Sybiha insiste: “Fateci entrare”
Berlino. Non ci sarà alcun passo avanti sull’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Ieri e oggi si tiene a Bruxelles il summit dei ministri degli Esteri dell’Alleanza atlantica. Venerdì, in un’intervista a SkyNews, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ribadito che mettere il territorio attualmente controllato dal suo governo “sotto l’ombrello della Nato” fermerebbe la “fase calda” […]
Berlino. Non ci sarà alcun passo avanti sull’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Ieri e oggi si tiene a Bruxelles il summit dei ministri degli Esteri dell’Alleanza atlantica. Venerdì, in un’intervista a SkyNews, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ribadito che mettere il territorio attualmente controllato dal suo governo “sotto l’ombrello della Nato” fermerebbe la “fase calda” della guerra. “Dopo l’amara esperienza del Memorandum di Budapest, non accetteremo alcuna alternativa, surrogato o sostituto della piena adesione dell’Ucraina”, ha aggiunto il ministro degli Esteri Andrii Sybiha, sottolineando come, nel 1994, Kiev acconsentì a cedere le armi nucleari sovietiche in cambio di garanzie sulla sicurezza del Paese, rivelatesi poi irrealizzabili.
“L’Ucraina è parte de facto della comunità transatlantica”, ha dichiarato Sybiha ieri a Bruxelles. La richiesta di adesione di Kiev, come sempre, è stata annotata e ignorata. In questi quasi tre anni di guerra, le resistenze sono cresciute. Usa e Germania non ritengono sia un passo da compiere; per motivi diversi, anche Ungheria, Turchia e Slovacchia si oppongono. L’urgenza, in vista di un possibile ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca è impostare il processo di pace. Anche se il segretario generale dell’Alleanza, Mark Rutte, ha ammonito: “Più aiuti militari e meno discussioni su come sarebbe un processo di pace. Dobbiamo mettere l’Ucraina in una posizione di forza in vista di quelle discussioni”.
Il vero rompicapo è quando iniziare a negoziare. Al momento, la Russia sta avanzando nel Donbass e ha riconquistato circa la metà del territorio occupato dagli ucraini nella regione di Kursk. Diversi analisti ritengono plausibile che, nei primi mesi del 2025, Kiev riceverà armi e munizioni sufficienti per tentare una controffensiva, costringendo Vladimir Putin a negoziare partendo da una posizione meno vantaggiosa. Per il post-conflitto ci sono tre scenari sul tavolo. Il primo, più vicino alle volontà di Zelensky, è il modello tedesco: l’Ucraina verrebbe divisa in due blocchi, come la Germania durante la Guerra fredda. La parte sotto il controllo di Kiev sarebbe accolta nella Nato, garantendo così l’applicazione dell’articolo 5 in caso di un futuro attacco russo. I territori conquistati da Mosca resterebbero esclusi dall’applicazione del trattato, creando una nuova cortina di ferro. Sia il Cremlino sia la Casa Bianca considerano questa l’opzione più pericolosa.
Il secondo scenario vedrebbe l’Ucraina trasformarsi nell’Israele dell’Europa orientale: fuori dalla Nato, ma sostenuta da ingenti aiuti militari provenienti dai Paesi dell’Alleanza. Questa soluzione, però, è estremamente costosa e, di fatto, manterrebbe l’Ucraina in uno stato di guerra permanente. Inoltre, Kiev diverrebbe una potenza militare con capacità superiori a quelle di molti grandi Paesi europei, una prospettiva che non entusiasma i vicini, a partire dalla Polonia, che ha già avviato la corsa per costruire il più grande e potente esercito europeo.
La terza opzione prevede la divisione dell’Ucraina con l’istituzione di una forza internazionale, composta anche da truppe di Stati non membri della Nato, come Cina, India e Paesi del Golfo. Questa ipotesi, plausibilmente, è la più vicina all’approccio di politica estera di Donald Trump: alleati ben finanziati, ma senza obblighi di intervento diretto. In tutti e tre gli scenari, il primo passo è un cessate il fuoco che al momento appare ancora lontano.