MEDIO ORIENTE, L’ATTACCO ALL’IRAN PORTATO DALL’INTERNO CON PICCOLI DRONI. GAZA, GLI USA CONFERMANO: CONTRARI A RAID ISRAELIANI SU RAFAH. L’attacco di Israele contro l’Iran, per replicare al bombardamento, in larga parte respinto, di una settimana fa, alla fine è arrivato. L’obiettivo è stato individuato nella base di Isfahan, dove ci sono impianti nucleari e strutture militari; i danni sono relativi, e Teheran ha stabilito che non sarà necessario contrattaccare. Tuttavia, una particolarità c’è: funzionari iraniani hanno riferito al New York Times che l’attacco sarebbe stato effettuato da piccoli droni, probabilmente lanciati dall’interno del Paese. Secondo le fonti, i sistemi radar iraniani non hanno rilevato l’ingresso di velivoli non identificati. Un analista iraniano ha inoltre dichiarato sul canale della televisione di Stato che mini droni abbattuti dalle difese aeree a Isfahan sono stati pilotati da “infiltrati dall’interno dell’Iran”. Da un fronte all’altro: dopo 196 giorni di guerra nella Striscia – scaturiti dal massacro del 7 ottobre firmato da Hamas, con 1.200 morti e la cattura di centinaia di ostaggi – il premier israeliano Netanyahu è deciso ad avviare l’operazione militare a Rafah, nel sud della Striscia, per stanare i battaglioni di Hamas. Il segretario di Stato Usa, Blinken, conferma la posizione americana, decisamente contraria per la presenza nell’area di più di un milione di civili: “Crediamo che si possano ottenere risultati in altro modo”. Sul Fatto di domani leggerete anche particolari sulle nuove sanzioni americane ai coloni israeliani dell’organizzazione Lehava, accusati di violenze in Cisgiordania, e una intervista all’ex agente della Cia, Jeffrey Sterling, che racconterà i retroscena delle operazioni Usa per fermare il nucleare iraniano.
INTERCETTAZIONI, LA LUNGA MARCIA CONTRO MAGISTRATURA E INDAGINI. La Cassazione ieri, a sezioni unite, ha dato la spallata finale alla riforma Bonafede sull’uso delle intercettazioni, aprendo la strada all’interpretazione più al passo con i tempi, per così dire. Ossia avallando la stretta voluta dal centrodestra che, con la stampella di renziani e calendiani, ha approvato la riforma che vieta l’utilizzabilità delle intercettazioni per un reato diverso da quello per cui è stato dato il via libera alle registrazioni. Sul Fatto di domani ripercorreremo le dichiarazioni dei politici di destra su questo argomento, quelle della premier Giorgia Meloni in primis, che promettevano che non avrebbero mai toccato le intercettazioni, se non limitandone la pubblicazione sui giornali. Promessa contraddetta. Vedremo anche quali misure sono state messe in campo per legare le mani alle indagini, con le analisi e i pareri dei nostri esperti.
PUGLIA, IL MESSAGGIO TRA EMILIANO E PISICCHIO RIACCENDE LE POLEMICHE. LO SCOGLIO DEL RIMPASTO DELLA GIUNTA REGIONALE. Avrebbe ricevuto un messaggio da Michele Emiliano la mattina del suo arresto, l’ex assessore regionale Alfonso Pisicchio, ai domiciliari con il fratello Enzo il 10 aprile nell’ambito di una inchiesta della procura di Bari per corruzione e truffa. Secondo la ricostruzione, il presidente della Regione Puglia gli chiedeva di dimettersi in relazione all’inchiesta che lo riguardava: sarebbe stato lo stesso Pisicchio a riferirlo al gip durante l’interrogatorio di garanzia. Ora la procura starebbe approfondendo la questione, per capire se ci sia stata una fuga di notizie prima dell’arresto e si sia trattato di una coincidenza, in quanto Pisicchio effettivamente si dimise dall’incarico nella stessa giornata prima che gli venisse notificata l’ordinanza. Subito dopo i fatti Emiliano aveva precisato che la nomina dell’ex assessore regionale a commissario dell’agenzia regionale per l’innovazione tecnologica era “effettuata sulla base del fatto che il prof Pisicchio aveva dato assicurazioni che le indagini a suo carico erano state chiuse con archiviazione”. Il giorno dopo gli arresti anche il difensore di Pisicchio , Michele Laforgia (candidato sindaco di Bari del M5S) aveva rinunciato all’incarico difensivo “per evitare, anche a tutela dell’indagato, qualsiasi ulteriore speculazione sulla presunta – e inesistente – interferenza fra la mia attività professionale, il mio impegno politico e la mia candidatura a Sindaco”. Inevitabilmente, la destra ha continuato ad attaccare Emiliano anche per questo caso, aggiungendolo alla lista degli scandali giudiziari usciti nella regione nelle ultime settimane. Sul Fatto di domani leggerete un aprofondimento sulle opzioni in mano a Emiliano per il rimpasto della giunta. Un passo che sembra sempre più inevitabile, visto che la leader del Pd Elly Schlein lo ha chiesto chiaramente al governatore qualche giorno fa.
IL CENTRODESTRA PUNTA SU POTENZA: TUTTI I LEADER SUL PALCO PER LE ELEZIONI DI DOMENICA E LUNEDÌ. MELONI, ANCHE ARIANNA IN CAMPO. Nell’ultimo giorno di campagna prima del silenzio elettorale in Basilicata, centrodestra e centrosinistra condividono lo stesso approccio: “La partita è ancora aperta”. Si vota domenica 21 e lunedì 22 aprile in Basilicata, un nuovo test politico dopo la Sardegna e l’Abruzzo. Angelo Chiorazzo, il candiadato governatore del centrosinistra che ha fatto ben due passi indietro, cedendo il posto prima a Domenico Lacerenza e poi a Piero Marrese quando il primo si è ritirato è convinto: “Stiamo andando fortissimo”. Nel centrodestra, il candidato Vito Bardi (Forza Italia), appoggiato anche da Italia Viva e Azione, si dice tranquillo e sicuro che recupererà abbastanza voti da superare il 50%. “L’obiettivo è che il centrodestra vinca e vinca di tanto”, ha chiosato Matteo Salvini qualche ora prima di salire sul palco di Potenza dove si chiuderà la campagna della coalizione. Oltre a lui e Bardi c’erano la premier Giorgia Meloni (FdI), l’altro vicepremier Antonio Tajani (FI), Maurizio Lupi (Noi moderati), Lorenzo Cesa (Udc) e Gianfranco Rotondi (Dc con Rotondi). I leader al completo, insomma, tranne Azione e Iv. E mentre il leader del centrodestra si affollano a Potenza, per la chiusura della campagna elettorale lucana, a Viterbo c’è stato l’esordio sul palco di Arianna Meloni, la sorella della premier, responsabile della segreteria politica di FdI e solitamente restia alla prima linea. Sul Fatto di domani leggerete il nostro reportage dalla provincia laziale, dove metteremo a fuoco i motivi di questo inedito passaggio al centro della scena. C’etrano le europee? Lei oggi ha smentito: “Non mi candido”.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Caso Iuventa, per l’equipaggio della ong non ci sarà alcun processo:“il fatto non sussiste”. Dopo sette anni dall’inizio della vicenda giudiziaria, si è chiuso con la sentenza di non luogo a procedere il procedimento penale nei confronti dell’equipaggio delle ong Jugend Rettet, Save The Children e Medici Senza Frontiere. Per i dieci gli imputati che erano stati accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che secondo l’ipotesi iniziale dei pm di Trapani avrebbero stretto accordi con i trafficanti di uomini, sono cadute tutte le accuse perché il fatto non sussiste.
La Commissione Ue “bacchetta” il governo per la norma sugli antiabortisti nei consultori. La misura è inserita in un decreto relativo al Piano di ripresa e resilienza e per l’Ue non è coerente. “Il decreto Pnrr contiene misure che riguardano la struttura di governance, ma ci sono altri aspetti che non sono coperti e non hanno alcun legame con il Pnrr, come ad esempio la legge sull’aborto”. Lo ha detto una portavoce della Commissione europea.
Parigi, un uomo fa irruzione nel consolato iraniano: arrestato. “Voleva vendicare il fratello”. È stato fermato dopo un intervento della polizia a Parigi l’uomo entrato intorno alle 11 nel consolato iraniano in rue de Fresnel nella zone residenziale del sedicesimo arrondissement e sospettato di avere esplosivi, che in realtà non aveva. Secondo un testimone, l’uomo avrebbe detto di voler vendicare il fratello.
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Molti soldati, pochi neonati: la Federazione russa alle prese con le culle vuote
di Michela A. G. Iaccarino
L’economia russa è stata ricalibrata. Oggi supporta e non ferma la guerra di Mosca, che può andare avanti ancora per almeno altri due, tre anni. A dirlo, davanti alle cifre ufficiali, fonti occidentali. Nonostante la pioggia di sanzioni Ue e Usa, nel terzo anno del conflitto, casse e i depositi russi rimangono pieni. A essere vuote nella Federazione solo le culle. Christopher G. Cavoli, comandante alla cima della piramide del potere militare in Europa, non ha nascosto al Congresso questo mese che Mosca ha ora più soldati che all’inizio dell’invasione e il suo esercito “mostra una crescente capacità di adattamento alle sfide sul campo, sia tatticamente che tecnologicamente”. Secondo quanto riferito dalla Nato, Mosca produce tre volte più proiettili di quelli che Usa e Ue possono inviare a Kiev. Nessuna entrata aggiuntiva dalla vendita di petrolio è entrata nelle casse russe, che però hanno flusso stabile per la sostituzione dei compratori. A crescere per i russi è solo il debito pubblico interno (ammonta al 15% del Pil, arriverà, si prevede, al 17% nel 2026).
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