Da oggi è online “Le bugie di Chico” edito da La Bussola, pdf disponibile gratuitamente sul sito www.labussolaedizioni.it. Pubblichiamo una parte dell’introduzione
La condanna all’ergastolo dell’italiano Enrico (detto Chico) Forti, avvenuta 24 anni fa negli Usa a seguito dell’atroce omicidio del giovane Dale Pike, ha avuto un forte clamore mediatico in Italia mentre in Usa la vicenda ha avuto un leggero risalto (locale) solo negli anni in cui si è celebrato il processo. I consulenti della difesa di Enrico Forti, i familiari e i sostenitori hanno più volte affermato che il Prosecutor e gli investigatori che si sono occupati del caso, appartenenti al Miami Police Department, sono stati degli incompetenti o peggio ancora in malafede e che, per vecchi rancori nei confronti dell’indagato Forti, sono riusciti a ingannare la giuria popolare (…). Riteniamo che questo giudizio sugli investigatori di Miami sia ingiusto. (…)
Certamente la storia giudiziaria americana, come del resto quella di tutte le nazioni del mondo, ha visto delle situazioni in cui la logica di potere ha avuto la meglio sulla logica della giustizia. A tal proposito giova ricordare che Sacco e Vanzetti non hanno ancora ricevuto una riabilitazione formale dagli Stati Uniti. Ma questo è avvenuto quando gli attori coinvolti erano personaggi di potere, in grado di orientare i processi a loro favore per ottenere dei vantaggi o quando gli interessi politici ed economici in gioco erano altissimi. E nel caso dell’omicidio di Dale Pike la cosa appare quanto mai poco verosimile. La vittima non era infatti un cittadino americano e i principali sospettati (Enrico Forti e Thomas Knott) erano, al momento del fatto, personaggi di basso profilo e fuori da circuiti di potere. (…)
Nel corso degli anni abbiamo parlato con gli investigatori del Miami Police Department e di altri reparti di Miami che hanno lavorato al processo Forti, abbiamo consultato i giornali dell’epoca, abbiamo acquisito e studiato approfonditamente gli atti originali del processo, abbiamo effettuato viaggi a Miami per studiare i luoghi collegati all’omicidio, abbiamo intervistato in Florida, in Spagna e in Australia persone in grado di fornire informazioni e abbiamo chiesto consulenze a esperti di ambito criminalistico e tecnico-investigativo. Abbiamo anche studiato approfonditamente quasi tutto il materiale “innocentista” che nel tempo è stato pubblicato, libri, articoli, trasmissioni televisive, filmati youtube, ecc. (…)
Che Enrico Forti abbia tentato di tutto in questi anni per tornare in Italia è una cosa abbastanza logica e naturale, atteso che il regime carcerario statunitense è senza dubbio più rigido di quello italiano. Ma che abbia tentato di passare come un innocente è un insulto all’intelligenza degli italiani. Certamente, come già detto, le informazioni che l’opinione pubblica italiana ha avuto a disposizione provengono quasi esclusivamente dai documenti rilasciati dai suoi difensori e consulenti, opportunamente “purgati” da tutto ciò che avrebbe potuto far propendere invece per la colpevolezza del loro assistito.
Forti però è colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio. (…) Forti aveva un fortissimo movente (visto che la vittima stava per rovinargli un business per lui fondamentale). Forti è stato l’ultimo a vedere in vita la vittima (visto che è andato a prenderla all’aeroporto), Forti era con la vittima sulla scena del crimine nell’orario in cui si è consumato il delitto, Forti aveva acquistato con la sua carta di credito una pistola dello stesso tipo e calibro di quella con cui è stato compiuto l’omicidio (pistola poi guarda caso misteriosamente sparita), Forti ha tentato di costruirsi un alibi, falsificando documenti, mentendo e tentando di addossare la colpa a un truffatore (Thomas Knott) suo conoscente, Forti ha mentito numerose volte alla Polizia e si è tradito più e più volte durante il processo e in seguito durante le numerose interviste che ha rilasciato (…). Insomma, qualsiasi giuria popolare del mondo lo avrebbe ritenuto colpevole. E questo è avvenuto, dopo un regolare processo durato 16 mesi di istruttoria e 18 udienze e quindi più a lungo rispetto agli standard americani e dove l’assassino aveva a disposizione due tra i più validi avvocati di Miami, pagati all’epoca più di 500 milioni di lire. (…)
I media italiani hanno inoltre preannunciato che ora che è avvenuto il rientro in Italia di Enrico Forti, saranno presto applicate delle misure alternative alla detenzione come gli arresti domiciliari, la semilibertà e i permessi premio. (…). Forti ha lasciato intendere di aver avuto già delle proposte per entrare in politica. Tutto ciò nell’assoluto disprezzo anche di quanto indicato dall’attuale Attorney general di Miami, Katherine Fernandez Rundle, Procuratore molto equilibrata e preparata professionalmente, di fede democratica e su posizioni garantiste che ha dichiarato all’Herald Tribune di essere assolutamente contraria al trasferimento di Forti in Italia (…).
Ma quello che ha veramente generato in noi numerose perplessità è il fatto che diversi politici italiani abbiano espresso pubblicamente nel corso degli anni la convinzione che Enrico Forti sia innocente basandosi esclusivamente sulle informazioni messe in circolazione dalla difesa (…). I governi italiani che si sono succeduti nel tempo non hanno richiesto il fascicolo processuale all’Attorney general di Miami, Katherine Fernandez Rundle, che si era resa disponibile (…). Questo, a nostro avviso, non è accettabile poiché getta un’ombra di scarsa serietà sul nostro Paese (…). Qualche maligno ha intravisto nelle migliaia di persone che (irretite dai media) sono presenti nei gruppi di sostegno a Enrico Forti un interessante bacino elettorale, e questo troverebbe conferma anche nel fatto che per gli altri 67 italiani (…) detenuti in carceri americane non è stata fatta nessuna richiesta di estradizione. (…)