Messina Denaro, nel covo abiti di lusso e viagra: sequestrati due cellulari e un’agenda. Il prestanome: “Casa comprata con i suoi soldi”

Il nascondiglio a Campobello di Mazara, nel Trapanese: c'erano anche profumi, preservativi, orologi e una tv di ultima generazione. Andrea Bonafede, l'uomo che gli ha prestato l'identità, è indagato e "collabora". Il procuratore De Lucia: "Indagini per cercare altri luoghi d'interesse"

Aggiornato: 22:40

  • 08:50

    “La lotta alla mafia non finisce qui”

    “L’arresto di Matteo Messina Denaro rappresenta un momento importante nel contrasto alla criminalità mafiosa. Ed il merito va attribuito ai tanti magistrati e rappresentanti delle Forze dell’Ordine, che si sono impegnati, per molti anni, al raggiungimento di tale obiettivo. Ma, a differenza da quanto dichiarato dal generale Mori, la lotta alla mafia, non finisce qui”. Così l’Associazione “Antimafia e Legalità”. “In attesa di conoscere gli sviluppi investigativi di tale arresto – continua la nota dell’Associazione “Antimafia e Legalità” – adesso occorre andare oltre, molto oltre. Restano da individuare le “menti raffinatissime” delle quali parlava Falcone, e i “giuda” ai quali faceva riferimento Borsellino, e che sono all’origine dei tanti misteri e delitti ancora irrisolti del nostro Paese. Costoro si annidano in alcuni settori della politica, delle istituzioni, degli apparati deviati dello Stato, dell’economia, e di quella parte di massoneria che ne costituisce il collante. Pertanto siamo ancora all’inizio. È compito anche dei cittadini onesti vigilare affinché non si abbassi la guardia”.

  • 08:38

    Ora è caccia ai documenti top secret di Totò Riina

    Centro di 11mila abitanti in provincia di Trapani, Campobello è il paese di Giovanni Luppino, l’uomo che, ieri, ha accompagnato il capomafia alla clinica Maddalena dove è scattato il blitz. Campobello è a soli 8 chilometri da Castelvetrano, paese di origine di Messina Denaro e della sua famiglia.
    L’individuazione del covo e la sua perquisizione sono tappe fondamentali nella ricostruzione della latitanza del capomafia. E non solo. Diversi pentiti hanno raccontato che il padrino trapanese era custode del tesoro di Totò Riina, documenti top secret che il boss corleonese teneva nel suo nascondiglio prima dell’arresto, fatti sparire perché la casa, a differenza di ora, non venne perquisita.

  • 08:09

    Al lavoro anche i Ris dei Carabinieri

    Per la perquisizione del covo del boss Matteo Messina Denaro sono al lavoro anche i Ris dei Carabinieri, i Reparti di investigazioni scientifiche. Saranno loro a repertare gli oggetti che si trovano nel covo dell’ex latitante.

  • 08:07

    Abiti di lusso e profumi nel covo, non armi

    Nel covo del boss Matteo Messina Denaro, a Campobello di Mazara (Trapani), i Carabinieri del Ros hanno trovato molti abiti di lusso, firmati, diversi profumi, anche questi di lusso, e un arredamento definito “ricercato”. È ancora in corso la perquisizione. Nel nascondiglio non sono state trovate armi. 

  • 08:03

    Trovato e perquisito il covo

    È durata tutta la notte la perquisizione del covo del boss Matteo Messina Denaro, scoperto dai carabinieri del Ros e dalla Procura di Palermo guidata da Maurizio de Lucia dopo ore di ricerche. La casa usata dal boss è stata individuata a Campobello di Mazara. Alla perquisizione ha partecipato personalmente il procuratore aggiunto Paolo Guido che da anni indaga sull’ex latitante di Cosa nostra. L’edificio, che si troverebbe nel centro abitato, è stato setacciato palmo a palmo. La casa è in vicolo San Vito (ex via Cv31), in pieno centro. Alle 8,30 al covo sono arrivati gli uomini del Reparto investigazioni scientifiche di Messina che stanno passando al setaccio l’abitazione. Sul posto anche il capitano dei carabinieri della compagnia di Mazara del Vallo Domenico Testa. Messina Denaro viveva in una casa che negli ultimi mesi, dopo il trasferimento dei proprietari, è rimasta disabitata. 

  • 22:30

    IL PUNTO – Caccia al covo del boss. E si punta alla rete dei fiancheggiatori che l’hanno coperto

    La caccia ora è al covo. I magistrati di Palermo che hanno messo fine alla trentennale latitanza del padrino di Castelvetrano, starebbero per individuarlo. Quel che si sa è che lunedì mattina Messina Denaro ha raggiunto Palermo partendo da Campobello di Mazara, paese del favoreggiatore che l’ha accompagnato alla clinica in cui è stato fermato, Giovanni Luppino, imprenditore del settore olivicolo praticamente incensurato, e di Andrea Bonafede l’uomo che ha prestato, ancora da capire se consapevolmente meno, l’identità al capomafia. Andrea Bonafede era infatti l’alias del boss trapanese: così si faceva chiamare nel centro medico La Maddalena e aveva la carta di identità con queste generalità.
    Ma se è accertato che stamattina Messina Denaro era partito dal piccolo centro del trapanese, dove ha trascorso almeno l’ultima parte della sua lunga latitanza? Un interrogativo fondamentale perché dalla perquisizione del nascondiglio del boss potrebbero venir fuori elementi rilevantissimi per gli investigatori che, dopo la vicenda clamorosa della mancata perquisizione del covo di Totò Riina, staranno bene attenti a scoprire e a passare al setaccio la casa del boss. La zona tra Campobello e Castelvetrano, paese di Messina Denaro, è battuta palmo a palmo da stamattina. Nelle ricerche i carabinieri hanno impiegato anche delle ruspe.
    Altro aspetto importante, tutto ancora da scandagliare, è quello della rete dei fiancheggiatori. Oltre a Luppino, arrestato in flagranza oggi, e a Bonafede, la cui posizione è ancora al vaglio degli inquirenti, chi ha coperto, favorito e finanziato la fuga di Messina Denaro negli ultimi tempi? Negli anni, per favoreggiamento sono finiti in cella centinaia di fedelissimi del padrino tra i quali sorelle, cognati e fratelli. Una strategia investigativa, quella di far terra bruciata attorno al ricercato, che ha dato suoi frutti. Ma le complicità vanno ben oltre l’autista e il proprietario della carta di identità. Ad esempio nella nota clinica palermitana che per un anni ha curato la Primula Rossa nessuno sapeva la vera identità del paziente? “Non ci risulta- ha detto il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia che ha coordinato il blitz – Ma indagheremo a tutto campo”. Insomma sono tanti i quesiti da sciogliere e su cui ora indagare. Quesiti che per chi indaga da anni in parte hanno già risposte. De Lucia in conferenza stampa ha evidenziato anche come sia risaputo che “fette della borghesia” per molto tempo abbiano fatto parte della rete dei favoreggiatori. Anche sulle complicità eccellenti indagheranno i magistrati.