Sarebbe davvero bizzarro se il primo ministro del governo Meloni a cadere, fra tutti quelli che dovrebbero esserne già usciti o non avrebbero dovuto proprio entrarci, fosse Gennaro Sangiuliano. Non siamo, com’è noto, suoi ammiratori. Ma, al netto di gaffe agghiaccianti e provvedimenti perniciosi (l’ultimo, quello sul tax credit, rischia di affossare l’intero comparto cinema), non possiamo certo dire che sia il peggiore. Né che sia un poco di buono: ha le sue idee, che non sono le nostre, ma prima di toccare vette inarrivabili tipo Santanchè, Lollobrigida, Salvini, Nordio&C., deve farne di strada. Però deve valutare seriamente se lasciare il ministero della Cultura. Non per avere frequentato platealmente Maria Rosaria Boccia da Pompei fino al punto di perdere il controllo di lei e di sé e di arrivare a un passo dal nominarla consigliera (gratuita, pare) del ministero per i grandi eventi: questi sono fatti suoi, almeno finché non si dimostrerà che l’ha messa a parte di segreti di Stato o di dati sensibili per la sicurezza nazionale (ma al ministero della Cultura ne circolano pochi) o che ha speso denaro pubblico per ospitarla nelle comuni trasferte (ma questo lui lo nega e non è stato smentito: se lo fosse, trascinerebbe nella sua bugia la premier Meloni, che l’altra sera in tv l’ha negato). No, ciò che dovrebbe far riflettere Sangiuliano è un aspetto che soltanto lui, oltre all’esuberante signora, può conoscere: che cosa sa Rosaria Boccia in più del B-movie che sta postando a rate sui social con l’aria spavalda di chi tiene in pugno lui e non solo lui?
A pagina 4 raccontiamo che la “influencer culturale” s’aggirava da mesi in Parlamento filmando tutto e tutti, anche dove è proibito, con occhiali Ray-Ban muniti di telecamera. Una piccola parte di quei video sono già usciti nelle storie Instagram della donna: ma gli altri? Ci sono filmati o foto che rendono Sangiuliano ricattabile, perché ritraggono comportamenti non consoni a un ministro o che il ministro non potrebbe spiegare o difendere pubblicamente? Ci sono editori, magari vicini a partiti di governo, in possesso di immagini compromettenti? Il dilemma è tutto qui e riguarda la condizionabilità del personaggio pubblico, non certo i suoi legami privati. Lo dicemmo per le foto di Sircana, portavoce di Prodi, per il video di Marrazzo con trans e coca, e a maggior ragione, anzi all’infinita potenza, per B., circondato per anni da battaglioni di Papi Girl, anche minorenni, di cui talvolta ignorava pure il nome. Mentre sceglieva i ministri e Silvio Berlusconi faceva allusioni su Andrea Giambruno (“Il suo uomo è un mio dipendente”) per forzarle la mano su giustizia e tv, Giorgia Meloni tagliò corto: “Io non sono ricattabile”. Sangiuliano può dire altrettanto?