A BARI CRESCE L’INCHIESTA SUI VOTI COMPRATI. SCONTRO PD-M5S, CONTE: “NON SIAMO STATI SLEALI, RITIRINO LE ACCUSE”. PRIMARIE ANNULLATE. Da mercoledì cominceranno le audizioni della commissione parlamentare Antimafia sul caso Bari, dopo l’inchiesta che ha portato ad oltre 100 arresti e le polemiche per l’invio di una Commissione di accesso da parte del Viminale. Saranno ascoltati anche il sindaco Antonio Decaro e il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, ma le prime audizioni saranno quelle degli inquirenti che hanno disposto l’amministrazione giudiziaria dell’Amtab, l’azienda municipalizzata coinvolta per presunte infiltrazioni. Nel frattempo la situazione nel capoluogo pugliese è precipitata, per via della nuova inchiesta per voto di scambio che riguarda l’assessora ai Trasporti dell’amministrazione comunale di Decaro, Anita Maurodinoia. Il caso è esploso in faccia al Pd e ha spaccato l’alleanza con il M5S. Il partito di Giuseppe Conte ieri ha annunciato che il Movimento sarebbe ritirato dalle primarie e che sosterrà il suo candidato Michele Laforgia. Il Pd di conseguenza ha ritirato la consultazione, prevista domenica: non si voterà. Conte ha respinto l’accusa di aver agito senza consultarsi con Schlein: “Se non ritirano le accuse di slealtà diventerà sempre più difficile lavorare con il Pd. Il Pd non può pretendere che noi possiamo sottoscrivere tutto quello che viene dal passato”. Il leader 5S ha spiegato di aver telefonato mercoledì alla sua omologa del Pd per dirle che “se la situazione si fosse compromessa e se ci fossero state nuove inchieste non saremmo stati disponibili a far finta di nulla proseguendo con le primarie”. La segretaria dem, in questa ricostruzione, avrebbe deciso di non fare nulla per salvare l’accordo. Dal Pd, l’ex ministro Andrea Orlando ha accusato il leader 5S di fare il furbo. Sul Fatto di domani leggere i nostri aggiornamenti sul caso. Qui le carte dell’inchiesta: “Così compravano voti”. Secondo i pm l’ex assessora Maurodinoia avrebbe “pagato voti anche per le comunali di Bari del 2019”.
IL PONTE SULLO STRETTO NON C’È ANCORA, MA GLI ESPROPRI DIVENTANO REALTÀ NEGLI INCUBI DEI CITTADINI. Le procedure per gli espropri dei terreni che serviranno per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina sono cominciate. La società Stretto di Messina ha pubblicato giorni fa l’avviso sui soggetti interessati. L’iter sarà lungo e niente è ancora definitivo, ma tanto bastava a Matteo Salvini per mostrare agli elettori di fare sul serio, e tanto basta ad aumentare le preoccupazioni dei residenti locali, timorosi di perdere la loro casa. L’Unione degli ordini forensi siciliani prevede un aumento dei contenziosi nel distretto di Messina e per questo suggerisce “che si inizi a lavorare per richiedere l’ampliamento della pianta organica nei tribunali del distretto, così come, ci risulta, è stato fatto nel Tar di Catania”. Le opposizioni sono partite all’attacco contro Salvini, accusato di fare campagna elettorale sulle spalle dei cittadini, anche per i costi ingenti della grande opera. L’Unione Europea ha fatto sapere che a luglio deciderà se co-finanziare gli studi necessari a realizzare il viadotto. Si parla del 50% delle spese di preparazione e aggiornamento dei progetti. I parlamentari messinesi del M5S addirittura hanno annunciano che creeranno uno sportello informativo/legale per assistere i cittadini oggetto di espropri. Sul Fatto di domani leggerete un nostro approfondimento su questo progetto.
“CAPORALATO E NERO IN UN OPIFICIO CHE LAVORAVA PER ARMANI”: L’INCHIESTA DELLA PROCURA DI MILANO. Caporalato e sfruttamento del lavoro nero negli opifici che riforniscono la Giorgio Armani operations spa, società che si occupa di progettazione e produzione di abbigliamento e accessori del gruppo del colosso della moda. Nell’inchiesta aperta dalla procura di Milano emerge una rete di opifici abusivi, in provincia di Milano, dove operai lavoravano in nero per 2-3 euro l’ora. Avrebbero prodotto, da marzo 2023, un migliaio di borse a un costo di 75 euro, che sarebbeo state rivendute a prezzi almeno 5 volte superiori. La Giorgio Armani operations spa è in amministrazione giudiziaria, ma non è indagata per la legge sulla responsabilità amministrativa, come non risulta indagato lo stilista 89enne che dà il nome alla casa, considerato tra gli uomini più ricchi d’Italia. Indagati per caporalato sono invece i titolari degli opifici. Negli atti c’è anche la testimonianza di un dipendente della Giorgio Armani operations, ma la società smentisce di aver omesso i controlli e che collaborerà con gli inquirenti. Sul Fatto di domani approfondiremo.
GAZA, ISRAELE CACCIA DUE UFFICIALI PER IL RAID CHE HA UCCISO I COOPERANTI. MINACCIA IRANIANA, CHIUSA L’AMBASCIATA DI ISRAELE A ROMA. Circa 30 ambasciate di Tel Aviv nel mondo sono state chiuse per l’allarme di possibili ritorsioni dell’Iran in seguito al raid contro il consolato di Teheran a Damasco. Tra queste, anche la sede dell’ambasciata israeliana a Roma. Intanto Israele si è scusata per la morte dei 7 operatori umanitari di World Central Kitchen (Wck) a Gaza e ha licenziato due ufficiali considerati responsabili dell’errore. “I risultati dell’inchiesta dell’esercito hanno mostrato che quell’incidente non sarebbe dovuto accadere”, ha detto il portavoce dell’Idf. Per l’ong dei cooperanti uccisi, però, serve un’inchiesta indipendente. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha fatto sapere che Washington sta rivedendo con attenzione l’inchiesta israeliana e sorveglierà “affinché nulla di simile accada mai più”, mentre si attende di vedere se Joe Biden passerà dalle parole ai fatti dopo aver minacciato Benjamin Netanyahu di togliere il supporto anche militare a Israele se non invertirà la rotta nella fornitura di aiuti umanitari e la protezione dei civili a Gaza. Il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che chiede Israele sia ritenuto responsabile di eventuali crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella Striscia, e chiede ai Paesi di smettere di vendere armi a Tel Aviv. “Una risoluzione anti-israeliana che non menziona Hamas né i suoi crimini del 7 ottobre”, secondo il ministero degli Esteri dello Stato ebraico. Sul Fatto di domani racconteremo com’è andata l’ultimo venerdì di Ramadan alla moschea di Al-Aqsa di Gerusalemme, dove sono attesi decine di migliaia di fedeli. E vedremo anche come sul mercato della Difesa stanno aumentando gli ordini di armi israeliane testate nell’ultimo conflitto.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Pozzolo, la procura di Biella: “La sua ricostruzione non riscontrata dalla consulenza balistica”. La ricostruzione fornita da Emanuele Pozzolo non corrisponde a come andarono le cose la notte di Capodanno. Lo scrive la procura di Biella nell’avviso di chiusura indagini. Nell’arma, si aggiunge, era caricato munizioni da guerra, che non potrebbero essere portate in pubblico.
Ucraina, l’inchiesta della Bbc: “morti 100 mila soldati russi”. La Bbc insieme al media indipendente russo Mediazona ha confermato l’identità di oltre 50 mila soldati russi uccisi in Ucraina: il report ha analizzato fonti aperte e cita solo le persone confermate come uccise, quindi sottostimando il totale reale. L’emittente pubblica britannica ritiene che la cifra reale però probabilmente supererà i 100 mila, includendo anche i soldati provenienti dai territori ucraini occupati.
La “nostra” dozzina dello Strega. Sul giornale di domani la lettura dei dodici romanzi semi-finalisti del premio letterario più prestigioso d’Italia. La cinquina sarà presentata il 5 giugno.
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Inghilterra, Cameron valuta il quadro legale del sostegno a Israele: 600 giuristi contro l’invio di armi
di Sabrina Provenzani
Sul quotidiano di oggi trovate un mio articolo sul dissenso crescente dell’establishment giudiziario britannico rispetto alla gestione governativa del rapporto con Israele: oltre 600 giuristi, alcuni decisamente ai vertici della professione, hanno firmato questa lettera, indirizzata al primo ministro Rishi Sunak, in cui argomentano che l’invio di armi a Tel Aviv violi il diritto umanitario internazionale.
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