Sono sindaco di Napoli da tre anni. Ho letto con interesse la riflessione della vicedirettrice Maddalena Oliva sulla questione giovanile pubblicata sul Fatto. Tra i momenti umanamente più difficili del mio mandato, vi sono certamente l’incontro con i genitori di Francesco Pio e Giogiò, oltre al crollo del ballatoio alle Vele di Scampia. La morte di questi giovani figli di Napoli ha aperto una ferita profonda nella città e soprattutto provocato un dolore inconsolabile. Quello di chi li ha messi al mondo. E da genitore, prima ancora che da sindaco, dico che la disperazione di un genitore non ammette repliche: ti ricorda il valore straordinario della vita che non può essere spezzata da chi reagisce sparando per una scarpa sporcata.
La violenza va sempre condannata, quando è mossa da futili motivi lascia ancora più sgomenti. L’isolamento alimentato dalla pandemia ha probabilmente esasperato le patologie già esistenti nelle giovani generazioni lasciate in contesti di degrado, emarginazione o illegalità. La foto apparsa che vede insieme i due assassini di Francesco Pio e di Santo con il figlio di un boss fa capire che la cultura camorristica ancora attrae i giovanissimi. Dinanzi a tale emergenza sociale, abbiamo il dovere di porci i necessari quesiti e provare a dare le necessarie risposte.
A Napoli, non ci giriamo dall’altra parte. Non restiamo indifferenti. Costruiamo una rete faticosamente, i cui primi fili si intravedono. Al cospetto di questi tragici omicidi, la reazione della città è stata molto forte. Nessuno vuole propagandare una realtà che non esiste. Non appartiene al mio stile. La politica è chiamata a creare le condizioni favorevoli per lo sviluppo sociale di una comunità. Come amministrazione comunale stiamo cercando di far parlare i fatti, dopo tante parole che non hanno inciso davvero nei processi di cambiamento della città. Sin da quando mi sono insediato ho chiesto al governo un numero maggiore di forze dell’ordine, soprattutto per coprire gli orari notturni. Seppur lentamente rispetto alle tante esigenze, le risposte stanno arrivando. Più asili nido, più educatori, più assistenti sociali, più campetti in periferia. Sono nate collaborazioni con realtà associative e imprenditoriali per avviare sperimentazioni di partenariato pubblico-privato finalizzato alla rigenerazione urbana e alla lotta al disagio. Il campetto a Secondigliano donato dalla Fondazione del Fatto. Il progetto in piazza Garibaldi ma anche al Borgo S.Antonio Abate, tramite il virtuoso sostegno di fondazioni sociali e private. E tanti altri in tutti i quartieri della città, dalla Sanità a Forcella, da San Giovanni a Scampia. Sono questi gli strumenti per prevenire e contrastare la violenza giovanile, offrire opportunità, creare alternative concrete.
È dai bambini che dobbiamo partire, assicurandoci che vadano a scuola, prima che prendano strade sbagliate. Non a caso, pochi mesi dopo l’ingresso a Palazzo S. Giacomo, ho istituito un Tavolo per l’Infanzia. Abbiamo messo insieme scuole, centri educativi, parrocchie, enti del terzo settore, esperti. I numeri segnalano il bisogno storico, ma la lotta alla dispersione scolastica sta dando i primi frutti. Quanto ai minorenni, solo nei primi sei mesi del 2024 ne abbiamo messi in protezione con i servizi sociali 120, nei laboratori di educativa territoriale sono arrivati 2.440. In generale, i dati attestano un impiego dei servizi socio-educativi per circa 5mila minori. Stiamo riqualificando tutti i centri giovanili nei vari quartieri della città, aprendone anche di nuovi come presidio. Altrettanto strategico il reinserimento dei minori in area penale con il progetto ‘Ciao Nisida’ con l’obiettivo di responsabilizzare ed educare il giovane detenuto, attraverso percorsi di sostanziale e concreta inclusione sociale.
Insomma, per quanto di nostra competenza, sono state attivate tante strade utili. Napoli sta crescendo, ritrovando il posto che le spetta a livello nazionale e internazionale, contro la narrazione che ci vuole immobili perché tanto nulla può cambiare. Il disfattismo è il miglior alibi per non far nulla. C’è bisogno di lavoro, di crescita, di opportunità. Il turismo non risolve i problemi sociali né presume di nasconderli, ma contribuisce a portare legalità e occupazione dove non c’erano e la criminalità si arricchiva con l’illegalità diffusa.
La primavera culturale – tra cinema, musica, teatro, sport, innovazione tecnologica – è un dato di fatto che testimonia la vitalità di una città che non solo resiste, ma sa guardare al futuro. Nessuno di noi si accontentata di contemplare il passato o di vivere della bellezza circostante (che pure va scoperta e valorizzata). Stiamo scrivendo una nuova storia, fatta di impegno personale, associativo e istituzionale. Protagonisti di questa storia devono diventare sempre più i ragazzi di Napoli, coloro che decidono di non andare via, chi si prende cura dello spazio pubblico, chi opera per il prossimo come fosse suo figlio. Napoli è una sola. La amiamo per questa sua policromia dai tratti luccicanti e oscuri. Insieme possiamo fare tanta strada, cercando di non lasciare nessuno indietro.