Silenzio stampa: è un brutto binomio, per i giornalisti e per i cittadini. Però ce lo chiedono i genitori di Cecilia Sala (e forse anche il governo) per accompagnare “gli sforzi delle autorità italiane” con “riservatezza e discrezione” ed evitare che “il dibattito mediatico su ciò che si può o si dovrebbe fare rischi di allungare i tempi e rendere più complicata e lontana una soluzione”. Parole che comprendiamo e rispettiamo. La prima volta se ne discusse forse nei giorni del sequestro Moro. Trattare o no con le Br? Pubblicare o no i volantini dei terroristi e le lettere del prigioniero? Ma qui di terroristi non ce ne sono. C’è un governo, quello americano, che fa arrestare in Italia per terrorismo un ingegnere iraniano, “reo” di aver aiutato il suo Paese a costruire droni che hanno ucciso tre militari Usa in Giordania: se quello è un terrorista, lo sono anche tutti i dirigenti dei gruppi industriali occidentali (anche italiani) che producono ed esportano armi e i ministri (anche italiani) che li autorizzano. E c’è un governo, quello iraniano, che arresta una cittadina italiana con accuse altrettanto pretestuose, per scambiarla col proprio detenuto. Se gli Usa sono in guerra con l’Iran (dalle sanzioni fin dai tempi di Khomeini si direbbe di sì, dai recenti negoziati con gli ayatollah per moderare le rappresaglie di Teheran alle aggressioni israeliane si direbbe di no), è affar loro. Ma noi non lo siamo. Se qualche norma ci costringe ad arrestare al posto loro per terrorismo chi terrorista non è, dobbiamo cancellarla per il futuro. E, intanto, cercare qualunque appiglio giuridico che ci consenta di mandare Abedini ai domiciliari (Corte d’appello permettendo) e poi a casa in cambio della Sala.
Non si tratta di “cedere a una logica ricattatoria” (parole incredibili del Pd Peppe Provenzano) o di negoziare con i terroristi (cosa che peraltro in Medio Oriente abbiamo sempre fatto, ha sempre fatto anche Israele con le varie sigle palestinesi e stanno facendo pure gli Usa con Hamas per Gaza e con i reduci Isis e al Qaeda per la Siria). Si tratta di rimediare a un’ingiustizia (l’arresto di Abedini) che ne ha innescata un’altra (l’arresto della Sala). Il silenzio stampa che ci pare doveroso e avremmo osservato anche se nessuno ce l’avesse chiesto riguarderà dunque eventuali dettagli dei negoziati in corso: quelle indiscrezioni che, svelate in tempo reale, potrebbero pregiudicarne il buon esito. Invece su tutto ciò che è già avvenuto e avverrà nei prossimi giorni alla luce del sole, sugli atti d’accusa contro i due detenuti, sulle decisioni dei giudici, sulle scelte di governo e opposizioni che s’incontreranno tra breve al Copasir, continueremo a informare i nostri lettori. Le autorità hanno il dovere di trattare al buio, la stampa di tenere la luce accesa.