Alla Cruz de Hierro ho accettato la morte di mio figlio
Il cammino è un pellegrinaggio che trascende la religione, nonostante la matrice cattolica. Per questo l’ho scelto. Volevo entrare in contatto con persone da tutto il mondo con storie tra loro diverse. Era una sfida psicologica e spirituale. Prima di partire mi sono allenato facendo 300 chilometri con lo zaino in spalla. Anche se dove vivo io è tutta pianura, zero montagne. Il mio corpo ha reagito bene alle salite e alle discese, ma non alle vesciche. Ci ho dolorosamente camminato sopra dal sedicesimo giorno in poi, e ne avrei fatto volentieri a meno. Ma chi può fare piani è la strada, non sei tu.
Mi sono reso conto in fretta che fare 40 chilometri al giorno era sbagliato, perché così seminavo le persone che incontravo. Perdevo la loro compagnia, punti di vista ed esperienze. Avrei solo fatto scorrere il mio corpo sul sentiero, e questo non era il mio scopo.
Mi sono fermato prima di Santiago, dovevo tornare a casa. Mi spiace non essere riuscito a finire il cammino di fianco a quei volti famigliari che avevo conosciuto all’inizio e coi quali avrei voluto condividere la strada. La cosa bella, però, è che avrò la possibilità di conoscere nuovi pellegrini il prossimo anno quando tornerò.
La prima volta che ne ho sentito parlare è stato vent’anni fa. Nel 2010 ho perso uno dei miei figli. Era malato di cancro e aveva 17 anni. Un mese dopo mia moglie mi ha chiesto il divorzio. Gli altri miei due figli, che allora avevano 13 e 19 anni, stavano cercando di elaborare la morte del fratello. Oltre a questo, eravamo in un periodo di recessione. Io ero concentrato sul mio bambino malato, e in sostanza ho lasciato che il mio staff gestisse la nostra azienda. Hanno fatto un ottimo lavoro, ma si vedeva che mancava una guida. In più, mentre succedeva tutto questo dovevo stare accanto ai miei figli. Non ho avuto tempo né di respirare né di elaborare il lutto.
L’anno scorso, coi miei figli ormai cresciuti e l’azienda in risalita, ho deciso che avrei fatto il cammino per dedicarmi un po’ di tempo. Per ringraziare Dio o chi per lui, per la splendida vita che ho e perché i miei figli sono diventate belle persone. Per essere grato alla mia ex moglie e per tutto quello che abbiamo condiviso. Per il duro lavoro che ha fatto per diventare una grande mamma, visto che è rimasta a casa coi nostri ragazzi durante gli anni della formazione. Per festeggiare il fatto che l’azienda stia girando bene. Per imparare a perdonare. Per piangere finalmente la perdita di mio figlio. Quando sono arrivato alla Cruz de Hierro, mi sono reso conto di averla accettata.
Il cammino mi ha convinto che per avere una vita ricca devo concentrarmi sulle cose che contano. Mi ha insegnato ad avere più pazienza. E sto imparando a essere molto più tollerante e a frenare il giudizio. Ho capito che quando ci sentiamo travolti dai nostri problemi quotidiani dobbiamo sapere che non sono né enormi né tanto meno insormontabili. Possiamo lavorarci e, in caso di bisogno, chiedere aiuto. Le persone che portano con sé solo l’essenziale sono sempre disponibili a condividere e a darti una mano. Ad avere fiducia nel prossimo. Questo è quello che ho imparato.