LIBANO, AL JAZEERA: “40 MEZZI DI ISRAELE VICINO A BASE ONU”. UNIFIL: “CAMPAGNA MILITARE CON EFFETTO UMANITARIO CATASTROFICO”. In attesa della risposta israeliana ai missili iraniani della settimana scorsa, l’Idf prosegue la campagna militare contro Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza. Sul fronte di Beirut, Hezbollah ieri aveva accusato Tel Aviv di usare i militari di Unifil “come scudi umani“. Oggi, stando all’emittente Al Jazeera, fotografie satellitari testimoniano 40 veicoli militari attorno al quartier generale della missione di pace Onu, a Maroun al-Ras, nel sud del Libano. Su X, Tajani ha rassicurato dopo un colloquio con l’omologo israeliano Israel katz: “Massima tutela al contingente Unifil”. Intanto, l’esercito di Tel Aviv ha avviato un’operazione terrestre nel sud-ovest del Libano con 4 divisioni, inclusa una di riservisti. In tutto, circa 15 mila soldati. L’Idf ha annunciato l’uccisione a Beirut di Suhail Hussein Husseini, comandante di Hezbollah fondamentale per il rifornimento delle armi. Sulla capitale libanese, in mattinata, gli attacchi dell’aeronautica sono proseguiti. A Beirut, secondo il ministro della Difesa israeliano Gallant, “probabilmente” ha perso la vita – nei raid della scorsa settmana – Hashem Safieddine, possibile erede di Hassan Nasrallah alla guida del partito di Dio. Hezbollah ha risposto con i razzi sparati verso una base dell’intelligence a Tel Aviv. Nella notte, la milizia aveva attaccato con razzi e missili le truppe israeliane a Shlomi, Hanita e Marj, nel nord di Israele (nessuna vittima). La diplomazia appare debole: Joe Biden – secondo Cnn – avrebbe abbandonato le speranze di una tregua per provare a “moderare” la campagna militare israeliana. Intanto, il numero due di Hezbollah, Naim Qassem, ha dichiarato di sostenere un cessate il fuoco con Israele. Alla Bbc, il sindaco di Beirut Abdallah Darwich ha ammesso che “non ci sono posti al sicuro”, perché nessuno conosce gli obiettivi di Tel Aviv. Secondo Unifili, “l’impatto umanitario dell’azione di Israele è catastrofico”. Sullo sfondo c’è l’Iran. Secondo il New York Times, Tel Aviv non dovrebbe colpire siti nucleari, concentrandosi sulle basi militari o su obiettivi di intelligence. Sul Fatto di domani, i nuovi sviluppi sul campo e sul fronte diplomatico.
CORTE COSTITUZIONALE, MELONI FALLISCE IL BLITZ PER ELEGGERE IL SUO CONSIGLIERE: SCHEDA BIANCA DELLE DESTRE, OPPOSIZIONI DISERTANO IL VOTO. Fumata nera, per l’ottava volta. Il Parlamento in seduta comune, riunito a Montecitorio, neppure stavolta è riuscito a eleggere il nuovo componente della Corte costituzionale, per sostituire la presidente Silvana Sciarra (dimessasi nel novembre 2023). Giorgia Meloni le aveva provate tutte per portare a casa la nomina di Francesco Saverio Marini, suo consulente giuridico che ha collaborato alla stesura del testo sul premierato. Precettati i parlamentari, obbligo di annullare missioni e impegni per non far mancare neppure un voto. Il Fatto quotidiano, con lo scoop di Giacomo Salvini sugli sfoghi della premier nella chat di Fratelli d’Italia, ha già raccontato il clima da caccia alla talpa nel primo partito italiano, mentre la premier cercava di serrare i ranghi. Ma non è servito a nulla. Per eleggere un giudice alla Consulta serve la maggioranza qualificata dei due terzi degli eletti: ovvero 363 voti. La maggioranza conta 358 parlamentari, cui si aggiungono Mariastella Gelmini, Mara Carfagna e Giusy Versace: il terzetto passato da Azione alla maggioranza. Poi ci sono – sulla carta – i voti dei centristi Lorenzo Cesa e Antonino Minardo, senza dimenticare i 4 eletti dell’Svp, il partito autonomista del Trentino sovente in accordo con le destre. Ma alla fine, evidentemente, il pallottoliere non offriva certezze e per non rischiare la figuraccia, l’ordine di scuderia nella maggioranza è stato di lasciare la scheda bianca. Le opposizioni, compatte – Pd, M5s, Italia Viva, Azione, Avs – sono rimaste in Aula senza ritirare la scheda, per non partecipare al voto. Schlein ha accusato Meloni di aver sempre evitato il dialogo per scegliere un nome condiviso con il centrosinistra. Salvini ha risposto che il Pd “direbbe No anche a Madre Teresa di Calcutta”. Sul Fatto di domani la cronaca e i retroscena dell’elezione mancata. Mentre la Corte costituzionale resta nel mirino delle destre.
GIUSTIZIA, UN GOVERNO PER L’IMPUNITÀ: DOMANI AL SENATO ARRIVA IL DDL ZANETTIN CON LO STOP ALLE INTERCETTAZIONI DOPO 45 GIORNI. Domani, al Senato, inizia la discussione sul disegno di legge Zanettin: un taglio drastico alla durata delle intercettazioni durante le indagini. La misura prevede lo stop agli ascolti dei magistrati dopo 45 giorni per tutti i reati, tranne quelli associativi: potranno proseguire solo nel caso in cui “l’assoluta indispensabilità sia giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti”. Oggi invece le intercettazioni possono essere prorogate senza limiti dal gip, su richiesta del pm, per periodi successivi di 15 giorni. La tagliola imposta dal governo è giudicata come un ostacolo alle indagini da molti magistrati. Secondo il procuratore di Tivoli, Francesco Menditto, la misura indebolisce la lotta ai reati contro la pubblica amministrazione ma anche contro quelli comuni: sequestri, violenze, usura, omicidi, spaccio di droga. Sul Fatto di oggi, il magistrato antimafia Nino Di Matteo ha lanciato un altro allarme: anche la battaglia ai clan ne uscirebbe indebolita, perché le mafie prediligono la corruzione alla lupara. Il limite dei 45 giorni per le intercettazioni include anche la corruzione: un termine che, secondo Di Matteo, “pregiudica ogni possibilità di arrivare a una investigazione efficace”. Il provvedimento è solo l’ultima mossa verso l’impunità: con la riforma Nordio è già stato abolito l’abuso d’ufficio, limitato il traffico d’influenze, introdotto l’interrogatorio 5 giorni prima dell’arresto. Sul Fatto di oggi vi abbiamo raccontato i dubbi di palazzo Chigi, con il timore di sbiadire la reputazione legalitaria della premier e del governo. Il ministro Nordio, intanto, conferma la sua vena di garantista a oltranza, invitando i ministri Salvini e Santanché a restare al loro posto: “Non dovrebbero dimettersi fino a quando non ci sarà una sentenza di condanna definitiva, altrimenti devolveremo alla magistratura il potere di eliminare una carica legittimata dal voto popolare e questo non è ragionevole”. Sul Fatto di domani, approfondiremo il ddl Zanettin e la linea delle destre per l’impunità.
LE ALTRE NOTIZIE
Troupe del Tg3 aggredita in Libano: l’autista muore di infarto. L’inviata Lucia Goracci e l’operatore Marco Nicois sono stati aggrediti in un villaggio vicino a Sidone. Prima un uomo armato e poi un gruppo di persone si sono avvicinate e hanno cominciato a minacciare i cronisti: l’autista Ahmad Akil Hamzeh, 55enne originario del posto e da anni collaboratore della Rai, ha avuto un malore ed è morto nonostante il massaggio cardiaco. A raccontarlo è stata la stessa Goracci con un audio, trasmesso nel corso dell’edizione delle 12 del telegiornale.
Autostrade per l’Italia, 7 indagati: inchiesta sui ricavi dei pedaggi destinati alla manutenzione. Falso in bilancio, aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza e manipolazione del mercato. Sono questi i reati contestati dalla procura di Roma, stando alle ricostruzioni di Repubblica: tra gli indagati ci sarebbero l’amministratore delegato Roberto Tomasi e l’ex ad Giovanni Castellucci. Gli inquirenti vogliono accendere un faro su oltre 500 milioni di euro per la manutenzione e la realizzazione di opere autostradali che sarebbero stati allocati in modo non corretto.
Rapporto Gimbe, baratro sanità: fondi scarsi, medici in fuga, pochi infermieri. Risultato: chi può fugge verso il privato (+10,3%), 4,5 milioni rinunciano a curarsi. Sono solo alcuni dei molti dati allarmanti riportati dal 7° Rapporto Gimbe sul servizio sanitario. Il documento, presentato a Roma, ha l’obiettivo di sensibilizzare i decisori politici, all’alba della Legge di Bilancio, sulla necessità di rimettere la sanità al centro del dibattito pubblico e dell’agenda di governo. “Dati, narrative e sondaggi di popolazione dimostrano che oggi la vera emergenza del Paese è la salvaguardia della sanità pubblica”, ha dichiarato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.
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Emergenza e pronto soccorso, il medico Daniele Coen: “Dobbiamo prepararci alle conseguenze del cambiamento climatico”
di Elisabetta Ambrosi
“I disastri accadono, perché non tutti possono essere prevenuti, specie in epoca di guerre, terrorismo e cambiamenti climatici. Da questo punto di vista il Pronto Soccorso è un importante punto di osservazione. Si tratta di un microcosmo che vive problemi organizzativi simili a quelli delle altre istituzioni che hanno la responsabilità di prevenire disastri e di rispondervi quando succedono e una programmazione adeguata della risposta agli eventi catastrofici può ridurre di molto il numero delle vittime”. Daniele Coen, medico d’urgenza, è stato per 15 anni direttore del Pronto Soccorso dell’Ospedale Niguarda di Milano.