Non so a voi, ma a chi scrive il dibattito Renzi sì/Renzi no sembra una sinistra sit com. Una commedia – delle parti e degli equivoci – che in un attimo si fa tragedia. Commedia delle parti: l’ex premier usa la politica come un monopattino per spostarsi dove gli conviene e l’ha fatto così tante volte e in maniera tanto spregiudicata che è davvero incredibile che ancora qualcuno gli dia retta. Degli equivoci: se Renzi di sinistra è una barzelletta, il Pd di sinistra è un malinteso che andrebbe chiarito una volta per tutte. Anche per smettere di campare sulle spalle (e turlupinare) i famosi vecchi militanti, ancora affezionati al rosso di una bandiera che oggi non è manco rosa cipria. La tragedia invece è che tutta l’operazione ruota attorno al verbo vincere. Il figliol prodigo viene ri-accolto perché “senza di lui non si vince”. Cosa, tra l’altro, non vera.
Come avete letto ieri, il sondaggio commissionato dal nostro giornale a Cluster17 parla chiaro: il 59% dei votanti di centrosinistra non sceglierebbe il campo largo con Iv (il 37% del Pd, il 63% di Avs, e l’82% dei 5S). Renzi è percepito (ma dai?) come un politico inaffidabile: alla domanda se, una volta a bordo, il segretario scissionista resterà nell’alleanza, il 50% si dice convinto che la lascerà, contro un 6% di fiduciosi (forse distratti) e il 44% di indecisi. Il 47% (56% Avs, 32% Pd e 54% M5S) pensa che Renzi “porterebbe l’alleanza più a destra” contro l’1% soltanto che la vede più a sinistra.
Voi direte, i sondaggi sono stelle cadenti a cui non si possono che affidare desideri. È vero, ma qui contestiamo soprattutto l’assunto del vincere a qualunque condizione. Abbiamo amici, e autorevoli colleghi, che ritengono fondamentale battere le destre, costi quel che costi. Il che significa chiedere ai cittadini di turarsi il naso, e per l’ennesima volta: c’è sempre un pericolo da sventare. Ai tempi di Berlusconi nulla ci sembrava peggio del conflitto d’interessi, ora nulla sembra peggio dei post fascisti. E siccome non c’è limite al peggio, dopo ci sarà un Björn Höcke (il leader di AfD in Turingia, che ama citare i motti delle Sa).
Ma la favola di Pierino e il lupo la conosciamo bene: il rischio è che l’appello per salvare la democrazia, come spiega il nostro sondaggio, sia assai poco efficace se non controproducente. In Francia ha funzionato come argine, ma a due mesi dalle elezioni non c’è un primo ministro [giovedì la nomina di Michel Barnier, ndr]. L’ammucchiata non è una strategia di lungo termine, senza dire che l’ossessione governista è la voragine che ha progressivamente svuotato di ideali la sinistra.
Dalla Festa dell’Unità di Ferrara la segretaria Pd Elly Schlein dice “Non abbiamo la pretesa di essere autosufficienti”. E poi (sedetevi): “Il nostro obiettivo è costruire l’alternativa in un dialogo costante con chi pensa di voler buttar giù il prima possibile il governo più di destra della storia repubblicana. E l’alternativa si costruisce sulle proposte concrete: nelle prossime settimane proporrò l’introduzione del congedo paritario di cinque mesi per i padri come per le madri”. Non vogliamo assolutamente sminuire l’importanza del congedo parentale (davvero), però pensiamo che prima di questo ci sia molto altro da dire e da sapere: sanità, istruzione, lavoro per cominciare.
Sappiamo bene cosa ne pensa Matteo Renzi perché l’abbiamo visto governare a suon di buona scuola e jobs act. Il Pd di Elly è d’accordo? Noi speriamo di no, ma allora perché pensare a un’alleanza che guadagnerebbe percentuali da prefisso telefonico, mettendo in fuga ben più persone con la prospettiva di essere costantemente sotto schiaffo? E poi, restando alle favole, Schlein l’ha letta quella della rana e lo scorpione?