Schiere di analfabeti di andata e ritorno vogliono difendere la cultura italica e visto che non sono capaci di decifrare il significato di un testo scritto, non scopriranno mai che il torrone, il gelato, gli arancini e il timballo ce li hanno regalati gli arabi insieme allo zero, all’algebra e agli algoritmi (parole arabe per l’appunto!)
I primi italiani erano neri, venivano dall’Africa ed erano tutti extracomunitari.
A dar retta a Virgilio, Romolo e Remo discendevano dai troiani, quindi erano grossomodo turchi.
La Bibbia non è stata scritta dai bergamaschi, il Vangelo non è abruzzese e Gesù non era biondo.
Dante Alighieri ha copiato l’idea dell’inferno da un testo orientale.
Tutti i popoli che hanno difeso la loro “integrità razziale” sono decaduti rapidamente, perché si finisce a far sesso tra cugini, e i bambini non vengono bene.
I popoli più ricchi di cultura, arte e bellezza sono quelli che hanno accolto gli stranieri con le braccia aperte. E hanno aperto tutto, non solo le braccia. Gli italiani ad esempio. Abbiamo imparato storie, scoperte, cibi e guadagnato nuovo Dna a bizzeffe.
Devi essere un non vedente stupido per credere che esista la purezza della razza italica e non accorgerti che ci sono siciliani biondi, lombardi piuttosto abbronzati, pugliesi con i capelli rossi.
I razzisti sono una minaccia, ma io credo che siano più pericolosi i progressisti che hanno perso la speranza, la fiducia, l’ottimismo.
Sembra che a sinistra sia in corso una gara a chi fa la faccia più disperata.
Siamo pieni di leader che ci ripetono che questo è il peggior momento della storia.
I nostri governanti gridano che finiremo col burqa a mangiare cus cus, i progressisti ci urlano che l’umanità sarà spazzata via dal fascismo strisciante, dalla terza guerra mondiale e dall’Apocalisse climatica.
E i robot ci ruberanno il lavoro e giaceranno con le nostre donne. E siccome loro ce l’hanno a 7 velocità e sanno a memoria 100 mila poesie d’amore non c’è gara.
Su una cosa sono tutti d’accordo: vogliono farci paura.
Che palle!
Ma perché devo darmi da fare se ormai non ci sono più speranze?
Decine di ricerche scientifiche dimostrano che il pessimismo non è solo una malattia dell’anima: fa più male alla salute che mangiare tutti i giorni da McDonald’s!
I cibi biologici e lo yoga non hanno effetto se non sogni un mondo migliore.
Oggi il massimo della trasgressione è l’ottimismo.
Prova ad andare in giro a dire che la gioia sta arrivando: raccogli più insulti della Ferragni… Se ti va bene ti danno del buffone.
A me va bene perché lo faccio di mestiere.
Ho scritto il mio nuovo spettacolo per farti ridere… quattro chiacchiere alla ricerca di argomenti utili che puoi utilizzare per aiutare il tuo pessimista preferito ad attraversare la strada.
Per riuscirci sono dovuto arrivare fino alle origini della questione.
Non è vero che quando l’universo è stato creato era perfetto e poi è peggiorato. All’inizio faceva proprio schifo!
Le prime creature viventi non facevano sesso.
Pensa che vita di merda!
Per moltiplicarsi si spaccavano in due. Che non è il modo più divertente per iniziare la giornata.
Ed è stato così per più di un miliardo di anni.
E c’erano dei microorganismi piagnoni che ripetevano dalla mattina alla sera: non c’è speranza… è tutto una rottura di coglioni! E poi si scindevano.
Ma un bel giorno un batterio ha immaginato di poter fare sesso, raggiungere l’estasi erotica, l’orgasmo galattico.
E tutti gli ridevano in faccia.
E fu così che inventarono il ridere.
E lui disse: “Verrà un giorno nel quale ci saranno maschi e femmine, insetti e fiori, e cooperative di funghi, batteri e gramigne, capaci di sciogliere le rocce e gli elefanti avranno paura dei topolini e gli uomini saranno disposti ad affrontare tigri con i denti a sciabola per far sorridere le donne.
E da cosa nasce cosa e finì in un’orgia batterica planetaria.
Alcuni batteri però non ci credevano che sarebbe arrivata l’era del sesso, delle poesie d’amore e degli spaghetti al pomodoro.
E ancora adesso non fanno sesso. E per moltiplicarsi si spaccano in due.
Quando qualcuno ti dice: “Non ci sono speranze!”,
diglielo: “È un problema tuo!”.