L’intervista

Centri per migranti in Albania, Edi Rama: “I ritardi e i costi alti sono colpa dell’Italia”

Il premier albanese - “L’inchiesta di Report è giornalismo di fango, l’Albania non è Gomorra”

3 Giugno 2024

Presidente Rama, tra due giorni Giorgia Meloni verrà in Albania per visitare i due centri per migranti di Shengjin e Gjader. Dovevano essere pronti entro il 20 maggio ma lo saranno a novembre. Perché questo ritardo?

La nostra parte non è coinvolta con i piani di lavoro. L’accordo è di cinque anni e tutto il resto è nelle mani della parte italiana.

Lei a Repubblica ha detto che i centri, una volta aperti, non potranno “funzionare”. Poi ha smentito. Ma come si potrà far ruotare 3.000 persone nel giro di un mese?

Io non l’ho detto così e ho dovuto anche smentire. Se si riesce o non si riesce nel giro di un mese a far ruotare 3.000 persone non lo saprei dire. Lo potrà dire solo la prova dei fatti.

Anche i costi dei centri sono aumentati: da 39 a 65 milioni. Com’è possibile?

Ho spiegato più di una volta che noi non ci occupiamo di nessun aspetto di questa operazione, tranne offrire gli spazi necessari per farla. Non abbiamo chiesto una lira e non sta a noi chiedere conto sull’operato delle istituzioni italiane.

Ieri sera Report ha mostrato come gli appalti dei due centri per migranti siano stati vinti da una società – Ri Group Spa – a cui fa riferimento un imprenditore imputato e poi prescritto per corruzione e turbativa d’asta. La gestione invece è in capo a Medishospes, legato a La Cascina, i cui dirigenti sono stati condannati per Mafia Capitale. Ci sono affari poco trasparenti dietro i centri?

Ho già risposto.

Secondo Domani, i centri per migranti nascono nel cuore della malavita albanese, dove agiscono i clan legati al traffico di esseri umani. I magistrati indagano. È così?

Questa descrizione è semplicemente vergognosa: quell’area del Paese è tra le più affollate di tutta la costa adriatica. Piena di turisti da tutta Europa.

Però molti di questi centri in Italia vengono conosciuti per il trattamento disumano nei confronti dei migranti.

Le condizioni dovranno essere garantite dalle istituzioni italiane che gestiranno il centro.

Ieri sera Report ha intervistato il suo vicepremier in tre governi – Arben Ahmetai – su cui pende un mandato di cattura internazionale per un’inchiesta sugli inceneritori. Ahmetai, che è in Svizzera, da suo fedelissimo è diventato un suo accusatore: dice che lei ha rapporti diretti con i clan albanesi e li incontra nel suo ufficio. È vero?

Io credo che l’Albania non meriti questo perché mai come adesso nella sua storia sta vivendo una nuova era di cambiamento nella giustizia. Il mio ex-vice è uno di questi soggetti sul quale pende anche un mandato di cattura internazionale. E, come ho detto a Report, fare di un latitante una fonte di spettacolo mediatico senza mostrare una sola prova per sostenere la gravità di tale enormità, non è giornalismo d’inchiesta ma di fango.

Report però mostra le foto di un incontro tra lei e Luftar Hysa, considerato dalle autorità canadesi uno dei principali riciclatori del cartello di Sinaloa. Com’è andata e di cosa avete parlato?

Stiamo parlando di una foto di un incontro con una persona che ho visto una volta sola e allora era semplicemente un albanese venuto dall’estero senza indagini. Ma è questo il giornalismo d’inchiesta? L’Albania non è “Gomorra” o “Suburra” e non ha niente di simile a un narcostato. Intendiamoci bene, non c’è dubbio che in Albania ci siano le organizzazioni criminali come dappertutto, ma dei boss o dei clan che “condizionano le alte sfere instituzionali” non ce n’è uno solo.

Il discusso imprenditore romano Francesco Becchetti rivela i rapporti tra lei, l’ex politico albanese Artan Gaci e la società di assicurazioni di Piero Urso, figlio del ministro Adolfo. La società farebbe affari con l’ex politico socialista Gaci, a lei vicino. Le sembra normale?

Secondo la giustizia albanese questo signore non è un imprenditore discusso ma un criminale condannato a diciassette anni. D’altra parte io ad Adolfo Urso ho offerto un caffè quando è venuto a Tirana e non mi ha mai parlato di affari in Albania. Da Report ho saputo che suo figlio, che io non conosco personalmente e non ha mai chiesto di conoscermi, è coinvolto in Albania. Ma comunque non capisco dove sarebbe la stranezza.

Lei ha definito “disgustosa” la prima puntata di Report sui centri in Albania. Anche Meloni ha parlato di “linciaggio”. Non dovreste evitare di attaccare l’informazione libera?

La mia è una reazione umanamente sacrosanta a un abuso della libertà d’informazione nel servizio pubblico italiano, dove il limite tra verità e falsità è stato totalmente sciolto! E poi ti dicono “ma si chiama giornalismo d’inchiesta”… Ma no, sembra una copia democratica del tipo d’inchiesta da inquisizione dei tempi di Enver Hoxha (dittatore comunista, ndr), con interrogatori della polizia segreta e processi stalinisti. Sono sicuro che Piero Manzoni ne avrebbe fatto un altro capolavoro d’arte contemporanea, ma non so se lo avrebbe intitolato “Merda d’Inchiesta” o “Servizio Pubblico”.

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