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Ci chiediamo come sopravvivere mentre non siamo ancora sopravvissuti alla morte, ora tutto è sconosciuto e spaventoso finora. Per 15 mesi abbiamo aspettato la notizia del cessate-il-fuoco. Mentre scrivo sento i festeggiamenti delle persone per strada, i fischi e i canti, capisco solo una parola: “Tregua”. Ascolto i canti e questa gioia per le strade nella mia tenda mentre abbraccio mia sorella Noor, che soffre di dolori di cui non conosciamo ancora la causa e per i quali non abbiamo trovato medicine.
I bambini, gli anziani, le donne e gli uomini esultano per la “tregua”, ma si fanno mille domande: cosa succederà dopo? Come sarà la nostra vita? Sopravviveremo ancora? Chi ricostruirà la nostra città, le nostre strade, le nostre scuole, le nostre università, le nostre case? Qual è l’ignoto che ci aspetta? Chi governerà Gaza? Hamas rimarrà dopo tutte le guerre che ha causato? L’Anp verrà a governare? Qui tutto è ignoto, mi chiedo: dove andremo? Non c’è più nessuna casa per me, nessuna terra, nessuna stanza e nessun letto! Dove andrà la mia famiglia? Viaggerò presto? Come posso separarmi da loro? Lascerò la tenda? Avrò una cucina? Userò un bagno vero? Mangerò verdura e frutta?
Voglio dormire, questo è il mio desiderio: dormire senza la paura di morire bruciata o colpita da razzi o di svegliarmi alla notizia della perdita di qualcuno, voglio dormire nel mio letto, nella mia stanza e nella mia città. Che hanno distrutto. Voglio un futuro migliore e non mi importa di Hamas, né di Israele, né dell’America, né dell’Europa, né del Qatar, né dell’Iran, né della Turchia: voglio smettano di usare il nostro sangue.
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