Nell’aquilano

“Troppi cervi”: l’ Abruzzo vuole uccidere 142 Bambi

Delibera - La Regione autorizza il “prelievo selettivo” di 469 capi in totale. I cacciatori pagano secondo il tariffario: 50 euro i cuccioli, 250 un maschio adulto

13 Settembre 2024

Non sono tanti i momenti scolpiti nella memoria collettiva. Devono essere attimi di gioia o dolore così intensi da superare confini e differenze. La morte della mamma di Bambi è uno di questi: il rumore in lontananza di uno sparo e il piccolo che si rende conto di essere solo, solo per sempre. Paul McCartney, l’ex Beatles, ha più volte raccontato di aver compreso che la caccia “non è cool” grazie a quella scena. In Abruzzo, la regione più verde d’Europa, però non la pensano così.

Il presidente della giunta di centrodestra Marco Marsilio, esponente di punta di Fratelli d’Italia, ad agosto ha firmato una delibera che autorizza l’abbattimento di 469 cervi in due aree dell’Aquilano, tra cui 142 “cerbiatti ancora legati alle madri” (sostiene la Lav). Nel documento regionale, in perfetto burocratese, viene definito “prelievo selettivo” e sarà attivo dal 14 ottobre al 15 marzo 2025. Una scelta motivata “dai dati sul monitoraggio delle popolazioni dei cervidi” da cui emerge “la presenza di un numero di capi più del doppio rispetto a quello del 2018, in termini assoluti”.

Numeri che inciderebbero con “impatti causati alle attività antropiche, in termini di danni alle colture e incidenti stradali per collisione da parte di cervidi con veicoli”. Solo cacciatori abilitati per “gestire gli animali presenti entro livelli compatibili di equilibrio con le altre componenti biologiche ed antropiche” e per “garantire il rispetto del principio della conservazione della specie”.

Cacciatori a cui viene concesso un ampio ventaglio di opzioni su cui sparare: baby cervi di pochi mesi o più, giovani e adulti dai 2 anni, in caso di femmine, o dai 5 anni in su in caso di maschi. Per ogni Bambi ucciso c’è un “premio” da pagare all’Ambito territoriale di caccia di riferimento, un Ente privato di cacciatori: 50 euro per i cuccioli, 100 euro per ogni tipo di femmina, 150 euro per i giovani maschi e 250 euro per i maschi adulti. Le tariffe valgono solo per gli abruzzesi, per i non residenti si raddoppia.

La petizione lanciata su Change.org dal Wwf Abruzzo ha già superato le 100 mila firme e per il 15 settembre è previsto un sit-in che si annuncia molto partecipato: “Una scelta scellerata e dannosa, una decisione che lascia attoniti: per accontentare un piccolo gruppo di cacciatori, verso i quali presidente e vicepresidente della Regione Abruzzo manifestano una sempre maggiore sudditanza, si tradisce un modello di educazione ambientale e di tutela della biodiversità faticosamente delineato negli anni”. Insieme al Wwf sono decine le associazioni, ambientaliste e non, operatori turistici, semplici cittadini che stanno chiedendo un ripensamento a Marsilio, uno dei fondatori del partito alla guida del governo.

Un partito che non ha mai fatto mistero di amare le armi e i cacciatori. Il 28 dicembre 2023 fece un certo scalpore la presentazione di una proposta, targata FdI ça va sans dire, che autorizzerebbe anche i 16enni a utilizzare doppiette per la caccia. Nemmeno 24 ore e il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, fa ritirare la proposta “mai concordata con il governo”. Lo stesso Marsilio pochi mesi prima delle scorse elezioni regionali stanziò 115 mila euro a Federcaccia per “l’acquisto e la ristrutturazione di una sede e di veicoli per vigilanza”.

Ieri mattina sono cominciate le audizioni, in commissione Agricoltura, dei vari soggetti interessati. In tanti contestano la mancanza di una visione alternativa. A partire dai politici, come la consigliera regionale M5S, Erika Alessandrini: “La Regione darà il via a una mattanza di cervi senza avere agito preventivamente per evitarla. Nessuna idea rispetto al loro trasferimento o sterilizzazione, nessun confronto sulla possibilità di creare percorsi ed attraversamenti dedicati, nessuna volontà di realizzare aree cuscinetto a protezione delle coltivazioni, magari all’interno delle aree parco dove vivono, per evitare i loro spostamenti in zone esterne”.

I cervi in Abruzzo sono tornati grazie a reintroduzioni mirate solo alla fine degli anni Settanta. Possibile che in così pochi decenni la situazione sia già fuori controllo? Secondo l’Enpa (Ente nazionale per la protezione degli animali) 20 anni di abbattimenti “selettivi” dimostrano il fallimento di queste misure. Critica anche Forza Italia, che è in Giunta con Marsilio, ma tramite il proprio coordinatore regionale, nonché deputato e presidente della prima commissione Affari costituzionali della Camera, Nazario Pagano contesta la scelta: “Sono fermamente contrario alla decisione. Il cervo come l’orso marsicano è diventato un simbolo della nostra regione”.

Sul tema anche Filberto Zaratti, Avs, ha presentato recentemente un’interrogazione al ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin. Ma ancora nessuna risposta.

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