L'intervista

Caso Yara, il genetista Giardina: “La serie Netflix distorce la verità: le prove scientifiche non mentono”

Consulente della Procura - “Hanno ridotto la mia intervista a banali frammenti. Invece avrei spiegato perché il Dna sugli slip della ragazza era di Bossetti”

Di Silvia D’Onghia
19 Luglio 2024

“Puntare sull’aspetto umano del condannato ci sta, anche perché un ergastolo è una sconfitta per la società. Ma nel caso in questione è stato volutamente dato più risalto ad alcune figure rispetto ad altre, e ciò crea confusione negli spettatori, portati a chiedersi chi sono i buoni e chi i cattivi”. Emiliano Giardina è un associato di Genetica all’Università romana di Tor Vergata. Nella sua lunga carriera, ha svolto decine di consulenze per i Tribunali e collaborato con la Polizia scientifica. Ma il “caso in questione” è tra i più dibattuti degli ultimi anni, dato in pasto al pubblico attraverso la pressione mediatica e, oggi, la rilettura del processo in chiave innocentista. È l’omicidio della tredicenne Yara Gambirasio, scomparsa il 26 novembre 2010 a Brembate di Sopra e ritrovata morta il 26 febbraio 2011. Il regista Gianluca Neri – lo stesso di SanPa– ne ha realizzato una docuserie, Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio, che da due giorni è la più vista su Netflix. Un lavoro che, nonostante tre gradi di giudizio e una condanna all’ergastolo, vuole insinuare dubbi sulla colpevolezza di Massimo Bossetti, l’operaio edile cui si arrivò, il 16 giugno 2014, dopo l’individuazione del Dna di Ignoto 1.

Professor Giardina, lei è tra le persone intervistate nella serie. Adesso l’ha vista nella sua interezza?

L’ho vista e posso dire che l’ho trovata parziale. E non per il fatto che delle mie spiegazioni hanno preso soltanto la parte più banale.

Mi sta dicendo che hanno tagliato il suo intervento?

Hanno mandato in onda solo pochi frammenti della mia intervista. Ma, ripeto, non è questa la parzialità.

E allora qual è?

Ovviamente parlo della parte scientifica. Partiamo dall’irripetibilità dell’esame del Dna rinvenuto sulle mutandine di Yara, su cui tanto la difesa ha dato battaglia. Intanto la non ripetizione dell’accertamento è la regola, non l’eccezione. Il Codice di procedura penale distingue infatti tra accertamenti ripetibili e irripetibili: ci sono valutazioni che possono essere fatte una sola volta, perché magari il reperto si distrugge o perché le tracce sono talmente esigue da rendere impossibile la ripetibilità.

È questo il caso?

È anche il caso dell’omicidio di Alberica Filo della Torre. Avevamo un lenzuolo con tantissime tracce ematiche. Ma solo una piccolissima macchia conteneva il Dna dell’assassino.

Così i leggings di Yara?

Immagini quanti campionamenti sono stati fatti. Più ci si allontanava dal punto in cui è stato trovato il Dna di Bossetti e meno c’era la possibilità di trovarne altro. Al termine degli accertamenti quello specifico estratto di Dna non era più disponibile per altre analisi; gli altri estratti sì, ma potevano non essere utili come il primo.

Sul giubbino di Yara, però, è stato trovato il Dna dell’insegnante di ginnastica.

Se su un cadavere si trova un Dna inatteso, lo si interpreta. Su alcuni reperti può trovarsi del Dna casualmente, su altri meno. Sul corpo di Melania Rea fu trovato un Dna maschile che non apparteneva a Parolisi, ma a un bimbo che aveva aiutato la donna a ripiegare i panni appena stirati. L’investigazione ha spiegato il perché quel Dna era lì.

La difesa di Bossetti sostiene di non aver potuto assistere all’esame del Dna.

E certo, perché al momento dell’individuazione non c’era neanche l’indagato. Come facevano a esserci i suoi legali?

L’altra critica, che nella serie torna, è quella sulla distruzione dei campioni.

Da quanto mi risulta i campioni di Dna sono stati trasferiti e non distrutti, perché un istituto universitario non è il luogo dove conservarli. Non condivido il fatto che siano stati trasferiti senza garantirne la corretta conservazione, ma occorre considerare che le tracce più rilevanti non sarebbero tra questi campioni.

Può chiarirci la differenza tra Dna nucleare e Dna mitocondriale?

L’avrei spiegato anche al pubblico, ma nella serie questa è una parte che ricordo di aver detto ma non ho trovato. Si continua a fare confusione per delegittimare il valore della prova scientifica. Ogni cellula umana contiene un Dna nucleare e uno mitocondriale. Il nucleare è presente in singola copia all’interno del nucleo di ogni cellula. Il mitocondriale nei mitocondri. Ogni cellula contiene un solo nucleo ma un numero variabile di mitocondri che va da zero a decine. Ogni nucleo contiene una molecola di Dna mentre ogni mitocondrio può contenere da una a diverse copie di Dna mitocondriale. Le diverse cellule che compongono il nostro organismo contengono un numero fisso di nuclei (uno per ogni cellula) ma un numero variabile di mitocondri. Ne consegue che quando mescoliamo diversi tipi cellulari il rapporto tra Dna nucleare e quello mitocondriale varia in relazione al tipo di cellule. Nel caso della traccia di cui parliamo (mista) non sappiamo con quali cellule Bossetti e Yara hanno contribuito, e non possiamo quindi stabilire a priori un risultato atteso riguardo ai rapporti di Dna mitocondriale e nucleare. Non esiste pertanto alcuna anomalia che suggerisca l’inutilizzabilità della prova.

Nella serie, però, la fanno parlare dei kit scaduti.

Per come è gestito il protocollo analitico della genetica forense, se un reagente non funziona ce ne accorgiamo. I kit scaduti non dovrebbero essere usati, ma le strutture possono dimostrare la validità dei reagenti. Nel caso di Yara, è stato un inciampo, ma non ha inficiato i risultati.

Possiamo concludere che l’“oltre ogni ragionevole dubbio” non esiste, perché la scienza non mente?

Il Dna non attribuisce mai responsabilità ma determina la presenza di persone in luoghi o contesti. Allo scienziato non è chiesto di giudicare ma di garantire la correttezza dei dati tecnici. In questo caso il dato tecnico è assolutamente solido.

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