Imbarazzo. Il bonus a gennaio 2025, ma non si sa come sarà pagato: tanto le Europee sono a giugno. Confermati i sussidi alle aziende per le assunzioni
La mancetta elettorale a scoppio ritardato alla fine l’hanno approvata, ma che i testi portati in questo Consiglio dei ministri con vista sul 1° maggio fossero robetta imbarazzante devono averlo capito anche a Palazzo Chigi: niente Giorgia Meloni, davanti ai cronisti solo il ministro Raffaele Fitto e il viceministro Maurizio Leo. Tecnicamente, in materia di […]
La mancetta elettorale a scoppio ritardato alla fine l’hanno approvata, ma che i testi portati in questo Consiglio dei ministri con vista sul 1° maggio fossero robetta imbarazzante devono averlo capito anche a Palazzo Chigi: niente Giorgia Meloni, davanti ai cronisti solo il ministro Raffaele Fitto e il viceministro Maurizio Leo.
Tecnicamente, in materia di lavoro sono stati approvati due testi: un decreto legge detto “Coesione”, che serve a rendere più snella la procedura per spendere i fondi europei e in cui sono stati inseriti un paio di miliardi di sgravi alle imprese sulle assunzioni (mentre per quelli ancor più generosi già previsti a dicembre manca ancora il decreto attuativo); un decreto legislativo che attua un altro pezzo della riforma dell’Irpef e in cui è stata infilata la mancia da 100 euro che arriverà a gennaio 2025.
La vicenda del “bonus tredicesima”, ora slittato a gennaio e fattosi “Bonus Befana”, è davvero imbarazzante. Ricostruirla davanti alle telecamere è toccato a Maurizio Leo: arriverà a gennaio, ha spiegato, perché “c’era la necessità assoluta di trovare le coperture che non avevano per il 2024”. Il Tesoro, insomma, non ha trovato 100 milioni quest’anno per dare fino a 100 euro lordi a circa un milione di lavoratori che guadagnano al massimo 28 mila euro e hanno un coniuge e un figlio a carico. E allora la mancetta è slittata sul bilancio dell’anno prossimo, ma serve ancora un decreto attuativo perché ora il reddito di riferimento dovrà essere quello del 2024, ma a gennaio le dichiarazioni fiscali non sono ancora disponibili: e allora, ha spiegato il viceministro, i soldi arriveranno “previa dichiarazione” del lavoratore (“che già sa quanto è stato il suo reddito complessivo”) al “sostituto d’imposta” (che sarebbe l’azienda) che “già sa qual è il tetto di reddito”, che a sua volta dovrà dirlo al Fisco. Se vi sembra un meccanismo farraginoso è perché lo è. E dire che mancano nove mesi all’accredito, tempo ce n’era – persino nel collegato alla prossima manovra – per fare qualcosa di meglio. Fare le cose per bene, però, avrebbe impedito a Meloni di dire nella sua campagna per le Europee di giugno che “Giorgia” regala (fino a) 100 euro (lordi) ai lavoratori che hanno dato almeno un figlio alla patria. Ovviamente “è una misura una tantum, perché il nostro obiettivo è detassare stabilmente le tredicesime”, ha concluso Leo rendendo ancor più ridicola la vicenda.
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Imbarazzante anche la storia del cosiddetto “Superbonus assunzioni”, cioè gli sgravi al 120% (o 130 per alcune categorie di lavoratori) per ogni contratto finalizzato entro il 2024 che aumenta il lavoro stabile in azienda: approvato a ottobre, inserito in un dlgs di fine dicembre, il decreto attuativo doveva arrivare entro gennaio, ma ancora non c’è (manca la firma della ministra Marina Calderone). Meloni non è riuscita a venderselo nemmeno per il 1° maggio: “Si sta procedendo a un decreto interministeriale per fissare le regole con effetto dal 1° gennaio”, ha ammesso Leo.
In sala stampa Fitto, per la sua parte, ha fatto il compitino, ma senza entusiasmo: nel decreto Coesione, ha spiegato, “riguardo alle misure sul lavoro abbiamo previsto una serie di interventi molto importanti” usando i fondi europei 2021-2027. Anche se nella bozza di decreto entrata in Consiglio i numeri sono ancora ballerini, dovrebbero venirne fuori circa un paio di miliardi di sgravi biennali sulle assunzioni per chi assumerà donne, giovani, lavoratori di grandi aziende in crisi o chiunque nelle Regioni del Sud dal 1° luglio fino a fine 2025 (nel capitolo lavoro ci sono anche fondi non quantificati per aiutare l’autoimpiego, cioè per chi vuol mettersi in proprio). È appena il caso di ricordare che gli sgravi per le assunzioni sono sussidi alle imprese, che in gran parte finiscono per incentivare contratti che sarebbero stati siglati comunque. Buon 1° maggio.