Pensavo fosse stupido partire per il cammino
Il desiderio di partire è nato dieci anni fa dopo avere letto un libro. È di un comico tedesco, Hape Kerkeling, e si chiama Ich bin dann mal weg: Meine Reise auf dem Jakobsweg (Vado a fare due passi, Corbaccio, 2006). Raccontava l’esperienza del cammino di Santiago, mi era piaciuto. Non sapevo bene che cosa fosse, anche perché non sono religioso. Poi ho avuto un periodo di depressione. Sentivo che sarei dovuto partire, che avrei dovuto fare il cammino per essere di nuovo felice, forse perché mi avrebbe aiutato a ritrovare me stesso. Ma dentro di me pensavo che fosse una cosa stupida da fare. Così, ogni volta che arrivava l’estate e che si avvicinava la possibilità di andare, rimandavo.
Da tre anni sto bene, sono guarito. Tempo fa ho rotto con la mia ragazza: mi sono reso conto di avere fatto di tutto per tenerla vicina a me. Da quando ci siamo lasciati ho capito che devo imparare a fare le cose per me stesso. A essere libero. Sono già felice, ma a volte dimentico i miei bisogni. E questo mi stanca molto. Quindi ho deciso di partire.