Hurrà! Dopo aver “salvato l’Europa” con il suo famoso Whatever it takes (era il 2012), ecco Mario Draghi che ri-salva l’Europa – di nuovo! – con il suo piano dell’altro giorno, secondo cui per riprendere in mano le sorti di un continente in declino bisognerebbe spendere (a debito) 800 miliardi all’anno, migliorando investimenti, produttività, concorrenza, armamenti, transizione ecologica, insomma tutto quanto (tranne il welfare, pare di capire). Vaste programme, avrebbe detto De Gaulle e, in effetti, in teoria, se stessimo giocando a Risiko, non sarebbe male: fare dell’Europa una terza potenza globale che contrasti lo strapotere conclamato degli Usa e lo strapotere imminente della Cina. Bello.
Peccato che, anche detta così, l’ipotesi sia un po’ fantascientifica, per vari motivi. Per esempio creare un debito comune europeo con paesi molto indebitati e altri molto molto meno indebitati non sarà facile: provate voi a uscire sul pianerottolo e bussare al vicino virtuoso chiedendogli di pagarvi il mutuo, e poi mi dite. Un altro problemino non indifferente è a chi si andrebbe a chiedere di appoggiare questo piano epocale. Già, a chi? A Macron, un leader la cui unica preoccupazione è non far governare chi ha vinto le elezioni in Francia? A Scholz, uno che ha assistito zitto e muto a uno Stato non Ue che gli ha fatto saltare un’infrastruttura come il gasdotto Nord Stream e ha reagito coprendolo di soldi e armi? Se a briscola hai soci così, è meglio fare un solitario.
Ma questo sarebbe niente, perché il convitato di pietra che siede dietro tutto il discorsone di Draghi è un colosso gigantesco, minaccioso e vampiresco, che succhia il sangue dell’Europa da decenni, e si chiama Stati Uniti. Per elencare soltanto qualche elemento innegabile eccone tre. Il dominio sulle tecnologie, ottenuto grazie alla creazione di immensi e invincibili monopoli, capaci di cancellare le imprese tecnologiche europee e persino di bloccare la ricerca pubblica degli Stati europei, uno. La gestione globale dei prezzi dell’energia, il cui ultimo ostacolo era il gas russo a basso costo, problema ora risolto, infatti lo compriamo dagli Usa a tre/quattro volte il prezzo di prima (la Germania ne sa qualcosa), due. E tre, la metto per ultima ma è fondamentale, la finanziarizzazione dell’economia globale, per cui grandissima parte del risparmio europeo va a finire in fondi Usa o controllati dagli Usa, che quindi drenano il risparmio europeo, e con quello finanziano la loro crescita. Lo spiega (meglio di così, ovvio) Alessandro Volpi, che è docente di Storia contemporanea a Pisa e che ha scritto (editore Laterza) I padroni del mondo, ovvero “come i fondi finanziari stanno uccidendo il mercato e la democrazia”.
Nella migliore delle interpretazioni possibili – vedendo il bicchiere pieno fino all’orlo, mentre invece è quasi vuoto – si tratterebbe di dire: i nostri interessi, nostri dell’Europa, non sono comuni a quelli americani, anzi, sono proprio divergenti, quello che va bene a loro non va bene a noi, e viceversa. Ma a chi lo si dice, a chi lo si propone? A un pugno di paesi litigiosi (Draghi incluso, ovviamente) che vanno d’accordo su una cosa sola: la fedeltà atlantica? Che hanno seguito come cagnolini gli Stati Uniti in tutte le avventure belliche (anche disastrose)? Che non riescono a dire una sillaba nemmeno su decine di migliaia di bambini uccisi a Gaza? È questa l’Europa che dovrebbe “fare da sola”? Be’, anche con tutto l’ottimismo possibile, auguroni.