Il Fatto di domani. Ucraina, Berlino frena l’interventismo di Macron ma salda la nuova Weimar per Kiev. Altra picconata al green: l’Ue s’inchina ai trattori

Di FQ Extra
15 Marzo 2024

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UCRAINA, ESCALATION DI GUERRA: MACRON INSISTE CON L’INTERVENTISMO, MA TROVA UN COMPROMESSO CON SCHOLZ. L’APPELLO DI MATTARELLA PER FERMARE IL CONFLITTO. Lo hanno chiamato il triangolo di Weimar, rispolverando l’alleanza tra Francia Germania e Polonia creata dopo la riunificazione della Germania nel 1991. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz oggi ha ricevuto a Berlino il presidente francese Emmanuel Macron e il premier polacco Donald Tusk. L’incontro tra i leader di Parigi e Berlino doveva servire a ricucire le distanze scavate nelle ultime settimane dalla fuga in avanti di Macron rispetto al sostegno in Ucraina. Ancora ieri sera, in un’intervista con i tg francesi unificati, Macron ha ribadito la sua posizione sull’impossibilità di “escludere” di portare truppe Nato sul campo di battaglia ucraino. Il capo dell’Eliseo aveva argomentato che “la Russia non può e non deve vincere”, perché “la sicurezza della Francia si gioca in Ucraina”. La formula di Macron è rimasta ambigua: “Non siamo sicuri di farlo, non siamo attualmente in questa situazione, ma per il momento non escludiamo l’opzione. Rivendico di aver evocato questa possibilità”. Un’ambiguità che sembra aprire la porta a un’escalation bellica dell’Europa, e che per questo nessun altro leader ha seguito. Scholz era stato tra i più freddi, opponendosi peraltro in patria all’invio di missili a lungo raggio Taurus per evitare di mandare tedeschi a Kiev. Ma oggi i due leader, con l’aggiunta di Tusk, hanno cercato una mediazione. Il cancelliere tedesco ha aperto la conferenza stampa chiarendo che Germania, Francia e Polonia sostengono l’Ucraina ma non sono in guerra con la Russia. Però poi ha avvisato Putin del fatto che il sostegno europeo a Kiev non si esaurirà (as long as it takes) e che i beni russi congelati saranno usati per sostenere finanziariamente il Paese di Zelensky: “Ho detto a Zelensky che può contare su di noi”, dice Scholz. Macron ha ripetuto le tesi già espresse alla tv francese. Nel concreto, il vertice è servito a rilanciare i propositi di acquistare più armi per Kiev e creare una coalizione per l’invio di armi a lungo raggio. Donald Tusk ha riassunto i propositi in un tweet: “Vera solidarietà con l’Ucraina? Meno parole, più munizioni”. Sul Fatto di domani leggerete la nostra analisi. Sul fronte, intanto, la Russia ha colpito la città di Odessa con un missile ipersonico Iskander, lanciato dalla Crimea. Il bilancio è di 20 vittime e oltre 70 feriti. L’Italia, con il ministro degli Esteri Antonio Tajani, esclude l’invio di truppe e sottolinea i rischi di una guerra mondiale. Le parole più forti oggi le ha pronunciate Sergio Mattarella, dall’anniversario degli 80 anni del bombardamento di Cassino: “Ai confini d’Europa guerre terribili stanno spargendo altro sangue. Bisogna interrompere il ciclo drammatico di terrorismo, di violenza, di sopraffazione, che si autoalimenta e vorrebbe perpetuarsi. Questo è l’impegno della Repubblica Italiana”. Sul giornale di domani seguiremo anche la prima giornata delle elezioni in Russia: si vota fino al 17 ma la riconferma di Putin è più che scontata.


FUGA DALLA NAVE CHE AFFONDA: LA LEGA SULL’ORLO DELL’ABISSO IN VISTA DELLE EUROPEE. Mentre i leader europei giocano la partita del voto di Bruxelles sui temi della guerra, in Italia i leader nazionali cominciano dalle basi: chi candidare. Il problema si pone a sinistra come a destra. Il Partito democratico oggi discute dell’ipotesi, che “si rafforza”, secondo i retroscena politici, di presentare come capolista nella circoscrizione sud Lucia Annunziata. La giornalista salernitana 73enne, che è stata presidente della Rai nel 2003-2004, in passato aveva negato più volte l’intenzione di candidarsi. A destra, invece, i problemi più grandi ce li ha Matteo Salvini. Non tanto perché i suoi alleati del gruppo Identità e Democrazia, il Rassemblement National francese e la tedesca Alternative fur Deutschland, promettono di sbancare alle urne e surclassare un Carroccio ormai sotto la soglia del 10%, ma perché proprio le magre prospettive elettorali del partito nella tornata di giugno stanno spingendo molti dirigenti o potenziali candidati a tirarsi indietro, e magari bussare alle porte di altri partiti. A questo si aggiunge che in caso di un esito troppo ridotto (la Lega è data a meno dell’8% nei sondaggi), Salvini potrebbe rischiare di perdere lo scettro di leader. Tutto questo mentre Luca Zaia si ritroverà presto “disoccupato”, non potendo correre per un terzo mandato in Veneto (dopo che Fratelli d’Italia ha detto no alla richieste leghiste su questo punto). Salvini ha bollato come “attacco giornalistico le ipotesi di una fronda nel partito e ha confermato che in Veneto “ci sarà una buona guida leghista”, smentendo le voci su un passaggio di testimone a un candidato di Fdi. Sul futuro di Zaia, il leader della Lega dice di “avere un’idea”. Sul Fatto di domani approfondiremo.


ADDIO GREEN, LA COMMISSIONE UE STRIZZA L’OCCHIO AI TRATTORI. Il senso dell’Europa per l’ambiente s’è visto oggi, con la retromarcia sui vincoli green per gli agricoltori allentati per accontentare una categoria che ha inondato l’Europa con la protesta dei trattori. Le novità per la categoria sono state annunciate dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che sempre più strizza l’occhio a Giorgia Meloni. “Gli agricoltori si trovano ad affrontare crescenti incertezze, causate da eventi geopolitici come la guerra della Russia contro l’Ucraina. Dobbiamo sostenere ulteriormente gli agricoltori”, ha detto von der Leyen nel corso di una telefonata con il premier polacco Donald Tusk. Ecco cosa c’è di nuovo per gli agricoltori: eliminazione dell’obbligo di accantonare parte dei loro terreni per la biodiversità, di ridurre al minimo la lavorazione del terreno e di ruotare le colture tra le stagioni per prevenire la perdita di nutrienti. Gli agricoltori che manterranno queste pratiche riceveranno una ricompensa finanziaria, ma quelli che non lo faranno non saranno penalizzati. La Commissione stima che l’esenzione riguarderà almeno il 65% dei beneficiari della Pac. Sul Fatto di domani, sempre a proposito di transizioni mancate, vedremo anche cosa succede in casa Eni, visto che distribuirà agli azionisti la bella cifra di 11 miliardi di euro in due anni. Guadagni incassati con politiche aziendali tutt’altro che verdi.


GUERRA A GAZA, NETANYAHU: “ASSURDE RICHIESTE DI HAMAS SULLA TREGUA”. IL PREMIER FIRMA IL VIA LIBERA PER L’OPERAZIONE MILITARE A RAFAH. “Le richieste di Hamas sono assurde”. Così il premier israeliano Bibi Netanyahu giudica la proposta dei fondamentalisti per arrivare a una tregua nella Striscia di Gaza. L’emittente del Qatar, Al Jazeera, fornisce alcuni dettagli: secondo gli islamisti, le forze israeliane si dovrebbero ritirare nel centro di Gaza, per consentire a una parte degli sfollati di tornare a casa. Sugli ostaggi catturati da Hamas il 7 ottobre, nel giorno del massacro di 1,200 vittime, la proposta è il rilascio di donne, bambini, anziani e prigionieri malati in cambio di 700-1.000 detenuti palestinesi. Il capitolo comprende la liberazione di riserviste donne israeliane, con lo scambio in proporzione di una per 50 detenuti. La seconda fase consisterebbe in un cessate il fuoco permanente, da annunciare prima che Hamas rilasci altri soldati israeliani. Per concludere, gli islamisti chiedono la fine dell’assedio su Gaza e l’inizio della ricostruzione. Come detto, il governo dello Stato ebraico ha rispedito al mittente, ma sulle trattative per la tregua qualche spiraglio resta, tanto che Tel Aviv ha comunque confermato che invierà una propria delegazione a Doha, in Qatar, per continuare i colloqui. Netanyahu si è occupato con il gabinetto di guerra di cosa accadrà a Rafah, a sud della Striscia: “l’Idf è pronto per l’operazione e per evacuare la popolazione civile”. Gli alleati, primi tra tutti gli Stati Uniti, criticano la volontà di Netanyahu di entrare a Rafah per combattere i battaglioni di Hamas, dato che lì si trova anche un milione e mezzo di civili. A Gerusalemme è iniziato il Ramadan e circa 80.000 fedeli si sono recati nella moschea di Al-Aqsa per le prime preghiere del venerdì. Ad altre migliaia di palestinesi è stato negato l’ingresso: alla preghiera possono partecipare solo gli uomini di età superiore ai 55 anni e le donne di età superiore ai 50. Una restrizione imposta per il timore che la Spianata delle Moschee divenga l’ennesimo terreno di scontro. Sul Fatto di domani leggerete altri particolari sulle tensioni in Medio Oriente.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

In Basilicata traballa Lacerenza. Il campo largo si è allargato ad Azione, ma il candidato unitario scelto da Pd e M5S per le prossime elezioni di fine aprile traballa già.

Fastweb e Vodafone si fondono. Il progetto è diventato ufficiale oggi. I sindacati chiedono garanzie per i lavoratori di entrambi i colossi della telecomunicazione. Il titolo di Vodafone vola in borsa.

Di Cesare denuncia blitz di Forza Italia Giovani in aula alla Sapienza. Presentazione di Molinari bloccata a Napoli. La professoressa ha denunciato una “intimidazione squadrista di militanti di Forza Italia Giovani, esterni all’università, durante il mio corso di Filosofia su Walter Benamin alla Sapienza. È la seconda volta che le lezioni vengono interrotte”. Donatella Di Cesare è stata al centro di una bufera mediatica per un post dopo la morte della br Barbara Balzerani. La preside della facoltà di Filosofia della Sapienza ha detto che la lezione si è svolta regolarmente. All’Università di Napoli i collettivi universitari hanno fatto saltare la presentazione del libro del direttore di Repubblica Maurizio Molinari, a cui Mattarella ha espresso solidarietà.


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Lotterie, giochi a premi e sciamani: la Russia al voto per riconfermare Putin (per sempre)

di Michela A. G. Iaccarino

Putin di nuovo, Putin per sempre. Da oggi fino a domenica urne aperte in Russia per 114 milioni di cittadini della Federazione. Il presidente russo sfida, come nelle elezioni precedenti, le percentuali d’affluenza per collezionare plebisciti che nessun avversario può strappargli: non ci sono candidati d’opposizione temibili. I figuranti senza speranza sono tre: il comunista Nikolay Kharitonov, Vladislav Davankov, partito Nuove persone, e il liberaldemocratico Leonid Slutsky. L’ultimo appello di Putin è stato questo: “Spetta solo a voi, cittadini russi, determinare il futuro della patria”.

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