l'editoriale colto 83
di Ferdinand Ossendowski

C’è un Re di tutti noi, ma sta sottoterra. Alle origini del complottismo cialtrone

Non ho avuto il piacere né l’opportunità di leggere in anteprima gli articoli che comporranno la parte monografica del numero che stringete tra le mani. Non so quindi con quale taglio gli illustri colleghi affronteranno l’affascinante, ma quanto mai sdrucciolevole argomento dei potenti sconosciuti. Siano essi capitalisti in ghette e marsina, Ceo di imprese multinazionali dagli oscuri acronimi o di sibillina e quasi poetica nominazione, gestori di fondi miliardari domiciliati in solatii paradisi fiscali. Di certo, conoscendo il loro laico rigore, non indulgeranno in complottismi un tanto al chilo. A quello provvede volentieri il vostro rubrichista che, incaricato al solito di scovare una citazione eccentrica, non ha trovato di meglio che andare all’origine di ogni esoterica cialtroneria: lo strepitoso, travolgente Bestie, Uomini, Dei. Praticamente un mystic-western del 1925, ambientato tra Siberia, Mongolia e Tibet. Protagonista un “bianco” in fuga dalle orde comuniste che si congiunge con l’armata del folle barone von Ungern. Insomma, un pre-Spielberg di destra che venne preso sul serio da René Guenon e da Julius Evola, meritandosi però una divertita quanto entusiastica recensione di Giorgio Manganelli.

da Bestie, Uomini, Dei, Edizioni Mediterranee, 1973, a cura di Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco

Viaggiando per l’Asia lo conobbi per la prima volta anch’io, e non so dargli altro nome che quello di “Mistero dei Misteri”… Notizie più precise me ne diede il Hutuktu Jelyb Giamarap a Narabanci Kure: l’arrivo del possente Re del Mondo dal suo reame sotterraneo, la sua apparizione, i suoi miracoli, le sue profezie. Solo allora cominciai a comprendere che in quella leggenda, o suggestione o allucinazione collettiva che sia, si cela non soltanto un mistero, ma anche una grande forza reale, capace di influire sullo svolgimento della vita politica di tutta l’Asia. Il Gelong Lama, favorito del principe Ciultun Beyli, e il principe stesso mi fecero la descrizione del reame sotterraneo. “Ogni cosa al mondo è in continuo stato di mutazione, di transizione: popoli, scienza, religioni, leggi e costumi. Quanti grandi imperi e quante magnifiche civiltà sono scomparse! Ciò che solo rimane immutato è il Male, l’opera degli spiriti cattivi. Più di sessantamila anni fa un santo Uomo scomparve con un’intera tribù sottoterra e non ricomparve mai più. Ma da allora molte persone hanno visitato quel reame: Sakiamuni, Undur Ghehen, Paspa, il Khan Daber, e altri. Nessuno sa dove sia posto. Là tutta la gente è al sicuro da Male; il delitto non vi esiste. La scienza vi si è sviluppata indisturbata; nulla è minacciato colà di distruzione. Il popolo sotterraneo ha raggiunto la più alta conoscenza sotto il Governo del Re del Mondo, che conosce tutte le forze della natura e legge in tutte le anime umane e nel gran libro del loro destino. Egli governa non visto ottocento milioni d’uomini viventi alla superficie della Terra, i quali non fanno che eseguire i suoi ordini”. Il principe Ciultun Beyli aggiunse: “Quel regno è Agarthi e si stende per tutte le vie sotterranee del mondo intero. Ho udito un savio lama cinese dire al Bogdo Khan che tutte le caverne sotterranee dell’America sono abitate dall’antico popolo che disparve sottoterra. Quei popoli e quei luoghi sotterranei sono retti da governanti che riconoscono la sovranità del Re del Mondo”.

Non ho avuto il piacere né l’opportunità di leggere in anteprima gli articoli che comporranno la parte monografica del numero che stringete tra le mani. Non so quindi con quale taglio gli illustri colleghi affronteranno l’affascinante, ma quanto mai sdrucciolevole argomento dei potenti sconosciuti. Siano essi capitalisti in ghette e marsina, Ceo di imprese multinazionali […]

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