Sono oltre 1,2 milioni le famiglie che hanno chiesto l’Assegno di inclusione (Adi), misura anti-povertà che a gennaio ha sostituito il Reddito di cittadinanza, ma le domande accettate sono molto meno della metà. Al momento sono appena 589 mila i nuclei che stanno ricevendo l’aiuto, che ammonta in media a 607,80 euro a famiglia. Il costo finora per le casse pubbliche è stato di 984 milioni; se fosse proiettato su tutto l’anno si tradurrebbe in un risparmio di almeno 3 miliardi rispetto al Rdc.
Si è resa necessaria un’interrogazione di M5S al ministero del Lavoro per portare il governo a diffondere alcuni dati sull’Adi, finora tenuti nascosti; i numeri letti ieri in commissione Lavoro dal sottosegretario Claudio Durigon (Lega) hanno confermato che la platea raggiunta dal nuovo strumento è molto ristretta, malgrado gli ultimi dati Istat segnalino un’ulteriore crescita delle famiglie in povertà assoluta. Ancora lontano il target di 737 mila famiglie di cui ha sempre parlato la ministra del Lavoro Marina Calderone. Fino a dicembre, la ministra si diceva convinta che quell’obiettivo sarebbe stato centrato già a gennaio e nessuna famiglia fragile sarebbe stata lasciata senza sostegni, neppure per pochi mesi. I dati hanno smentito quell’impegno: a fine gennaio solo 288 mila famiglie hanno preso l’Adi e, dopo due mesi, sono ancora sotto i 590 mila. Ciò che sorprende, come visto, è l’alto numero di domande rigettate: oltre 385 mila, circostanza che Durigon ha motivato ricordando che il controllo dei requisiti ora avviene preventivamente. In realtà, la spiegazione è anche nell’aggravamento dei requisiti di reddito. Il meccanismo è complesso, detto in poche parole: con il Rdc, una famiglia con due adulti e un minore poteva ottenere l’aiuto a patto di non superare gli 800 euro di reddito mensile. Ora per la stessa famiglia la soglia è scesa a 575 euro. Ecco perché l’Adi ha tagliato fuori buona parte delle famiglie, anche quelle con anziani, minori e disabili. Molti di questi nuclei pensavano di rientrare, ma hanno avuto una brutta sorpresa sapendo dei nuovi paletti di reddito.
Decisamente flop anche il Supporto lavoro e formazione, bonus da 350 euro destinato agli “occupabili” in povertà assoluta: Calderone parlava di una platea di 250 mila persone, ma finora lo hanno ricevuto in poco più di 60 mila, con 63.850 domande respinte. Anche qui, una serie di fattori riducono la platea: il requisito di Isee sceso a 6 mila euro, oltre al fatto che il sussidio si può prendere solo seguendo i corsi, che non sempre sono disponibili nell’immediato. L’importo medio percepito dai fruitori è pari a 996 euro. È evidente che in media la durata dei corsi finora frequentati è inferiore a tre mesi, malgrado la misura sia in vigore da sette mesi. Come previsto, insomma, pur avendo i requisiti si resta scoperti nella maggior parte dei mesi.
Da qualche settimana, il governo ha deciso di non diffondere più i bollettini sull’Adi, come scritto dal Fatto il 24 marzo; rispondendo all’interrogazione di Davide Aiello (M5S), Durigon ha fornito i numeri senza chiarire se nei prossimi mesi sarà ripristinato il bollettino. L’intenzione è continuare a giocare a carte coperte, senza trasparenza sui dati sulla misura.
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