Napoli come Milano, Firenze, Livorno e altri piccoli Comuni della Campania: garantirà il salario minimo di 9 euro l’ora per tutti gli appalti e le concessioni che lavorano per l’amministrazione comunale.
Una decisione decisamente fuori linea rispetto a quella decisa dal governo che non solo non ha voluto introdurre per legge il salario minimo, ma nell’ultimo anno e mezzo ha anche approvato una serie di provvedimenti che incentivano ulteriormente l’utilizzo di contratti precari da parte delle imprese.
Il Consiglio comunale di Napoli ha, invece, approvato a maggioranza – durante la lunga maratona notturna sul Bilancio previsionale 2024-2026 – un emendamento che introduce un salario minimo di 9 euro che coinvolgerà appaltatori del Comune, fornitori e strutture come bar, ristoranti e concessionari di suolo pubblico. Le imprese fornitrici e appaltatrici saranno quindi obbligate a non scendere sotto la quota stabilita dal Municipio nel pagamento degli stipendi ai propri dipendenti. Sono inclusi tutti i concessionari e tutti i casi in cui l’ente comunale deve autorizzare l’esercizio di attività anche commerciali. Basterà, insomma, chiedere una licenza commerciale o l’occupazione di suolo pubblico per dover corrispondere il salario minimo di 9 euro. “L’applicazione del salario minimo è a pena di decadenza o di risoluzione – si legge nel testo – e il controllo è demandato ai responsabili del procedimento e alla polizia municipale”.
Una misura che coinvolgerà decine di migliaia di lavoratori, considerando che il Comune di Napoli è uno dei principali appaltatori della città, con migliaia di bandi pubblicati ogni anno: dai lavori stradali alle mense scolastiche, ai cantieri della metropolitana.
A votare contro l’emendamento sono stati, tra gli altri, Fratelli d’Italia e Forza Italia secondo cui si tratta “di un provvedimento demagogico e inutile. Oltre a non determinare alcun effetto positivo per i lavoratori, può addirittura essere controproducente, autorizzando chi applica tariffe superiori ad adattarle, riducendole a quelle fissate. Inoltre, le ripercussioni negative possono essere devastanti se si scoprisse che molte delle società che lavorano per il Comune, comprese le società partecipate, non hanno adottato criteri retributivi compatibili”. A opporsi all’introduzione del salario minimo è anche l’Aicast (Associazione industria commercio artigianato servizi e turismo” che bolla la norma approvata dal Consiglio comunale di Napoli “incostituzionale e vessatoria”. “Chiederemo un incontro urgente al sindaco Gaetano Manfredi e se non si tornerà indietro su questo tema – hanno annunciato i commercianti – saremo costretti a fare ricorso al Tar. Poi qualcuno dovrà pagare le spese di questa follia”.