Per difendere la democrazia si può stare fuori dai social

Di SOTTOSOPRA*
16 Gennaio 2025

Per qualcuno è già scattata, per altri sta arrivando o magari arriverà. L’ora X, quella in cui non si può più far finta di niente: tocca decidere se alimentare una macchina di propaganda, violenza ed egemonia o se uscire dal tunnel. In altre parole, se continuare o meno a usare il fu Twitter. Senza ingenuità: Elon Musk non è il solo proprietario di social network su cui passa qualsiasi schifezza, con impatti tuttora incalcolati sulla società ma evidenti nelle loro tasche, né è negabile l’importanza di queste piazze digitali per il confronto pubblico. E tuttavia la sua piattaforma ha qualcosa in più: l’uomo più ricco del mondo l’ha infatti messa al servizio dei propri obiettivi di potere, mutevoli e ancora indefiniti, con una sovrapposizione ferale tra ultracapitalismo, comunicazione e politica.

I nostri pensieri, affidati a X, sono carburante della ricchezza spropositata e del dominio a largo spettro di Musk, che potrà farne ciò che vuole, schiacciando regole, equilibri e meccanismi democratici. Bisogna esserne consapevoli per decidere di sottrarsi e non essere complici – come ha fatto il Forum Disuguaglianze e Diversità, che migrerà sul social aperto Bluesky – a prescindere dagli scopi politici di Musk o di altri con cui è temporaneamente alleato: ognuno può perseguire le proprie idee, ma la mostruosa disparità e asimmetria del potere abilitata dal possesso di queste tecnologie, pienamente abbracciata da Musk, è una minaccia per la democrazia, che proprio della distribuzione del potere deve invece nutrirsi. Il problema è il tycoon, su cui tocca interrogarsi, ma non certo solo lui: lo schiacciamento autoritario investe ormai moltissimi ambiti, portando l’ordine sociale quanto mai vicino a una frattura insanabile. La vita nazionale ed europea è caratterizzata dalla progressiva e apparentemente inarrestabile sottrazione di diritti a discapito della collettività: non sfuggirà a nessuno che il governo ha approvato la legge di Bilancio senza che il Parlamento potesse in alcun modo incidere, fino al paradosso ripetuto del Senato che nemmeno vede il testo e lo vota a scatola chiusa. L’indebolimento di uno dei poteri dello Stato, e non casualmente quello che rappresenta la volontà della popolazione, è una enorme spia rossa lampeggiante, tanto più che si accompagna alla delegittimazione della magistratura, altro pilastro su cui si regge l’indipendenza e la distribuzione dei poteri. Così come erode ogni forma democratica la primazia assoluta, conclamata e rivendicata, del mercato sull’investimento pubblico, che priva la cittadinanza di diritti teoricamente inalienabili e universali quali la salute, l’istruzione, i beni comuni (a partire dall’acqua). Il problema non è unicamente italiano, anzi. In sede europea non vi è stata alcuna discussione sul rapporto Draghi, eretto a baluardo di prospettive di sviluppo trascurando di quale sviluppo si tratti: un’economia di guerra retta su concentrazione di capitali è davvero quello che serve? E cosa dire dello sprezzo con cui il presidente Macron ha ignorato e continua a ignorare il voto espresso dei francesi, facendo leva sulla propria autorità per imporre un indirizzo politico che la popolazione ha rifiutato? Cosa ne è della democrazia in queste e mille altre situazioni, in cui sembra aver lasciato posto a un dominio basato unicamente sui rapporti di forza? E come affrontare questo scenario? Una luce in fondo al tunnel c’è, e l’hanno accesa i sudcoreani che di fronte al tentato colpo di Stato hanno occupato le piazze fino a cacciare il golpista: twittare l’indignazione non avrebbe avuto lo stesso esito. Insegnamento: l’erosione della democrazia si arresta anche usando il proprio residuale potere per decidere dove stare: fuori o dentro X, ma non solo.

Per il Forum Disuguaglianze e Diversità

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