Le storie

Sanità da ricchi, come si muore in Ue: senza rimborsi ai pazienti, negato l’accesso ai farmaci salva-vita

Disumano - Le società scelgono gli Stati più redditizi per lanciare i prodotti

Di Lorenzo Buzzoni e Nico Schmidt*
17 Giugno 2024

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Nel gennaio 2023, in Estonia, le speranze della paziente Kadri Tennosaar si stavano affievolendo. Dopo quattro sessioni di chemioterapia, il cancro continuava a espandersi. E il trattamento con Enhertu, il nuovo farmaco che avrebbe potuto aiutarla, costava 20.000 euro per tre mesi. Una spesa che il governo estone non avrebbe pagato e che Tennosaar, ex responsabile di un campo sportivo di Tallinn, non poteva sostenere. Investigate Europe (IE) rivela come farmaci capaci di salvare o allungare la vita non siano disponibili allo stesso modo per gli abitanti dell’Unione europea. In sei Paesi dell’Ue (Ungheria, Cipro, Malta, Lituania, Lettonia ed Estonia), un quarto dei 32 farmaci che l’istituto di ricerca tedesco IQWiG ritiene abbiano un significativo beneficio rispetto alle terapie esistenti, non sono rimborsati o commercializzati. In assenza di accordi di acquisto tra Paesi e aziende, le autorità sanitarie devono ricorrere ad altri metodi costosi per ottenere un farmaco, oppure non possono accedervi del tutto.

La situazione è drammatica in Ungheria, dove 25 farmaci sui 32 della lista non sono generalmente rimborsati; a Malta e Cipro non ne sono disponibili, rispettivamente, 19 e 15. A Cipro e in Ungheria i pazienti possono ottenere alcuni farmaci facendo domanda di accesso individuale, ma spesso a costi esorbitanti per lo Stato. Anche negli Stati baltici e in Romania un numero elevato di farmaci importanti non è disponibile. Nell’Ue solo Germania e Austria hanno accesso a tutti i 32 farmaci, mentre in Italia, uno dei farmaci della lista, Pluvitco, non è rimborsato. Questo perché la fase di negoziazione, iniziata nel marzo 2023, è ancora in corso. Secondo l’ultimo rapporto della Federazione europea delle associazioni e delle industrie farmaceutiche, l’Italia è al secondo posto in Europa, dopo Germania, per percentuale di farmaci rimborsati (80 per cento). Un dato che pone l’Italia ben al di sopra della media europea (45 per cento).

“Abbiamo una prima, una seconda e una terza classe di cittadini europei quando si tratta di accesso: è uno scandalo”, spiega Clemens Auer, che è stato direttore generale del ministero della Salute austriaco fino al 2018. Questo perché le aziende scelgono i Paesi dove è più redditizio lanciare i loro farmaci, andando da quelli che garantiscono volumi di mercato e profitti maggiori. “Le aziende farmaceutiche dicono chiaramente che i mercati più grandi sono i più importanti per loro. E che non vorrebbero concedere uno sconto a un piccolo stato come il nostro”, ha detto un ex funzionario della sanità irlandese. “In linea di principio, tutti nell’Ue dovrebbero beneficiare del mercato unico”, aggiunge l’avvocato Ellen ‘t Hoen, che si batte per un accesso equo ai farmaci. “Ma i farmaci non sono ugualmente accessibili a tutti nel mercato unico”.

Così in Lettonia, i pazienti malati di cancro sono costretti a raccontare la loro vita su piattaforme di crowdfunding nella speranza di ricevere donazioni. Viola, che ha bisogno del farmaco Enhertu per il suo trattamento, scrive che “vuole solo vivere un anno in più”. Donatori anonimi hanno finora contribuito con 590 euro dei 45.212 euro necessari per la terapia.

In altri Paesi, i pazienti sono costretti a sforzi ancora maggiori per accedere a un farmaco. Nella città rumena di Lugoj, Andreea Crăciun, malata di cancro al seno, ha dovuto portare in tribunale il proprio sistema sanitario quando ha scoperto che lo Stato non avrebbe pagato il trattamento con il farmaco di cui aveva bisogno, il Keytruda. Molti Paesi dell’Ue coprono il costo del farmaco per le pazienti affette da cancro al seno, ma non la Romania. “A quel punto non sapevo cosa fare”, ricorda Crăciun. Disperata, la madre di due bambini si è rivolta a un avvocato. Il 2 febbraio di quest’anno, il suo avvocato ha intentato una causa contro lo Stato romeno. Dieci giorni dopo, il tribunale le ha dato ragione: oggi il fondo sanitario nazionale paga le sue cure. In altri Paesi, gli enti di beneficenza provano a colmare il vuoto lasciato dalle aziende farmaceutiche riluttanti a commercializzare i farmaci nei paesi con un limitato potere di acquisto. In Estonia, l’associazione Kingitud Ule ha aiutato più di 2.000 pazienti da quando è stata fondata 10 anni fa.

Grazie a questa associazione, nel marzo dello scorso anno, Kadri Tennosaar ha assunto per la prima volta il farmaco che avrebbe potuto salvarle la vita. “È stato un piccolo miracolo”, dice oggi Tennosaar. Il farmaco ha funzionato e il cancro è regredito.

*Investigate Europe

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