piccole (?) norme repressive vagheggiate, o proposte, o caldeggiate dal ministro dell’Istruzione Valditara, i cinque in condotta minacciati, le bocciature, le sospensioni, persino una divertente inversione dell’onere della prova, per cui chi occupa un liceo, per dire, dovrà “dimostrare di non essere coinvolto (sic) in eventuali danneggiamenti”. Secoli di cultura giuridica che si rivoltano nella tomba perché è arrivato il ministro del Merito (ahahah! ndr).
Forse non è (solo) per questa mascelluta e volitiva opera balilla di “rimetterli al loro posto” che i giovani se ne vanno, però l’atmosfera non invoglia a restare. Un vero peccato per chi si immagina una disciplinata gioventù littoria: di questo passo il salto nel cerchio di fuoco dovranno farlo i sessantenni.