Mondocibo
di Carlo Petrini

I lupi della produzione affamano il mondo

Il sistema alimentare globale è sempre più concentrato nelle mani di poche multinazionali che controllano l’intera filiera, dai semi ai macchinari, fino alla distribuzione. Alti livelli di concentrazione del mercato comportano minore trasparenza, concorrenza più debole e maggior probabilità di un aumento dei prezzi a scapito dei cittadini. Ecco allora che il cibo diventa un investimento redditizio (si parla di “finanziarizzazione del cibo”), prima ancora di essere la fonte di sostentamento umano. Questo assetto è stato portato avanti con la convinzione che potesse assolvere al compito di sfamare la popolazione mondiale in crescita, ma nella realtà sta arrecando danni alla nostra salute, a quella del pianeta e sta creando profonde ingiustizie sociali.

Attualmente 800 milioni di persone soffrono la fame e più di 2 miliardi non hanno accesso stabile a un’alimentazione di qualità. Eppure produciamo cibo sufficiente per 12 miliardi di persone, ciò significa che il 30% alimenta uno spreco di proporzioni catastrofiche. Per non parlare poi dei danni arrecati all’ambiente da pratiche di agricoltura e allevamento intensive in termini di distruzione degli habitat, inquinamento e perdita di biodiversità.

Negli ultimi anni le crisi persistenti, dal Covid alla guerra in Ucraina, l’inflazione e le conseguenze della crisi climatica, hanno evidenziato la vulnerabilità di tale sistema dove gli shock si propagano rapidamente da una parte all’altra del mondo, e hanno messo in luce la conseguente necessità di un modello alternativo capace di sanare le attuali storture. Un modello fatto di filiere di prossimità e produttori di piccola scala che peraltro viene già praticato in ogni angolo del mondo con numerosi vantaggi: fornisce cibo salutare ed economicamente accessibile, coltiva la biodiversità, consente ai lavoratori della filiera alimentare di mantenere il controllo sui propri redditi e dimostra resilienza davanti agli shock grazie al numero contenuto di attori coinvolti e alla vicinanza tra di essi.

L’elevata concentrazione del mercato porta a minore trasparenza e maggiore probabilità di aumento dei prezzi. È la finanziarizzazione del cibo, bellezza…

Questo è ciò che fanno le comunità del cibo di Terra Madre, un soggetto che agisce localmente, ma che pensa e si mobilita compatto globalmente sulla base di una forte convinzione: l’idea di un pianeta in cui il cibo ha un ruolo fondamentale e la biodiversità è un valore imprescindibile. Queste comunità nacquero a seguito del primo meeting di Terra Madre che organizzammo a Torino nel 2004. Oggi sono presenti in oltre 150 paesi, dai territori amazzonici del Brasile al nord della penisola scandinava, dove vive il popolo Sami, fino alla profonda Africa. La forza delle comunità sono le relazioni umane che si instaurano così come l’essere radicate nei territori. Questo fa sì che i suoi componenti si sentano corresponsabili della cura della porzione di mondo che abitano; condividendo problemi, risorse e conoscenze per il bene comune.

Le comunità del cibo dimostrano che l’agricoltura non è un mero comparto produttivo, ma qualcosa di più complesso che comprende la spiritualità, il rispetto per l’ambiente, la socialità e ogni manifestazione culturale. In questo scenario trovano spazio e riconoscimento i produttori di piccola scala, le donne, gli indigeni. Tutti soggetti che la civiltà del “progresso” ha lasciato indietro perché non ritenuti abbastanza produttivi, quando in realtà sono portatori di un modello quanto mai necessario basato su un’economia reale, tangibile, locale e di sussistenza che garantisce la sovranità alimentare.

Quest’ultimo è un concetto che esprime la libertà dei singoli territori di scegliere cosa e come coltivare e mangiare. L’economia di sussistenza dal canto suo rimette al centro il vero fine della produzione alimentare: produrre cibo prima di tutto per essere mangiato, e poi per essere venduto. Mentre l’economia locale crea benessere economico e sociale per il territorio, tutela il paesaggio e la memoria storica, e rispetta le stagioni e la biodiversità.

Terra Madre Salone del Gusto, in programma a Parco Dora a Torino dal 26 al 30 settembre è l’occasione per incontrare e supportare queste comunità che rappresentano un modello alimentare imperniato sulla vita, invece che sul profitto che impatta positivamente sui territori e sulle persone che li abitano.

Il sistema alimentare globale è sempre più concentrato nelle mani di poche multinazionali che controllano l’intera filiera, dai semi ai macchinari, fino alla distribuzione. Alti livelli di concentrazione del mercato comportano minore trasparenza, concorrenza più debole e maggior probabilità di un aumento dei prezzi a scapito dei cittadini. Ecco allora che il cibo diventa un […]

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