Così lontano così vicino
di Emanuele Greco

Aristofane e l’inno alla pace: chiedete alle alici

Venti di guerra soffiano non lontano da noi. Mala tempora currunt. E con i tempi cattivi il pensiero va al cibo. Chiediamo al genio di Aristofane di guidarci entro alcuni temi che riguardino gli alimenti nell’alternanza di tragico e comico, come il grande ateniese seppe fare. Mentre la Città è in guerra da sei anni, sembra che ci sia scarsità di generi basilari tipo il sale e l’aglio (ingrediente fondamentale nella cucina greca di tutti i tempi!) se essi vengono promessi come compenso. Ma Aristofane ci fa sorridere quando il suo eroe Diceopoli, negli Acarnesi, si lagna per la mancanza delle anguille di cui va pazzo, insomma non un genere di prima necessità.

Ma non è un alimento qualsiasi, si tratta delle anguille del lago Copaide, in Beozia, territorio nemico, il che spiega la loro assenza al mercato. Sulle rive del lago Copaide (oggi prosciugato ma i cui contorni sono ancora chiaramente visibili) avranno luogo eventi militari epocali nella storia greca successiva, come la battaglia nella quale Silla, nell’86 a.C., risultò vittorioso su Mitridate. Ma all’epoca della guerra del Peloponneso, cioè circa 350 anni prima, il lago Copaide fa sospirare l’eroe di Aristofane perché non può gustarne le celebri anguille.

Premessa indispensabile per tornare a vivere nella normalità è la pace e il poeta, negli Acarnesi, in scena nel 425 a.C., fa cantare al coro un sublime inno alla pace ed il ripudio della guerra. Solo cinque anni prima Atene era stata devastata da una micidiale epidemia di peste. Lo sappiamo grazie a Tucidide che ne fu colpito, al quale dobbiamo un resoconto di mirabile acutezza anche scientifica. Ricordiamo che a causa della peste Pericle perse due suoi figli ed egli stesso ne morì poco dopo (429 a.C.).

Tragico & comico: attese notizie da Sparta, ma il prezzo del pesce è calato, basta guerra!

A noi può risultare interessante prender atto delle dicerie popolari, una caterva di fake news dell’epoca. Sospettati principali, all’inizio, abitanti dell’Etiopia, dell’Egitto e della Libia. Non per caso il morbo si manifestò per la prima volta al Pireo, dunque, diremmo oggi che è stato portato dagli immigrati i quali, ovviamente, non c’entrano niente. Siccome la città è in guerra non manca chi accusò gli Spartani di aver avvelenato i pozzi, in un momento in cui, tra l’altro, si soffriva di siccità!

Le cause vere dell’epidemia non sono ben note. Ma torniamo al cibo: ancora grazie ad Aristofane (nei Cavalieri del 424 a.C.) un argomento derivato da un genere alimentare può produrre comicità insieme a riflessioni sugli umori fragili e mutevoli della massa. Alla Pnice, la collina di fronte all’Acropoli, si tiene l’assemblea sovrana prevista dalla costituzione (è bene ribadire che essa ha luogo sulla Pnice, non nell’agora, come erroneamente si ritiene). Si sta discutendo di argomenti di capitale importanza, è atteso un araldo di Sparta con una proposta di pace, quando qualcuno urla che al mercato sono arrivate le alici e che il loro prezzo è calato. Risultato: al diavolo la guerra!… l’assemblea si scioglie immediatamente.

Venti di guerra soffiano non lontano da noi. Mala tempora currunt. E con i tempi cattivi il pensiero va al cibo. Chiediamo al genio di Aristofane di guidarci entro alcuni temi che riguardino gli alimenti nell’alternanza di tragico e comico, come il grande ateniese seppe fare. Mentre la Città è in guerra da sei anni, […]

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