Sentite: ‘sta ‘ndrangheta rompe davvero. Ma proprio davvero. Almeno a noi milanesi che non abbiamo voglia di inchinarci all’invasore. Ci sta rovinando tutto. Dai nostri patrimoni più “basici”, ad esempio i marciapiedi, a quelli più alati, i sogni della nostra infanzia, ad esempio il calcio e San Siro. Ma che cosa aspettiamo a indicarle tutti insieme l’uscita e dirle, con garbo si intende, “prego si accomodi, Ambrogio accompagni i signori alla porta”? Non se ne può più. Di lei e dei Rodomonte da strapazzo, dei duri che sono molli. Come chi disse un giorno, e da mille giorni ripete, “padroni a casa nostra”. Ricordate? Ecco, ora costui alzi i glutei e faccia rispettare il santo principio. E se lo fa lo applaudiamo.
Si leggono le cronache milanesi e si resta sbalorditi dalla massa immensa di fanigottoni (in milanese “fannulloni”) che fanno e disfano, che grondano soldi odoranti di droga e vorrebbero comandare nel calcio, nella movida, nella musica e magari anche in politica. Tutti senza arte né parte, tutti senza mestiere, ma con viaggi d’oro nei week end, con auto da sballo (ma più che altro da psicotici), con guardaspalle, capi di polizie private, pettinati come talpe, fedeltà granitiche da “mamì mamì mamì” che si sbriciolano al primo interrogatorio serio. Tutti riuniti cinguettanti intorno a ogni ‘ndranghetista che arriva, anche quando lo uccidono il giorno dopo che ci hanno giocato insieme a pallone.
E Milano dovrebbe stare ai piedi di questa fauna tatuata e sgarrupata, un po’ scamiciata un po’ in smoking, tra biglietti, parcheggi, bar, commercianti, paninari? Signori Rodomonte, duri che siete molli, ora tocca anche a voi. Voi che vi proclamate più lombardi di tutti, dimostrate ora di avere a cuore la Lombardia almeno quanto i lombardi che partirono con Garibaldi (l’avrete pur letto sul sussidiario che c’erano molti lombardi, vero?). E magari, nella fregola di punire e di inventare nuovi reati, metteteci pure – sissignori – i reati di “distruzione abusiva di sogni altrui” e di “danneggiamento doloso della reputazione della propria città”, che è poi quasi un alto tradimento, per il quale in genere sono previste pene che possono andare fino alla fucilazione.
E poi introducete il reato, gravissimo perché l’Alzheimer è cosa grave per un individuo figurarsi per una società, di “cancellazione della memoria”. Sono vent’anni, almeno vent’anni – tutto dimenticato? – che la teppaglia paramafiosa e ora “mafiosa doc” infesta il calcio. Con tanto di morti, di feriti, di accoltellamenti, di porti abusivi d’armi, di rapine, di intimidazioni e di estorsioni mai visti da nessuno, perché il calcio, quello criminale, non si tocca. Quante omertà e amnesie, quante codardie, quante ipocrisie, di anni e decenni, dietro questo disastro infame. Come liberarcene? Ancora con le carte etiche? Ennò, non siamo fessi.
Suggerisco invece una bella guerra di liberazione, senza quartiere, che spazzi via i Lord Protector, compresi i politici da fotografia o i condottieri fifoni che alla teppaglia dicono anche a chi porteranno le loro richieste. Così da offrire teste (altrui) sul vassoio. E con una spettacolosa battaglia campale. Un grande sciopero generale dei tifosi, uno stadio bello vuoto, salva una piccola canea berciante, altro che fare sentire “l’incoraggiamento alla squadra del cuore”.
Davvero hanno paura della ‘ndrangheta che non va in curva, invece di esserne felici? E allora non ci vada nessuno, e forse faranno un po’ più paura i famosi “centomila di San Siro”, che pur ci furono, contro mille teppisti (non paganti). Perché i marciapiedi ormai non si potranno rifare più (visti gli allagamenti dei giorni scorsi?), ci resterà il ricordo di quelli di mezzo secolo fa. I duri che sono molli continueranno ad amare il dolce far niente. Ma le curve si possono liberare. Oh, se si possono liberare.