Anche il nucleo di esperti nominati dal governo Meloni certifica un’evidenza: il Reddito di cittadinanza ha fatto uscire un milione di persone dalla condizione di povertà. Lo aveva già detto l’Istat, ora lo conferma il comitato che a febbraio 2023 è stato scelto dalla ministra del Lavoro, Marina Calderone. La stessa che spesso ha affermato che il Rdc non ha avuto impatti in termini di riduzione della povertà. Continuare a ripeterlo, da ora in poi, sarà ancora più azzardato. Qualche (timida) critica viene avanzata dalla commissione anche verso gli strumenti sostitutivi approvati dallo stesso governo Meloni. L’effetto delle nuove misure (Assegno di inclusione e Supporto formazione lavoro) viene definito “radicale”. La nuova legge “risulta restrittiva per l’accesso al contributo integrativo per le famiglie in affitto che viene riservata ai nuclei con un reddito Isee non superiore ai 6 mila euro, adeguato dalla scala di equivalenza, e per i nuclei che hanno acceso un mutuo per la prima casa”. Il comitato ricorda che l’inflazione degli ultimi tre anni richiederebbe un innalzamento anche delle soglie di accesso: “L’aumento dei prezzi sui consumi delle famiglie con bassi redditi – si legge –, che si riflette sulle stime delle soglie di povertà assoluta effettuate dall’Istat, non trova un riscontro nella rivalutazione delle soglie Isee per l’accesso alle misure”.
Quindi, “una crescita limitata dei redditi nominali delle famiglie meno abbienti, anche se inferiore all’andamento dell’inflazione, può comportare la perdita dei requisiti di accesso alle misure”. Tornando al Rdc, pur essendo molto più generoso delle misure volute dal governo Meloni, ha raggiunto solo il 32,2% delle famiglie che vivono in povertà assoluta. Questo nel 2022, anno del suo massimo. Il motivo è nella carenza di informazioni e nella scelta di non presentare domanda da parte di molte delle famiglie aventi diritto. Inoltre, come spesso segnalato, la misura escludeva gli stranieri – per i rigidi criteri di residenza voluti dalla Lega nel 2019 – e penalizzava i nuclei numerosi, quelli del Nord e con piccoli redditi da lavoro. Anche questo report nega la teoria per cui i percettori di sussidi sarebbero poco disposti a lavorare: tra tutti i beneficiari di Reddito di cittadinanza, di inclusione e di emergenza, il tasso di attività era pari al 50% nel triennio 2018-2020; poi è calato, ma era fisiologico viste le chiusure di buona parte delle attività economiche imposte con il lockdown.