Nel giorno in cui il Giornale accusa Marco Travaglio di fare le pulci a tutti (vero) ma anche di avere il record di condanne per diffamazione (falso), a perdere un’altra volta in Tribunale è proprio il suo direttore Alessandro Sallusti: aveva chiesto i danni per un editoriale del 2018 (“Sallusti, che fare?”) proprio al direttore del Fatto Quotidiano. Ma per il giudice di Roma “la descrizione caricaturale quale fedele cagnolino di Silvio Berlusconi non è offensiva perché strumentale a rappresentare criticamente la scarsa indipendenza di pensiero nello svolgimento dell’attività giornalistica da parte del direttore del Giornale”.
Nel 2011 a Sallusti era andata persino peggio: i giudici della Cassazione avevano confermato la sentenza della Corte di appello di Milano (che gli aveva inflitto una pena di 14 mesi di carcere, senza la sospensione condizionale) vista la sua “spiccata capacità a delinquere” oltre che la gravità del fatto e del danno. Quale? Era successo che nel 2007, in un articolo vergato con lo pseudonimo ‘Dreyfus’ sul quotidiano Libero di cui all’epoca era direttore, il giudice tutelare torinese Cocilovo era stato accusato falsamente di aver costretto una ragazzina di 13 anni ad abortire contro la sua volontà. E invece di scusarsi e rettificare la notizia, Sallusti aveva rilanciato con il solito refrain della casa sull’uso politico della giustizia. Risultato: nel 2012 la Cassazione aveva confermato la condanna anche se la galera venne poi (fortunatamente) scansata: il suo avvocato Ignazio La Russa aveva infatti inoltrato richiesta di grazia a Giorgio Napolitano che aveva poi commutato la pena in una ammenda di 15 mila 325 euro.
Ma veniamo all’oggi, anzi ieri. La giudice Antonella Di Tullio ha condannato Sallusti a rimborsare le spese di lite (14.103 euro oltre accessori di legge) perché il direttore del Fatto Quotidiano non lo ha diffamato per quell’articolo di cui si era risentito: “Esercita lecitamente al contempo il diritto di satira e di critica colui che ironizza anche pesantemente su un soggetto di pubblico interesse”, ha scritto la giudice di prime cure a proposito dell’editoriale di Travaglio che aveva preso spunto dal mutato atteggiamento di Alessandro Sallusti nei confronti delle idee di Claudio Borghi (la Lega aveva nel frattanto deciso di divorziare dal centrodestra per entrare al governo), per criticarne più generale l’obbedienza alla volontà di Berlusconi. “Nell’articolo in esame – si legge nella sentenza del Tribunale di Roma – non si scredita l’attore (Sallusti, ndr) come persona (…), ma si critica sarcasticamente la scarsa indipendenza di pensiero manifestata dal direttore del Giornale fondato da Indro Montanelli, noto per le sue opinioni critiche e irriverenti nei confronti della politica e della società”.
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Il testo della sentenza