Dopo lo stop del Viminale alle key box (le cassettine a combinazione in cui il turista fai-da-te trova le chiavi per entrare nella stanza che ha prenotato online), il dibattito a Firenze sembra essersi fermato alle difficoltà che incontreranno i proprietari di casa a gestire i propri B&B, senza però considerare che, soprattutto in centro, dove sono concentrati oltre l’80% degli affitti brevi dell’intero Comune, raramente i proprietari stessi accolgono i propri ospiti. Da qualche anno, ormai, è sorta infatti in città la figura del checkinista (detto “intermediario” o, addirittura, “check-in specialist”). Il rapido diffondersi di piattaforme come Airbnb ha generato infatti un sistema piramidale di nuovi mestieri precari legati alle case messe a rendita come B&B: ci sono gli addetti alle pulizie, alla manutenzione e, appunto, ai check-in. La portata del fenomeno è difficile da monitorare: il dato stesso sul numero delle locazioni turistiche brevi in città, che sfiora quota 18 mila “non è realistico, essendo legato solo a chi paga la tassa di soggiorno”, come fa notare il direttore delle Attività economiche e Turismo di Firenze, Valerio Cantafio Casamaggi. Inoltre, a fianco di chi svolge queste attività regolarmente, per lo più con partita Iva, c’è un grande numero di lavoratori irregolari o il cui contratto non viene rispettato, che fluttua a seconda delle stagioni turistiche. I checkinisti vengono reclutati in modo informale, tramite passaparola, sia da privati che dalle agenzie.
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È un’occupazione usuale per i giovani: sono spesso studenti che conoscono la città e parlano inglese, alla ricerca di un lavoretto per arrotondare, che sia abbastanza flessibile da adattarsi agli impegni universitari o ad altri lavori. La stessa flessibilità viene applicata però a retribuzione e mansioni: in genere, vengono pagati a prestazione, con una media che varia dai 10 ai 20 euro a check-in. “L’ho fatto fino al 2021 e prendevo tre euro a persona, ovvero i soldi che gli ospiti mi davano per la tassa di soggiorno, che quindi non veniva versata”, racconta un ex addetto. Uno dei problemi della paga a prestazione è che non tiene conto dei frequenti ritardi degli ospiti, tranne in alcuni casi in cui si decide di corrispondere un “bonus” agli intermediari, soprattutto se il ritardo è notturno. Non viene riconosciuto nemmeno il “lavoro extra”, come la comunicazione con gli ospiti durante il soggiorno. “Che sia per chiedere consigli o per avere informazioni sull’appartamento e lamentare eventuali problematiche, li sento più volte al giorno”, ci racconta un’altra checkinista che si occupa di 10 appartamenti. Non solo: “Succede che l’addetto alle pulizie si dimentichi qualcosa e finisca per occuparmene io, non posso mostrare la cucina agli ospiti se è sporca, ma non voglio neanche fare la spia, perché lui sta peggio di me”. Viene da sé che gli addetti alle pulizie siano sottoposti a ritmi ancora più serrati e, probabilmente, a retribuzioni ancora più basse, dato che, come ci raccontano gli intervistati, sono per lo più persone immigrate, Pakistan e Bangladesh la prevalenza, che a malapena parlano la lingua.
Insomma, il sistema è ancora lontano dall’essere regolamentato: sarebbe opportuno fotografare che in una delle capitali mondiali dell’arte, i giovani si stanno mantenendo con le briciole di quei pochi che lucrano sulla rendita. Nel 20236, secondo il portale Host Airbnb, 20 soggetti (“host”) controllavano 1.101 appartamenti in città.