GUAI PD, LE INCHIESTE DI TORINO E BARI. LAFORGIA: “IL RINVIO DEL VOTO PUGLIESE È UN’IPOTESI”. Mentre si avvicinano le elezioni a Bruxelles, in Piemonte, Basilicata e Bari, il Pd di Elly Schlein è travolto dalle inchieste che svelano il clientelismo radicato. A Torino, ieri si è dimesso il capogruppo dem del consiglio regionale, Raffaele Gallo: non è indagato, ma lo è suo padre Salvatore Gallo, detto Sasà. Per lui, gli inquirenti hanno chiesto gli arresti domiciliari. All’eta di 83 anni, dopo una vita all’ombra di Craxi e Fassino, Gallo senior sarebbe ancora molto attivo nel concedere favori e reclamare voti, talvolta usando le minacce: è indagato per estorsione, peculato e violazione delle regole elettorali. Alle comunali del 2021 che incoronarono a Torino il dem Lorusso, tre consiglieri sarebbero stati eletti grazie alle manovre e ai voti controllati da Gallo Senior. “Quel cazzo di Gallo – dice uno degli indagati al telefono – li ha nominati tutti!”. Il “serbatoio elettorale” di Sasà sarebbe la società pubblica Sitaf, già amministrata dall’ex craxiano: l’azienda gestisce il traforo del Frejus e l’autostrada A32 Torino-Bardonecchia. L’inchiesta della direziona antimafia di Torino punta a far luce sulle infiltrazioni della ’ndrangheta nei cantieri autostradali e nelle opere collegate all’Alta velocità. Tra gli arrestati, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, c’è l’ex manager di Sitalfa (una controllata della Sitaf) Roberto Fantini: per le toghe, sarebbe il “trait d’union fra il contesto imprenditoriale” e le ’ndrine. Non solo: Fantini sarebbe in stretti rapporti con Salvatore Gallo. Coi voti del Pd, era stato nominato dalla giunta Cirio membro di Orecol, organismo regionale per vigilare su legalità e appalti. Altri guai, per i dem, arrivano dalla Puglia. A Bari, dove sono già saltate le primarie, la procura ha aperto due inchieste: una illumina le infiltrazioni del clan Parisi nell’azienda municipale dei trasporti, con l’arresto della consigliera comunale Carmen Lorusso e del marito; la seconda svela il suk elettorale, dove i voti si comprerebbero a 50 euro, travolgendo l’assessora regionale dem ai trasporti della giunta Emiliano, Anita Maurodinoia (subito dimessa). In teoria si vota l’8 e 9 giugno, ma con l’invio dei commissari per valutare infiltrazioni mafiose e lo scioglimento del consiglio, tutto può accadere. “C’è una ipotesi di slittamento delle votazioni, prima dell’eventuale commissariamento, il rischio è nell’aria”, ha dichiarato il candidato M5s e di Sinistra italiana Michele Laforgia. Il dubbio è che la situazione più grave non sia a Bari bensì a Torino, dove nessuno invoca il commissariamento. Sul Fatto di domani, i guai dem dal Piemonte alla Puglia.
LA SFIDA DI SCHLEIN AI CAPIBASTONE: IN ARRIVO IL NUOVO CODICE ETICO, MA LA VECCHIA GUARDIA GIÀ STORCE IL NASO. Le conseguenze delle inchieste giudiziarie sono il caos nelle candidature piemontesi e il possibile rinvio del voto barese. Ma soprattutto la guerra di potere tra la segretaria Elly Schlein e i capibastone del partito, talvolta compromessi con il clientelismo e il mercimonio elettorale. Sul Fatto quotidiano abbiamo già tracciato la mappa dei cacicchi e ras locali, i cosiddetti “signori delle tessere”, capaci di condizionare l’esito di una tornata elettorale (o le decisioni dei leader nazionali) con i loro pacchetti di voti ancorati al territorio. Oggi i dem dovrebbero approvare il nuovo codice etico: la risposta di Elly Schlein al terremoto giudiziario di Bari e Torino. Come a dire: la legalità è una bandiera del Pd, il Nazareno è pronto a voltare pagina. E’ l’invito alla segretaria rivolto oggi da Giuseppe Conte sulle pagine del nostro giornale: “Cambi il partito, prima che il partito cambi la segretaria”. I big dem sono già stati allertati dalla leader: lei deciderà sulle candidature, senza compromessi con le correnti. La prima grana sarà trovare un nuovo capolista in Piemonte, dopo il passo indietro di Gallo junior (vicino alla corrente riformista di Stefano Bonaccini). Tre i nomi in gioco: Nadia Conticelli, Laura Pompeo e Monica Canalis. Ma il fronte di Elly con le vecchie correnti è aperto: non tutti, ad esempio, apprezzano l’annuncio di un nuovo codice etico. Come l’ex renziana Pina Picierno: “Il codice etico del Pd esiste dal 2008, la questione è organizzativa e politica”. Neppure Fiorello ha perso l’occasione di ironizzare: “Nuovo codice etico? Perdere! E perderemo”. Sul Fatto di domani, capiremo meglio chi sono i rivali di Schlein sulla via del cambiamento.
GUERRA RUSSIA-UCRAINA: ACCUSE RECIPROCHE SUGLI ATTACCHI ALLA CENTRALE NUCLEARE. BLOOMBERG: “CONFERENZA DI PACE IN SVIZZERA A GIUGNO”. La centrale nucleare di Zaporizhzhia, controllata dai russi, ha annunciato che un drone kamikaze è stato abbattuto sul tetto del reattore numero 6, che è spento. Le nuove tensioni attorno alla centrale sono motivo di accuse reciproche. Mosca punta il dito sugli ucraini, mentre il portavoce dell’intelligence militare di Kiev, Andrii Yusov, ha rifiutato le accuse, affermando che sono le forze russe a colpire regolarmente nella zona. I raid sono confermati dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) che però non li attribuisce a nessuna delle due parti. Da quando è iniziato il conflitto, nel febbraio di due anni fa, l’Aiea ha ripetutamente lanciato l’allarme sui rischi di una catastrofe nucleare legati a possibili danni alla centrale. Al fronte, i russi avanzano nell’Est e il comandante delle forze di terra ucraine, Alexander Pavlyuk ha lanciato sui social un appello, invitando i connazionali ad arruolarsi “perchè è in gioco il destino del paese”. La Russia, aggiunge Pavlyuk “non lascerà in pace nessuno: né chi si è nascosto, né chi ha tradito l’Ucraina”. Di pace non si parla più anche se l’agenzia Bloomberg pubblica una indiscrezione: la Svizzera a metà giugno è pronta ad ospitare “una conferenza di pace ad alto livello” alla quale saranno invitate a partecipare da 80 a 100 nazioni. Sul giornale di domani leggerete ulteriori particolari sul conflitto che è fonte di tensione anche per altri Paesi. La Bosnia, tramite il presidente Denis Becirovic, ha chiesto la presenza di più truppe Nato confermando la volontà di entrare nell’Alleanza atlantica come hanno fatto Svezia e Finlandia. Negli Usa, l’ex presidente Trump smentisce il Washington Post sul suo piano per far cedere da Kiev Donbass e Crimea alla Russia: “Sono notizie fasulle”.
GUERRA ISRAELE-HAMAS, LA PROPOSTA USA RILANCIATA DAL QATAR: 6 SETTIMANE DI TREGUA IN CAMBIO DI 40 OSTAGGI. In Egitto, al Cairo, le delegazioni continuano a discutere di una possibile tregua tra Israele e Hamas. L’accordo, secondo il media del Qatar Al-Araby Al-Jadeed, seguirebbe la traccia impostata dagli Stati Uniti, e prevederebbe sei settimane di tregua temporanea in cambio del rilascio da parte dei fondamentalisti islamici di 40 ostaggi. Ci sarebbe inoltre un parziale ritorno di sfollati nella parte nord di Gaza. La proposta ipotizza anche l’opzione di una tregua iniziale di tre giorni, senza alcun obbligo, per i giorni di Eid el-Fitr, che comincia domani sera. Per il ministro della Difesa, Gallant, “è il momento opportuno” per trovare un accordo sul rilascio degli ostaggi ancora trattenuti nella Striscia di Gaza”, ma questo richiederà “decisioni difficili”. Gallant però ha ribadito che una eventuale tregua non significherà la conclusione della guerra: “Dopo il ritorno in patria dei rapiti torneremo a combattere”. Per discutere del risultato dei colloqui il gabinetto di sicurezza israeliano si riunirà domani, con due giorni di anticipo. La dichiarazione arriva al 185° giorno di conflitto nella Striscia, in seguito al massacro firmato da Hamas il 7 ottobre con 1.200 morti e centinaia di ostaggi. I loro parenti contestanto il governo Netanyahu, accusandolo di pensare più alla sua sopravvivenza politica – e dunque ad una guerra senza fine – che non a salvare la vita di chi si trova ancora nei tunnel della Striscia. In queste ore di discute anche dell’annuncio dell’esercito di un ritiro delle proprie forze dal sud della Striscia. Un annuncio che ha subito spinto il ministro dell’estrema destra ben Gvir a minacciare di far cadere il governo, se non ci sarà l’annunciata operazione militare a Rafah. Attività su cui gli osservatori internazionali, primi gli Stati Uniti, hanno espresso molta contrarietà; a Rafah si trova più di un milione di gazawi, ed ingaggiare i battaglioni di Hamas significa mettere a rischio le vite dei civili. Sul Fatto di domani leggerete altre novità, e una intervista ai reporter dell’unità investigativa di Al Jazeera.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Repubblica, mozione di sfiducia per il direttore Molinari. I giornalisti del quotidiano romano voteranno entro 24 ore il testo del comitato di redazione per sfiduciare il direttore Maurizio Molinari. L’episodio scatenante: centomila copie dell’inserto Affari&finanza mandate al macero la notte scorsa, per un articolo sgradito – e sostituito – sui rapporti Roma-Parigi. Il pezzo sarebbe dovuto uscire stamattina a firma di Giovanni Pons. Invece è stato sostituito da un articolo del vicedirettore Walter Galbiati, con un diverso titolo e catenaccio (e modifiche nel testo). Il verdetto della votazione (segreto) non è vincolante per il vertice della testata: Molinari potrebbe restare in carica anche dopo aver incassato la sfiducia della redazione.
Par condicio, le mani di Meloni sulla Rai alla vigilia del voto europeo. Le opposizioni hanno criticato gli emendamenti della maggioranza alla delibera della Vigilanza Rai sull’applicazione della par condicio. Il testo dovrebbe essere approvato entro domani. Le modifiche chieste dalle destre, avvantaggerebbero le forze di governo nella campagna elettorale. Ad esempio: consentire a ministri e sottosegretari di intervenire in Rai su “materie inerenti all’esclusivo esercizio delle funzioni istituzionali”, senza sottostare alla par condicio. Secondo le opposizioni (Azione, Iv, Pd, M5s, Avs), gli emendamenti piegherebbero “il senso stesso della par condicio a uso e consumo di Giorgia Meloni e della sua maggioranza”.
Strage di Bologna, l’ex Nar Ciavardini condannato a 3 anni e 7 mesi per falsa testimonianza. Secondo la requisitoria del pm Rossella Poggiolo, la reticenza dell’estremista nero è stata “un vulnus sull’accertamento della verità”. In particolare, avrebbe taciuto i nomi dei medici che lo curarono dopo il ferimento del 28 maggio del 1980, durante lo scontro a fuoco al liceo Giulio Cesare di Roma, in cui rimase ucciso il poliziotto Francesco Evangelista. Per la stessa accusa di falsa testimonianza è stato condannato ad un anno di reclusione anche l’ex esponente di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale Vincenzo Vinciguerra.
Stellantis, domani l’ad Tavares incontra i sindacati (alla vigilia dello sciopero). Tra 24 ore l’amministratore delegato del gruppo ex Fiat incontrerà a Torino i sindacati nazionali del settore auto. 48 ore dopo, i metalmeccanici scenderanno in piazza uniti (per la prima volta in 15 anni) per chiedere il rilancio di Mirafiori e dell’intera filiera industriale. Tavares, sempre presente ai tavoli ministeriali in Francia (Parigi è azionista di Stellantis), la scorsa settimana ha disertato l’incontro su Melfi e Mirafiori, suscitando l’ira dei sindacati: “I tavoli senza l’ad sono inutili”.