Il mondo FQ

I medici: “Eravamo eroi, oggi siamo stati dimenticati”

Studio del sindacato. Per il 58% il lavoro è peggiorato. Contenti solo quindici su cento
Commenti

Era il 20 febbraio di cinque anni fa, le analisi del tampone di Mattia Maestri davano il primo risultato positivo su un paziente italiano, un 38enne ricoverato a Codogno (Lodi). Prima c’erano stati solo i due turisti cinesi trovati positivi a Roma. L’Italia scoprì in pochi giorni che il nuovo Coronavirus venuto dalla Cina dilagava già da settimane in Lombardia e in tutto il Nord del Paese: non ce n’eravamo accorti perché non avevamo investito in prevenzione, non avevamo aggiornato i piani pandemici di cui il grande pubblico non conosceva neanche l’esistenza, non avevamo applicato neanche le circolari pigramente diramate dal ministero della Salute. Vennero i morti, anche fra i medici e gli infermieri perché molti di loro, finché non sono arrivati i colleghi militari, non sapevano come difendersi da un virus respiratorio nemmeno negli ospedali. E poi non c’erano le mascherine, i reagenti per i tamponi e gli altri dispositivi di protezione che abbiamo poi imparato a conoscere.

LEGGI – Pronto soccorso del Lazio, indennità tagliate: la destra avvisa Cgil e Uil

Nella retorica nazionale i medici, come gli infermieri, divennero “eroi”. Poi sono stati dimenticati. E “Dimenticati” è proprio il titolo del dossier diffuso ieri dal secondo sindacato dei medici ospedalieri, la Federazione Cimo-Fesmed, con i risultati di un sondaggio tra i suoi iscritti. Hanno risposto in 2.168 su 16 mila iscritti, tutti dipendenti del Servizio sanitario nazionale che in totale impiega 120 mila medici. Sia pure senza pretese di affidabilità statistica dicono più di qualcosa: per il 58% di loro il lavoro ha subito cambiamenti negativi, addirittura il 76% pensa che il Servizio sanitario nazionale è peggiorato. Qualche illusione se l’erano fatta, i nostri medici: il 77% credeva che al termine della pandemia la professione sarebbe migliorata, il 74% si attendeva maggiori opportunità di carriera, addirittura l’83% confidava che avrebbe guadagnato di più. Oggi solo il 15% è contento della professione, l’8% della carriera, il 2% dello stipendio. Anche perché il 76% dei medici che hanno risposto dichiara di lavorare in un reparto con carenze d’organico, solo il 28% si limita a lavorare le 38 ore previste dal contratto, il 52% arriva spesso a 48 e il 20% le supera. Infatti il 45% dichiara tra 11 e 50 giorni di ferie arretrate, il 23% tra 51 e 100, il 15% oltre 100. E il 57% ritiene di essere molto stressato, il 38% ritiene pessima la propria qualità della vita, il 33% pensa che all’estero andrebbe meglio, il 18% ritiene che la libera professione sarebbe più gratificante, il 10% confida che lavorare in una struttura privata darebbe maggiori soddisfazioni, il 7% guarda con favore all’idea di fare il medico “a gettone”. Ventiquattro o anche trentasei ore di fila e poi a casa. Del resto un medico ospedaliero con 15 anni di anzianità non arriva sempre a 3.500 euro netti al mese.

“È disarmante, i medici sono sempre più stremati. Il nostro timore è che sempre più giovani sanitari decidano di indirizzare la propria carriera lontano dal Servizio sanitario nazionale” osserva Guido Quici, presidente del Cimo-Fesmed. Quici qualche battaglia l’ha fatta, in questi anni. Hanno anche scioperato, i medici. “La prima volta due anni fa – ricorda – l’ultima a dicembre”, mentre si discuteva la legge di Bilancio. La promessa di 220 euro netti mensili in busta paga è diventata 18 (diciotto) quest’anno e 110 nel 2026. I medici del Cimo-Fesmed si sentono traditi dal ministro della Salute Orazio Schillaci, medico ed ex rettore di Tor Vergata a Roma: “Aveva promesso di sbloccare il tetto di spesa per il personale e l’indennità medica, per tutto il 2024, ha dichiarato che gli operatori sanitari erano la sua priorità, poi è calata la mannaia del Mef”, ricostruisce Quici. Ma come vediamo, dalle liste d’attesa alla riforma della medicina di famiglia, le idee del ministro contano poco, decidono tra Palazzo Chigi e Mef e forse Schillaci sta lì solo perché non può sbattere i pugni sul tavolo del governo. Hanno sbloccato solo la defiscalizzazione delle prestazioni aggiuntive, per l’indennità non si poteva fare senza creare un precedente pericoloso e rischi di incostituzionalità. “Così – conclude Quici – tappano la bocca a chi fa le prestazioni aggiuntive, sempre gli stessi, che lavorano più di 48 ore a settimana”.

Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione