È difficile rispondere in un solo articolo a tutte le mistificazioni che Maria Elena Boschi ha pronunciato sul Fatto Quotidiano. L’ex ministra, descrivendo un rapporto economico opaco e di favore tra la Rai e Seif – la società che manda in edicola questo giornale – allude maliziosamente ai misteriosi termini dell’accordo tra le parti. Eccoli qui: sono proprio i numeri a destituire di ogni senso la sua polemica.
Loft – la società di produzione di Seif – ha venduto alla Rai in tutto sette puntate della trasmissione La Confessione, ognuna delle quali composta da due interviste di 30 minuti l’una. Sono andate in onda il martedì su Rai3, in seconda serata.
La Confessione è una coproduzione Loft-Rai, l’accordo nasce dall’esigenza del servizio pubblico di risolvere il buco di palinsesto che si era creato con la chiusura anticipata di Avanti Popolo, il programma di Nunzia De Girolamo.
Il budget complessivo concordato da Loft per le sette puntate, compreso l’ingaggio del conduttore Peter Gomez, è stato di 350 mila euro, ma i costi effettivi sono stati più bassi: per il casting degli ospiti sono stati spesi 45 mila euro in meno rispetto alle previsioni. Il costo della produzione riconosciuto a Loft dalla Rai è stato quindi di 305 mila euro, per una spesa effettiva di 43,5 mila euro a puntata. Sono circa 725 euro al minuto.
Inoltre il servizio pubblico, secondo quanto risulta al Fatto, ha speso 63 mila euro di immagini di repertorio, molto meno di quanto era stato messo a budget.
Le cifre da sole significano poco, ma trovano un senso nel loro contesto. Quanto costa un programma in seconda serata sulla Rai? Una puntata viene pagata in genere tra i 60 e i 70 mila euro (dunque circa 20 mila euro più della Confessione).
Lo scorso novembre, durante un’audizione in commissione di Vigilanza, il direttore degli Approfondimenti Paolo Corsini aveva rivelato invece i costi di alcune trasmissioni di prima serata: il sopracitato Avanti Popolo è costato 260 mila euro a puntata; Far West, la trasmissione d’inchiesta di Salvo Sottile nata come sorta di “anti Report”, costa 240 mila euro a puntata (mentre il programma di Sigfrido Ranucci “solo” 155 mila); la prima edizione di Belve era costata oltre 300 mila euro. Persino le teche della Rai costano in media più del doppio del programma di Gomez: un minuto di immagini di repertorio viene valutato dai 1.800 euro in su (contro i 725 della Confessione).
È curioso il doppio standard di Boschi: in Vigilanza e nell’intervista a Repubblica si lamenta perché la Rai dovrebbe “rivolgersi alle numerose competenze interne” invece che affidarsi a produzioni esterne come Loft. Eppure Boschi non ha mai denunciato il dominio delle grandi case di produzione private nei palinsesti del servizio pubblico. Altro che Loft: giganti come la Stand by me di Simona Ercolani, moglie di Fabrizio Rondolino e regista delle prime Leopolde di Matteo Renzi. Entrambi – Ercolani e Rondolino – coinvolti nella “bestiolina” della comunicazione che avrebbe dovuto rilanciare l’ex premier nel 2018. Né abbiamo mai sentito Boschi denunciare lo strapotere di Lucio Presta, il manager che in Rai fa il bello e il cattivo tempo. Sarà che è lo stesso Presta che produsse l’indimenticabile documentario di Renzi su Firenze (l’ex premier fu pagato centinaia di migliaia di euro, il prodotto fu poi ceduto per una cifra irrisoria a Discovery).