Grazie al lavoro del sociologo americano Peter Phillips ne abbiamo messi in fila 117. Sono gli uomini e le (poche) donne che attraverso i primi dieci fondi d’investimento finanziario al mondo amministrano circa 50 mila miliardi di dollari. Una massa di capitali enorme, pari a 25 volte il prodotto interno lordo italiano, che può segnare le sorti di Stati e multinazionali, che può spingere nella polvere o sugli altari.
La maggior parte dei loro nomi non dice nulla all’opinione pubblica. Gli elettori delle democrazie occidentali in genere ignorano persino la loro esistenza. Eppure la qualità della vita di miliardi persone – e a volte persino la vita stessa – dipende da loro.
Sono selvaggi, non controllati dalla politica. Seguono un’unica regola: quella di fare soldi. E la democrazia è a sovranità limitata
Loro, infatti, sono i mercati. Selvaggi, incontrollati o per lo meno incontrollabili da parlamenti e governi democraticamente eletti, seguono un’unica regola: quella di fare soldi. Così le società amministrate dai 117 sono talmente ricche e potenti da essere sempre trattate con reverenza e rispetto da governi, agenzie d’intelligence, media, militari, imprenditori e capitalisti in genere. Anche perché detengono partecipazioni in tutte le più grandi aziende del mondo: in quelle petrolifere, tecnologiche, farmaceutiche, automobilistiche, chimiche, alimentari e di armi.
I 117 siedono, a seconda dei casi, nei rispettivi consigli di amministrazione, ma anche nei board del Fondo monetario internazionale, del consiglio atlantico Nato; hanno ruoli nella Federal Reserve, in molte università e in decine di ong il cui unico scopo è quello di fare del bene. Una sorta di contrappasso per un sistema capitalistico impazzito in cui si accumula denaro con la finanza, si investe nel tabacco, nei missili, in produzioni inquinanti, ma poi ci si dedica all’arte, alla cultura, alla bellezza, alla beneficenza.
Nelle pagine di questo numero di Millennium troverete tutti i nomi dei 117 padroni del mondo e molte delle loro storie. Pensate a loro la prossima volta che ascolterete qualche tecnocrate lasciarsi sfuggire concetti del tipo “i mercati insegneranno all’Italia come votare” (sintesi giornalistica della frase “i mercati manderanno segnali all’Italia… spero non vincano i populisti” pronunciata nel 2018 dall’ex commissario europeo al Bilancio Günther Oettinger). Pensate a loro quando leggete come Emmanuel Macron abbia spiegato che non avrebbe affidato l’incarico di formare un governo a un esponente della coalizione di sinistra uscita vincente dalle elezioni, perché con l’abrogazione della riforma delle pensioni e l’aumento del salario minimo, “i mercati finanziari entreranno nel panico e la Francia precipiterà”.
Un’esplicita ammissione d’impotenza che racconta bene come ormai in tutti i Paesi occidentali, anche i più grandi e importanti, la democrazia sia a sovranità limitata. Ciò che votano i cittadini conta fino a un certo punto (e a volte niente), perché le decisioni di peso non sono prese dai parlamenti e dai governi. A scegliere, sempre nello stesso modo in nome della razionalità, sono loro: i 117 padroni del mondo e dei mercati. Del resto non era stato Mario Draghi ad aver detto “abbiamo messo il pilota automatico”?
Intendiamoci, il debito pubblico è un vero problema per molti Stati. Ed è logico che chi in ultima analisi è tra i creditori più importanti voglia garantirsi il rientro. Ma davvero la democrazia e il benessere dei cittadini possono essere totalmente sacrificati sull’altare delle scelte dei 117? Nel 2015, in occasione della crisi greca, nel giro di 48 ore il governo di Atene fu costretto a buttare alle ortiche l’esito di un referendum che aveva bocciato i sanguinosi piani di rientro imposti da Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea e Unione europea.
Per i greci fu la fame, l’assenza di molte cure mediche e di assistenza. L’ipotesi di infliggere qualche minuscola perdita alle società dei 117 padroni del mondo non fu nemmeno presa in considerazione. Non poteva essere altrimenti. Perché “i mercati”, spiegava già un secolo fa l’economista John Maynard Keynes, “sono mossi da spiriti animaleschi. Non dalla ragione”. Così anche negli anni dell’avvento dell’intelligenza artificiale vince la naturale stupidità umana.
Grazie al lavoro del sociologo americano Peter Phillips ne abbiamo messi in fila 117. Sono gli uomini e le (poche) donne che attraverso i primi dieci fondi d’investimento finanziario al mondo amministrano circa 50 mila miliardi di dollari. Una massa di capitali enorme, pari a 25 volte il prodotto interno lordo italiano, che può segnare […]