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La politica si fa con i soldi dei privati. Ma in Italia non c’è trasparenza sui finanziamenti ai partiti

Finanziamento pubblico ai partiti - Noi e l’Europa. La riforma Letta fatta nel 2014 e il trucchetto delle fondazioni. Da noi il massimo è 100mila, altrove controlli rigidi e tetti più bassi

4 Agosto 2024

L’Italia è messa meglio o peggio rispetto al resto d’Europa riguardo al finanziamento pubblico o privato? Economicamente non c’è una risposta, ogni Paese ha dovuto affrontare i suoi problemi ma “la trasparenza è sostanza”, scriveva Openpolis nel 2019. Cinque anni dopo, anche se non si può creare una classifica definitiva, l’Investigative Reporting Project Italy (Irpi) che ha analizzato i dati del progetto Transparency Gap coordinato dalla piattaforma di giornalismo investigativo olandese Follow the Money, rivela che l’Italia ha un triste primato: non compare direttamente nel confronto tra i transparency gap dei diversi Paesi perché “i partiti mancano di omogeneità nel modo in cui redigono i propri bilanci in virtù del loro status giuridico”. Sono, infatti, “associazioni private non riconosciute, ciascuna dotata di statuti, regolamenti interni e una certa autonomia – un’eccezione rispetto al resto d’Europa”.

Quello che sappiamo è che tra il 2019 e il 2022, lo stesso lasso di tempo analizzato per gli altri Paesi, i partiti italiani hanno incassato da privati “71 milioni di euro (83 milioni, se si contano le quote versate dagli iscritti ai partiti)”, il 52 per cento dei soldi che affluisce nelle casse dei partiti.

Le norme, si legge, almeno non sono male. Le spiega approfonditamente una recente analisi dell’Osservatorio Conti pubblici italiani (Cpi) dell’Università cattolica del Sacro Cuore – ma dopo il caso Toti ne sono fiorite di nuovo in quantità. Nel 2014 in Italia, dopo le forti critiche ai finanziamenti pubblici, si è passati a una forma indiretta di finanziamenti, ai parlamentari e ai gruppi parlamentari, tramite donazioni o tramite il 2 per mille nel secondo caso, mantenendo i rimborsi elettorali.

Le donazioni da privati oggi godono di un trattamento fiscale agevolato, cioè una detrazione del 26% dell’ammontare donato per importi fino a 30 mila euro. Le donazioni non possono però eccedere i 100 mila euro all’anno. Un situazione che ha spinto alla nascita di fondazioni e associazioni create dai leader politici e utilizzate per finalità parapolitiche per ovviare ai limiti.

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Nel 2019 per cercare di fare chiarezza è intervenuto il governo Conte I con l’approvazione della cosiddetta legge Spazzacorrotti. Il testo si indirizzava ai reati contro la Pubblica amministrazione, ma, ricorda Irpi, coinvolgeva anche i partiti, rendendo obbligatoria la dichiarazione di tutte le donazioni ricevute superiori ai 500 euro (il caso della Fondazione Open collegata a Matteo Renzi, ricordiamo, sarebbe esploso nel 2021) estendeva le regole di trasparenza dei partiti a fondazioni e associazioni politiche. Anche all’estero ci sono zone d’ombra.

In Francia la legge che si occupa di finanziamenti risale al 1988. I fondi pubblici sono distribuiti in base al numero dei voti ottenuti nelle elezioni legislative e dei parlamentari eletti. Le donazioni private sono permesse, ma le donazioni individuali non possono superare i 7.500 euro all’anno. I partiti inoltre, spiega il Cpi, devono presentare resoconti annuali allaCommission nationale des comptes de campagne et des financements politiques(CNCCFP). A fronte di questi obblighi, non hanno una legge che obblighi a rivelare i donatori, ricorda Irpi.

In Spagna i nomi dei donatori sono pubblici sopra i 25 mila euro, ma i tesserati possono andare oltre e non essere resi noti. “Il solo Partito Socialista Operaio Spagnolo (Psoe) – riporta l’inchiesta Irpi – del primo ministro Pedro Sánchez incassa ogni anno oltre undici milioni di euro di donazioni di cui non deve dichiarare l’autore”.

In Germania i partiti ricevono finanziamenti in base ai voti e agli iscritti. Le donazioni private, si legge nell’analisi dell’università, non hanno un tetto massimo ma sono comunque regolamentate: sopra i 10 mila euro devono essere dichiarate immediatamente. Il problema, segnala Irpi, sono quelle piccole. Dei 641 milioni di euro totali – la cifra più alta in Europa –, 329 provengono da imprese e privati cittadini e 312 dagli stessi politici: circa il 75% delle donazioni di cui non è pubblico l’autore in Europa risulta effettuato in Germania.

Il Regno Unito non fa parte dell’area Ue, ma rimane uno dei termini di paragone più citati. Il finanziamento pubblico è molto limitato, e le donazioni private non hanno tetti, ma soprattutto solo quelle superiori a 7.500 sterline, ricorda il Cpi, devono essere dichiarate alla Commissione Elettorale, l’autorità indipendente di vigilanza. Dovunque si vada a scavare, conclude Irpi, il risultato rischia di essere deludente, e questo si traduce in una pessima opinione sui politici. Non solo: “Potrebbe avere ripercussioni anche sull’affluenza alle urne”. Lo scrivevano in vista delle Europee e l’8 e 9 giugno l’Italia ha registrato l’affluenza più bassa mai registrata.

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