inchiesta

Chico Forti: “Metti a tacere Travaglio e Lucarelli”

La richiesta in cella a un altro carcerato - Proposte indecenti. Il recluso racconta al garante dei detenuti: “Promesse di favori in cambio del mio intervento”. Aperto un fascicolo senza reati né indagati dai pm di Verona

5 Luglio 2024

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Mettere a tacere Travaglio e Lucarelli, più un’altra persona. Il tutto in cambio di futuri favori, quando sarà libero e – dice lui – potrebbe candidarsi perfino con il centrodestra. È la richiesta che l’ergastolano Chico Forti avrebbe rivolto a un altro detenuto nel carcere di Verona, dove l’ex velista è recluso dal maggio scorso, quando è stato estradato dagli Usa e accolto col tappeto rosso da Giorgia Meloni. Lo ha raccontato il suo interlocutore a un garante dei diritti dei detenuti che frequenta il penitenziario. La vicenda poteva rimanere chiusa tra quelle quattro mura. Invece il detenuto destinatario della proposta indecente, che si trova in custodia cautelare, ha pregato il garante di avvertire il direttore del Fatto, il quale ha subito segnalato la vicenda alla Procura di Verona, dove il procuratore capo Raffaele Tito ha aperto un fascicolo a “modello 45”, ossia senza indagati né reati. Chico Forti non è iscritto, ma sulle sue parole riferite dal detenuto sono in corso gli accertamenti del Nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Verona. Nel frattempo i testimoni sono stati interrogati: sia il garante, sia il detenuto, sia un altro recluso presente al colloquio hanno confermato la circostanza.

Chico Forti non ha bisogno di presentazioni: ex velista, campione di Telemike e produttore televisivo, nel giugno del 2000 è stato condannato all’ergastolo, senza condizionale, da una giuria popolare del tribunale di Miami. La sentenza definitiva riguarda l’omicidio di Dale Pike, imprenditore australiano, ucciso con due colpi di pistola alla testa nel 1998 su una spiaggia di Miami. Secondo gli investigatori americani, Pike sospettava che Forti stesse truffando il padre nella compravendita di un resort a Ibiza. Accuse che Forti ha sempre respinto, senza essere creduto dagli inquirenti e dai giurati. Così dal 7 luglio 2000 inizia la detenzione negli Usa. Che dura fino al 1º marzo 2024, quando la presidente del Consiglio Meloni annuncia l’accordo per la sua estradizione in Italia. La sentenza americana viene riconosciuta dalla Corte di Appello di Trento il 17 aprile 2024 e Forti il 18 maggio 2024 atterra all’aeroporto di Pratica di Mare, accolto dalla stessa premier e dalle ovazioni degli innocentisti. “Diversi anni, seguivo le vicende e il suo caso – ha detto la premier – conosco la sua famiglia, sono contenta per una madre che può riabbracciare il figlio, sono contenta di aver mantenuto l’impegno, sono riuscita dove altri non sono riusciti. È una bella pagina per il governo”. Dopo un passaggio a Rebibbia, Forti viene trasferito nel carcere di Verona. E gli va molto meglio che in America. “Mi hanno accolto come un re – racconta in tv a Bruno Vespa –. Quando sono arrivato in carcere mi hanno detto: ‘C’è il comandante che vuole parlarle’. Pensavo che fosse un agente della Penitenziaria, invece mi si è presentato Schettino (l’ex comandante della Costa Concordia, ndr) e mi ha detto: ‘Chico, sei il mio eroe’”.

È invece nel carcere di Verona che conosce un altro detenuto. Un soggetto (di cui non citiamo il nome per non esporlo) che si trova lì dal marzo 2023 per una misura cautelare emessa dal Tribunale di Torino. È accusato di truffa e rapporti con una struttura delocalizzata e territoriale della ’ndrangheta (“locale”) nel territorio di Ivrea, anche se non risulta affiliato né coinvolto in fatti di sangue. Nell’ordinanza il gip lo descrive come un soggetto con “indiscussa abilità nell’eludere le proprie responsabilità e nel mostrare falsi segnali di resipiscenza o comprensione del disvalore dei fatti commessi”. In ogni caso, il processo per le accuse della Procura di Torino è ancora in corso in primo grado.

Eppure, quando nei giorni scorsi il detenuto ha ricevuto la richiesta di Chico Forti l’ha subito respinta e ne ha parlato al garante. E cosa gli ha raccontato? Che era entrato in confidenza con Forti, assiduo frequentatore delle sue “spaghettate” in cella, il quale gli avrebbe detto: tu parla con i tuoi amici per mettere a tacere Marco Travaglio e Selvaggia Lucarelli (più un terzo personaggio di cui non ricorda il nome). Ossia gli unici commentatori che hanno polemizzato con l’accoglienza riservatagli dalla premier e con l’innocentismo acritico di alcuni media e programmi tv. In cambio Forti avrebbe promesso di non dimenticarsi di lui e dei suoi “amici” in futuro: quando finirà di scontare la pena od otterrà l’annullamento della condanna – avrebbe aggiunto – conta di entrare in politica con il centrodestra e di ricompensarli con altri favori. Fonti di FdI, sentite dal Fatto, smentiscono di aver mai preso in considerazione l’ipotesi di una sua candidatura. In ogni modo quella è la versione del detenuto, che prega il garante di mettere in allerta Travaglio. Il quale gira la segnalazione alla Procura perché verifichi se contenga qualcosa di vero. Il procuratore Raffaele Tito apre il fascicolo, al momento – ribadiamo – senza indagati né reati. E delega le indagini al Nucleo investigativo dei carabinieri, che svolgono i primi accertamenti e ascoltano i primi testimoni. Il garante conferma il racconto del detenuto così come l’ha ricevuto. Il detenuto avvicinato da Forti ribadisce l’episodio, spiegando di averla respinta e di essersi allarmato per l’incolumità di Travaglio, di Lucarelli e del terzo personaggio inviso a Forti, di cui non riesce a ricordare il nome perché a lui sconosciuto. Viene infine sentito un secondo detenuto che avrebbe ascoltato le parole dell’ergastolano: sulle prime prova a minimizzare, ma alla fine conferma la sostanza della versione del detenuto.

A quel punto la Procura fa stilare una relazione di servizio dell’Arma e la inoltra al Tribunale di Sorveglianza, al Dap (il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria), alla Procura di Torino che indaga sul detenuto e al prefetto di Verona per le esigenze di sicurezza delle tre vittime in pericolo.

Chico Forti, ripetiamolo, non è iscritto per alcun reato. Il tentato omicidio richiede attività più avanzate di quelle che emergono in questo caso. L’istigazione a delinquere necessita di una pubblicità che qui non c’è. E in Italia non esiste il delitto di conspiracy, punito molto severamente negli Usa. L’unica fattispecie al momento ipotizzabile – ma non lo è – è l’articolo 115 del Codice penale: “Accordo per commettere un reato”. Che però, se due o più persone si accordano per commettere un delitto che poi non viene commesso, non prevede alcuna pena. Qualora invece “l’istigazione non sia stata accolta, e si sia trattato d’istigazione a un delitto, l’istigatore può essere sottoposto a misure di sicurezza”. Come la libertà vigilata per chi è a piede libero o come altre misure restrittive per i detenuti, che però, appunto, spettano al giudice di sorveglianza. Ieri abbiamo contatto i legali di Forti, Joe Tacopina e Carlo Dalla Vedova, anticipando loro l’oggetto del nostro articolo e chiedendo di essere contattati per un’eventuale replica. Non abbiamo ottenuto alcuna risposta.

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