“Io sono il candidato”, dice Joe Biden. Ma il senatore democratico Mark Warner gli chiede di farsi da parte seguito da altri membri del proprio partito al congresso – che suggeriscono Kamala Harris come successore – mentre alla Casa bianca il medico del presidente si sarebbe riunito con un neurologo specialista del morbo di Parkinson. È il caos completo tra quelle che sono diventate le due fazioni dei Dem: chi sta con il Commander in Chief e chi invece ne chiede il ritiro, per manifesta inferiorità psichica e fisica. E adesso è ancora più chiaro il motivo per cui Obama aveva preso per mano Biden guidandolo verso l’uscita durante una raccolta fondi a Los Angeles. Era il 17 giugno, dieci giorni prima del disastroso dibattito con Trump che all’improvviso (possibile che nessuno se ne fosse accorto prima?) ha messo in evidenza i limiti cognitivi di un presidente che a 81 anni vuole (costretto?) testardamente correre per il secondo mandato. Poi il bis perché Obama, questa volta metaforicamente, l’ha ripreso per mano il giorno dopo la sconcertante esibizione in tv: “Un cattivo dibattito – così l’ha definito l’ex presidente – ma succede, credetemi, lo so”. Quindi ha esortatogli elettori a sostenere quello che era stato il suo vice per 8 anni.
Ma solo giovedì, in un’intervista a una stazione radiofonica black di Philadelphia, Biden ha rivelato per la prima volta la ragione del legame così stretto col suo ex boss. “Comunque sono orgoglioso – la risposta a una delle domande imposte dallo staff della Casa Bianca – di essere il primo vice-presidente, la prima donna nera a servire con un presidente nero”.
I grandi media amici come New York Times o Boston Globe l’hanno esortato a farsi da parte. “Posso fare questo lavoro”, ha insistito Sleepy Joe a un appuntamento elettorale nel North Carolina per poi, venerdì, nel Wisconsin, affermare che “batterò ancora Trump nel 2020”…
Tutto ciò mentre il dottor Ronny Jackson, che ha seguito anche Obama (medico personale dal 2013 al 2016) e Trump (dal 2016 al 2018), dichiarava trattarsi di “una questione di sicurezza nazionale”. Il repubblicano Jackson è stato chiaro: “Probabilmente Biden soffre di una malattia cognitiva. Penso debba dimettersi, ed esser subito rimosso dall’incarico”.
Dal 27 giugno, la sera del dramma, Biden ha cercato di rialzarsi, prima volando ad Hampton e scendendo dall’aereo aggrappandosi al braccio della moglie, poi incassando le parole di Bill Stevenson, ex marito della First Lady dal 1970 al 1975. “La dottoressa Jill Biden che ho visto in tv negli ultimi anni non è la stessa persona che avevo sposato: è totalmente diversa. Non porto rancore, sono solo sorpreso nel vederla in prima linea nel mezzo di questa battaglia dopo che per tanti anni ha vissuto nell’ombra. La gente dice sia lei che vuole diventare presidente”. Stevenson sostenne Biden nella corsa al Senato nel 1972 e con Obama, per poi divenire fan di Trump. “Mi fa rabbrividire quando chiama bugiardo Trump, perché non c’è bugiardo migliore di lui”. Tra un mese uscirà il suo libro The Bidens: The Early Years e al New York Post. “Non sono medico o psichiatra – ha anche detto – ma tre o quattro anni fa ho percepito avesse perso un passo, ora credo siano più di un paio… Mi sento male per lui? No, perché ha fatto cose orribili a me e alla mia famiglia”.
Che Rimbambiden non sia più lucido lo dimostrano, con un crescendo inarrestabile, i suoi tre anni e mezzo di presidenza: un decadimento che solo l’arroganza del potere (e di coloro che lo guidano) poteva fingere non esistesse. Così il 27 giugno si è scoperchiato non un vaso di Pandora, ma un buco nero senza fondo: puntuale esce il rapporto secondo il quale la “finestra” di lucidità di Biden va dalle 10 del mattino alle 4 del pomeriggio, poi non funziona più e gli strafalcioni, le bocche aperte, i congelamenti da spot Findus si moltiplicano.
Rivelazioni arrivate dalle solite “fonti anonime ma ben informate” appena 48 ore dopo la debacle in diretta seguita da almeno 50 milioni di americani e il 59% degli aventi diritto al voto. Attacchi pretestuosi? No, perché, secondo altre indiscrezioni, l’avrebbe confermato lo stesso Biden durante l’incontro, il giorno prima dell’Independence Day, con una ventina di governatori democratici: ha bisogno di più sonno, meno ore di lavoro ed evitare eventi dopo le 8 di sera. Commander in Chief, l’uomo più potente del mondo, a orario fisso, impiegato della Casa Bianca che stacca, timbra il cartellino, allo scoccare non delle 8, ma 6 ore. E se c’è un’emergenza nazionale o internazionale? Pazienza, Sleepy Joe deve riposare. Così fanno ridere le scuse trovate dalla Casa Bianca per giustificare il dibattito-fiasco: dal raffreddore al jet lag rimasto per 10 giorni. E oltre a 7 americani su 10 che pensano sia troppo vecchio per esser presidente, grandi media e popolari anchorman leftist, ricchi donatori e congressisti (almeno 25), anche senatori e governatori Dem gli chiedono di farsi da parte.
Come Joe ha detto più volte il presidente è Kamala Harris. Ma potrebbe essersi sbagliato, forse è nurse Jill (che con il figliastro Hunter insiste a volerlo in corsa) e il suo personale Rasputin, Anthony Bernal, influentissimo “primo” aiutante, colui che scrive anche i discorsi, oppure Obama come insistono convinti, e non da ora, tanti repubblicani.