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MELONI CON L’ELMETTO INVENTA I “PACIFISTI DA DIVANO”. Si è conclusa oggi la visita della premier in Libano. Giorgia Meloni ha incontrato ieri sera il premier uscente libanese Najib Miqati e stamattina i soldati italiani (un migliaio) di stanza per le missioni Unifil e Mibil, alla base Onu di Shamaa, a pochi chilometri dal fronte di guerra tra Hezbollah e Israele. Parlando dal comando militare, Meloni ha colto l’occasione per intervenire nel dibattito nostrano sulla guerra. Coniando una nuova categoria per gli oppositori dell’escalation bellicista che sta interessando l’Italia e l’Europa: i “divanisti” della pace. “La pace non si costruisce con i buoni sentimenti e con le belle parole; la pace è soprattutto deterrenza, impegno e sacrificio”, ha scandito la premier. E poi rivolgendosi ai soldati: “Voi non ci siete durante le feste con la famiglia: rinunciate a tutto per garantire quella pace di cui tanti, soprattutto in questo momento, si riempiono la bocca seduti comodamente dal divano di casa loro”. Se con la pace ci si riempie la bocca, secondo Meloni, con la guerra si riempiono le tasche. Gli industriali della Difesa, soprattutto. Lo ha ammesso ieri, nello stupore dell’opposizione, lo stesso ministro Guido Crosetto davanti al Parlamento. Nel caso dell’Ucraina, oltre agli invii di aiuti militari previsti nei vari pacchetti, il governo ha approvato anche vendite dirette di armamenti da parte di aziende italiane (Leonardo prima di tutti) per 417 milioni di euro. Tenendo il Parlamento all’oscuro, però. Sul Fatto di oggi Alessia Grossi ha rivelato la lista di queste vendite a Kiev. Tutto regolare, ha garantito Crosetto. Non proprio, secondo l’opposizione del M5S e anche secondo il costituzionalista Gaetano Azzariti intervistato sul giornale di oggi. Sul Fatto di domani proseguiremo la nostra inchiesta sul mercato bellico, che in Italia sta generando enormi profitti.
GUERRA RUSSIA-UCRAINA, LE DUE FACCE DEL CREMLINO: NEGA DI VOLER ALLARGARE IL CONFLITTO MA MINACCIA I “NAPOLEONCINI” EUROPEI. “Una totale assurdità”. Così il presidente russo Putin definisce la possibilità che la Russia invada l’Europa, una idea che scaturisce, ha aggiunto, “da una economia in caduta e dal deterioramento degli standard di vita”. Ma nello stesso tempo, il capo del Cremlino definisce “obiettivi legittimi” i jet F-16 che dovrebbero essere donati a Kiev dagli alleati, anche se partiranno da basi di “Paesi terzi”. Attualmente, l’addestramento dei piloti ucraini per gli F-16 si sta svolgendo in Danimarca. La narrativa del Cremlino prevede anche avvertimenti ai leader europei, soprattutto dopo che il presidente francese Macron ha evocato la possibilità di inviare personale militare in Ucraina. I “Napoleoncini” che oggi minacciano di “inviare truppe in Oriente” non dovrebbero “dimenticare le lezioni della Storia” dice la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, mentre si avvicina il 210° anniversario della resa della capitale francese, il 31 marzo 1814. Queste sfide verbali, secondo gli analisti americani dell’Istituto per gli studi sulla guerra, non sono casuali: dopo l’attacco terrorista al Crocus City Hall con 140 morti – anche oggi sono stati ribaditi legami tra il commando islamico e “nazionalisti ucraini” con “versamenti di denaro e criptovalute” e l’arresto di un sospetto – Mosca aumenterà la retorica sulle probabili minacce occidentali per ottenere un maggiore sostegno interno alla guerra in Ucraina. Sul Fatto di domani leggerete altri particolari: Kiev resta in attesa degli aiuti dall’Occidente, soprattutto i Patriot per la difesa aerea, mentre dalla Germania il cancelliere Scholz ha ribadito il suo rifiuto sia di fornire missili da crociera Taurus a lungo raggio che di inviare truppe tedesche in Ucraina.
SALVINI ATTACCA L’ANTICORRUZIONE COL PRETESTO DELLA DIGA DI GENOVA: “PEZZI DI STATO REMANO CONTRO”. Non è la prima volta che Salvini passa sopra le raccomandazioni dell’Autorità nazionale anticorruzione. Era già successo con il decreto cosiddetto “sblocca cantieri”, criticato dagli esperti perché allentava le maglie dei controlli antimafia sulle grandi opere. Ora il leader leghista, da ministro dei Trasporti, ha l’occasione di togliersi il sassolino dalla scarpa e attacca l’Anac sul progetto della Diga di Genova. Non ci mette la faccia, ma fa fare una nota al suo Dicastero: “La diga di Genova è un progetto di cui si parla da anni e che ha una condivisione bipartisan. Il ministro Matteo Salvini, seguendo i principii di concretezza e buonsenso, ha fatto di tutto per velocizzare l’iter di un intervento fondamentale per tutto il Paese e non solo per la Liguria e il suo capoluogo. Anche per questo sorprende lo stop dell’Anac: è come se pezzi di Stato remassero contro l’interesse nazionale”. L’accusa riecheggia quella già sentita dalle parti di Fratelli d’Italia sui presunti complotti di un fantomatico deep state contro l’esecutivo. L’oggetto del contendere, però, è il contestatissimo progetto genovese che vale 1,3 miliardi ed è il più corposo finanziato dal Pnrr. Nei giorni scorsi l’Anac ha chiuso l’istruttoria avviata a luglio confermando la bocciatura della scelta del governo di assegnare la costruzione della diga alla Webuild senza bando pubblico, ma anche il “mancato aggiornamento dei prezzi” e “l’alterazione delle condizioni” tra la prima procedura, andata deserta per i costi troppo alti, e quella successiva. La commessa è stata vinta da Webuild dopo una modifica molto favorevole richiesta dall’azienda, che garantiva che gli extra-costi dovuti a difficoltà geotecniche sarebbero stati pagati dall’Autorità portuale (cioè dallo Stato) e non dal costruttore. L’aggiudicazione, peraltro, era stata già annullata dal Tar della Liguria per mancanza dei requisiti. Insomma, a remare contro l’esecutivo, come scrive Salvini, sembrano essere nient’altro che le regole e i dovuti controlli. Ma per il capitano leghista, che su questa opera si gioca anche un pezzo di popolarità elettorale, è solo “burocrazia”. Sul Fatto di domani approfondiremo la questione.
SUPERBONUS, IL FRONTE DEI TERREMOTATI CONTRO LA MANNAIA DI GIORGETTI. Il taglio lineare del governo sul superbonus (sconto in fattura e cessione del credito eliminati senza più eccezioni) scontenta tutti. Non solo le rappresentanze di settore o i cittadini, ma anche gli amministratori locali di destra che se la prendono con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. In prima fila ci sono i sindaci delle aree terremotate. Il primo cittadino di Amatrice, Giorgio Cortellesi, minaccia azioni di protesta, quello di Norcia è preoccupato, quello dell’Aquila già ieri aveva chiesto di mantenere le agevolazioni, sostenuto anche dal presidente dell’Abruzzo appena rieletto Marco Marsilio, di FdI. Tra gli scontenti c’è anche un altro fedelissimo di Meloni come il governatore del Lazio Francesco Rocca. L’associazione dei comuni abruzzesi vede “effetti pesantissimi sulla ricostruzione” e parla di perdita di fiducia. La presidente leghista dell’Umbria, Donatella Tesei, e il commissario alla ricostruzione nominato dal governo assicurano che sono all’opera per salvare i terremotati dalla scure sui bonus. Per placare gli animi della base, Forza Italia e Lega si mostrano determinate a inserire emendamenti in Aula. Intanto però parlano i numeri. In base alle stime Fillea Cgil, “in un solo colpo si fermerebbero circa 1500 cantieri”, molti di edilizia popolare, le più bisognose di essere messe in sicurezza e di essere rese energicamente più efficienti. Inoltre, nell’area del sisma del 2016 si fermerebbero circa 3000 cantieri privati. Si tratta di stime, perché il governo non ha ancora diffuso il testo definitivo del provvedimento. Sul Fatto di domani approfondiremo tutti problemi creati dal governo con il taglio al decreto superbonus.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Ilaria Salis di nuovo in catene, negati i domiciliari. Ilaria Salis portata in ceppi e al guinzaglio per la seconda udienza del processo che la vede accusata di aver aggredito tre militanti di estrema destra. I giudici hanno nuovamente respinto la richiesta di arresti domiciliari. La 39enne milanese si trova da 13 mesi in carcere.
Il cdr di Rainwes contro il direttore: “Sparita la dichiarazione di Gratteri”. Il magistrato si era espresso ieri contro i test psicoattitudinali alle toghe, ma i telespettatori di RaiNews24 non l’hanno saputo: le sue parole non sono state trasmesse. Per questo il comitato di redazione della testata ha protestato contro Paolo Petrecca: “Ancora una volta il direttore decide di nascondere una notizia. Questo comportamento non è più accettabile”.
Antitrust, multa da 3,2 milioni di euro a Mondo Convenienza. 3,2 milioni di euro: questa la multa comminata a Iris Mobili S.r.l., titolare del marchio Mondo Convenienza, per condotte illecite nelle fasi di consegna e di montaggio dei mobili e anche nei servizi post-vendita. Secondo l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, la società consegna prodotti non conformi, difettosi, danneggiati, non corrispondenti all’ordine di acquisto, con pezzi mancanti o di misure errate.
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