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Giustizia, la riforma che corona il sogno del pregiudicato B.

30 Maggio 2024

In Senato c’è una rissa al giorno. Anche ieri la seduta – si discute del disegno di legge per l’elezione diretta del premier – è stata sospesa per intemperanze dei senatori, tra contumelie e precipitose discese dai banchi (sul genere “ti aspetto sotto”). Intanto, com’è noto all’intero orbe terracqueo, la presidente del Consiglio si è presentata a Caivano dicendo al presidente della Regione “sono quella stronza della Meloni”, facendo il verso a un poco gentile apprezzamento che il medesimo De Luca le aveva rivolto in una conversazione privata, registrata e divulgata. Anche la performance elettorale di Meloni è stata registrata e divulgata, ma dal suo ufficio stampa. Cosa che ha prodotto paginate sui giornali – storia dell’insulto in politica – allo scopo di informarci che tutto sommato nulla di nuovo sotto il sole. Siamo maleducati noi, sono maleducati loro.

Mentre si cazzeggia (parolaccia d’obbligo) sui giornali e in Parlamento, il Consiglio dei ministri ha varato ieri mattina la riforma della giustizia, otto articoli che riscrivono la Costituzione (il titolo IV): carriere separate per pm e giudici, separati anche i Csm, istituzione di un’Alta corte disciplinare incaricata di esprimersi sugli illeciti dei magistrati, “sottraendo questa attività al Csm in modo da superare la criticità registrata finora di un sistema condizionato dal correntismo, e che quindi tende a non sanzionare mai neppure le violazioni più grosse”, come spiega senza alcun pudore la premier. Il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente sono presieduti entrambi dal Presidente della Repubblica (finché non gli levano pure questo incarico); ne fanno parte di diritto, rispettivamente, il primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di cassazione. Per gli alti componenti ci pensa la lotteria: sono estratti a sorte, per un terzo da un elenco di professori universitari in materie giuridiche e avvocati e per due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti.

Il ministro competente, Carlo Nordio, non si tiene e in conferenza stampa annuncia la “riforma epocale”, facendo notare quanto sono stati carini a non toccare l’obbligatorietà dell’azione penale: “L’abbiamo mantenuta, mentre in alcuni ordinamenti anglosassoni è discrezionale, proprio perché abbiamo accolto le osservazioni fatte dall’Anm. Anche se sappiamo che questa obbligatorietà molto spesso si trasforma in discrezionalità o addirittura in arbitrio”. Infatti proveranno ad addomesticare le inchieste mettendo una gerarchia dei reati da perseguire: abigeato e scippi in testa a tutto. Sappiamo che l’abuso d’ufficio non esisterà più, il traffico di influenze pure e che le intercettazioni si potranno autorizzare sì, probabilmente solo nelle notti di luna piena, per al massimo un quarto d’ora e con il consenso dell’intercettato. Le indagini, quelle su chi amministra potere e denaro, semplicemente non si faranno più: e se si faranno ci penserà l’Alta corte disciplinare. Magistrati avvisati…

Galliani e Tajani (con mezza maggioranza) esultano commossi in memoria di Silvio. “Coronato il sogno di Berlusconi”, non per nulla uno che è stato condannato per frode fiscale e pure cacciato dal Parlamento. Cosa che spiega meglio di una lezione universitaria quale porcheria sia questa ennesima manomissione della Costituzione. Esulta anche detta Giorgia: “Una riforma giusta, necessaria, storica. E si aggiunge alle altre riforme che questo governo ha già varato, come la riforma del fisco e la riforma istituzionale. Continueremo così, perché in questa Nazione le cose che non funzionano bene vanno cambiate. E più cercheremo di cambiarle più le forze della conservazione si muoveranno contro di noi. Non abbiamo paura”. Purtroppo noi sì.

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