La buona notizia è che la Salva-Milano è scesa dall’Alta Velocità. Non è stata votata a scatola chiusa anche in Senato entro il 2024, come pretendevano il sindaco di Milano e la lobby dei costruttori. La cattiva notizia è che, pur imbarcata su un Intercity o su un treno per pendolari, chi l’ha promossa vuole a tutti i costi farla arrivare a destinazione.
Era partita come sanatoria valida per il passato, per tentare di cancellare con un bel colpo di spugna le inchieste aperte dalla Procura di Milano su edifici costruiti contra legem in città, grattacieli tirati su con un’autocertificazione, palazzine edificate dentro i cortili, nuove costruzioni fatte passare per “ristrutturazioni”, torri innalzate senza piano attuativo che calcoli e faccia pagare ai costruttori i servizi dovuti per legge ai cittadini. Poi la Salva-Milano era stata trasformata (per imposizione di Giuseppe Sala) in “legge d’interpretazione autentica”, valida per sanare il passato ma anche per scassare il futuro urbanistico in tutta Italia e per sempre.
Passata alla Camera come un Frecciarossa, è stata poi rallentata dalle proteste dei cittadini e dagli interventi degli esperti, tra cui i 140 professori, urbanisti, giuristi, che nel loro appello rivolto ai senatori hanno spiegato che la Salva-Milano non avrebbe salvato Milano, ma avrebbe condannato l’Italia, sfasciato le regole per costruire e impoverito i Comuni italiani. A questo punto sono cresciuti i dubbi, tra i parlamentari e dentro i partiti. In Fratelli d’Italia ci sono esponenti che hanno capito i danni che sarebbero procurati alle città e alle casse municipali; e altri che non vogliono fare un regalo al sindaco, perché, come ha detto il presidente del Senato Ignazio La Russa, la proposta di legge numero 1309 non è “Salva-Milano”, ma “Salva-Sala”.
È nel Partito democratico che il dibattito è ora più vivace. Gli argomenti dei 140 professori (e i timori di danneggiare il corretto sviluppo delle città e di varare una norma che potrebbe essere incostituzionale) hanno convinto molti dem. La legge “non è una priorità” per Francesco Boccia, capogruppo Pd al Senato. Per il deputato Roberto Morassut “approvare con delle procedure così semplificate delle trasformazioni urbane così importanti non è accettabile. Oltre certi limiti la semplificazione delle procedure diventa dittatura urbana”.
Malgrado Sala sia arrivato fino a minacciare le dimissioni da sindaco, il viaggio della legge è molto rallentato. Probabile a questo punto che al Senato siano introdotte delle modifiche al testo licenziato dalla Camera, con la necessità di un nuovo passaggio a Montecitorio. Ma come scenderà dal treno la Salva-Milano? Come sarà trasformata? C’è il partito trasversale dell’“interpretazione autentica”, messa a punto tra Giuseppe Sala e Matteo Salvini, che continua a puntare sull’approvazione così com’è, mettendo insieme i voti di una parte della destra, di una parte del Pd, dei centristi di Italia viva e di Azione.
Qualcuno, anche dentro il Pd, sostiene di voler ancorare l’approvazione a una legge di riordino dell’intera materia urbanistica: è una falsa promessa, perché tutti sanno che una volta portato a casa il “risultato” sarà impossibile tornare indietro.
C’è poi il partito della “riduzione del danno”, che punta a introdurre correttivi per evitare almeno gli aspetti più devastanti della legge. Per il dem Pierfrancesco Majorino “deve essere una misura di emergenza”. Necessaria “di fronte al fatto che si è creato caos interpretativo nella norma”: ma così non è, le leggi sono chiare, solo il “rito ambrosiano” le ha aggirate a colpi di delibere e circolari. “L’amministrazione comunale ha agito in buona fede”: non è un grande argomento davanti a un giudice. “C’è la necessità di tutelare le famiglie che hanno investito”: gli incolpevoli acquirenti sono stati già tutelati anche dai giudici intervenuti finora. E allora, è davvero possibile “ridurre il danno”? E come? Tornando alla sanatoria per il passato?