Milano. “Il 90 per cento delle persone con cui parlo è profondamente grato a Meloni. Oggi molti sarebbero pronti a votare Fratelli d’Italia”. “Mai, dopo Berlusconi, l’Italia ha difeso così bene Israele”. A parlare sono Riccardo Pacifici, ex presidente della Comunità ebraica romana, e Walker Meghnagi, attuale guida della Comunità ebraica di Milano. Quando il quotidiano francese Le Figaro, qualche mese fa, si è occupato del rapporto tra Italia e Israele, è partito da qua, dalle loro dichiarazioni d’amore per la destra italiana a trazione post-missina.
E qua si deve tornare se si vuole capire perché l’inchiesta di Fanpage, con ripetuti insulti antisemiti da parte dei giovani meloniani, è motivo di forte imbarazzo per il partito della premier. Sia a Roma che a Milano il legame tra FdI e le comunità ebraiche è fortissimo, in alcuni casi personale. Non sarà lo scoop di Fanpage a incrinarlo, ma il racconto di questo legame spiega la delicatezza del momento e la rilevanza politica di quanto rivelato dall’inchiesta.
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Nella Capitale FdI ha la sua culla. Gran parte del gruppo storico del partito ha iniziato facendo politica in città e dunque coltivando fin da subito rapporti istituzionali con la Comunità ebraica. Qualcosa è però cambiato negli ultimi anni, quando Meloni ha abbandonato una posizione spesso critica nei confronti di Israele. Nel suo ultimo libro Gaza, Gad Lerner ha riportato un tweet di Meloni del 2014, subito dopo un bombardamento di Tel Aviv in risposta a un attacco di Hamas: “Un’altra strage di bambini a Gaza. Nessuna causa è giusta quando sparge il sangue degli innocenti”. Pian piano, la premier si è spostata su posizioni molto più filo-israeliane, accreditandosi come l’interlocutrice più affidabile a destra, almeno sul tema.
Nel 2021 fece discutere la decisione di Ruth Dureghello, all’epoca presidente della Comunità di Roma, di invitare Meloni alla Sinagoga per commemorare il rastrellamento del 16 ottobre 1943. L’iniziativa saltò all’ultimo, segno di una Comunità ancora non pronta a un simile sdoganamento, ma occasioni simili si sarebbero ripresentate presto. L’anno successivo, per esempio, Meloni avrebbe partecipato alla cerimonia dell’Hanukkah al Tempio maggiore, accolta ancora da Dureghello. Una vicinanza promossa anche in Europa, visto che il partito dei Conservatori di cui Meloni è presidente vede nel board anche la ministra israeliana Gila Gamliel.
In questo contesto, non sorprende che nel 2022 sia maturata la candidatura con FdI di Ester Mieli, già portavoce della Comunità ebraica di Roma, la quale peraltro deve essersi resa conto di aver quantomeno sbagliato analisi sul proprio partito: se ora è finita vittima di vergognosi insulti da parte dei militanti di Gioventù nazionale, il 27 gennaio scorso assicurava al Corriere che “in FdI non ci sono nostalgie fasciste, razziste, antisemite”.
A Milano la situazione è simile, ma è soprattutto riconducibile al legame strettissimo tra Ignazio La Russa e Walker Meghnagi, attuale guida della Comunità. I due sono amici di famiglia e si conoscono da decenni, il figlio di Meghnagi ha invitato il presidente del Senato al suo matrimonio a Tel Aviv e spesso questo rapporto ha anche conseguenze politiche. La più nota risale a un paio d’anni fa, quando Meghnagi inviò una lettera alla conferenza programmatica di FdI a Milano, non essendo riuscito a partecipare di persona: “Mi rallegra sapere che ci accomuna l’amore per il valore della libertà e, da buoni conservatori, lo sguardo al futuro, ma sapendo conservare le tradizioni e l’identità che contraddistingue ogni popolo. Buon lavoro per il bene della concordia e della crescita della nostra Italia”.
Parole che hanno fatto infuriare la parte della Comunità ebraica ben lontana dalla destra, a maggior ragione da quella da sempre ambigua sul fascismo. Tutti i consiglieri d’opposizione si dimisero, ma oggi Meghnagi è ancora al suo posto. Per la gioia anche del caro vecchio amico Ignazio.
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