Terra, business e genetica: Bill Gates mega proprietario terriero, Zuckerberg alleva bovini
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Terra, business e genetica: Bill Gates mega proprietario terriero, Zuckerberg alleva bovini

Uno "spettacolo collaterale da miliardari", dice la no-profit Food & Water Watch. Mr Microsoft ha investito su semi e biocarburanti per scelta della sua Cascade Investment

di Virginia Della Sala

Il futuro dei miliardari tecnologici lontano dal web e da internet è sporco di terra, letame e denaro, tutti presenti copiosamente. Mark Zuckerberg, padre padrone di Meta (e quindi di Facebook, Instagram e Whatsapp) a gennaio ha pubblicato sui social un post molto particolare: tre fotografie, nella prima c’è lui al ristorante, alle Hawaii, un’enorme bistecca in primo piano. Nella seconda foto, c’è solo la bistecca. Nella terza, una bambina che scava con una pala, vestitino a fiori e scarpe di gomma. Il quinto uomo più ricco del mondo racconta di aver iniziato ad allevare bovini al suo Ko’olau Ranch a Kauai per creare carni “di qualità più elevata al mondo”. Solo razze wagyu e angus nutrite con farina di macadamia e birra coltivate nel suo ranch. “Vogliamo che l’intero processo sia locale e verticalmente integrato”, ha scritto. E gli alberi? “Le mie figlie aiutano a piantarli e si prenderanno cura dei nostri diversi animali”. Di tutti i suoi progetti, ha detto, questo è il più “delizioso”.

Mucche, macadamia e contadini

In realtà, si tratta di uno “spettacolo collaterale da miliardari” per dirla con Mitch Jones, direttore politico di Food & Water Watch, organizzazione non-profit. Al Guardian ha spiegato che “per affrontare le disuguaglianze del sistema alimentare e il cambiamento climatico, servirebbe una riforma dell’agricoltura che promuova la sostenibilità delle piccole e medie aziende agricole che lavorano per sfamare tutti, non solo le celebrità benestanti”. Poche settimane dopo, Zuckerberg torna online con la foto di una mucca e l’annuncio della nascita di un vitellino marrone. Lo ha chiamato “Brownie”, spiega, nonostante le figlie volessero chiamarlo “Milkmaker”, letteralmente “produttore di latte”. “Ma ho pensato potesse essere troppo indelicato”. Che ironia.

In un’altra foto della gallery di Zuckerberg, il neo-allevatore, c’è Bill Gates. I due si sono visti alla festa per i 40 anni Mark dentro la fedele riproduzione, seppur di dimensioni ridotte, della camera del college in cui il social network fu pensato. In uno spazio così piccolo, rannicchiato, c’è il settimo uomo più ricco del mondo che è anche il contadino più “grande” d’America. Il fondatore di Microsoft possiede infatti circa 275 mila acri di terreni agricoli, più o meno 1100 chilometri quadrati, in Louisiana, Arkansas e Arizona. In più occasioni, il filantropo ha rivendicato di essere sostenitore dei nuovi cibi a base vegetale. “Sono persuaso che il plant-based sia il futuro e voglio essere quello che pianta questi semi”.

Insieme alla carne coltivata, insomma, è la soluzione per ridurre l’effetto serra. Nel 2021, su Reddit, aveva risposto alle domande degli utenti. Gli chiesero della sua svolta latifondista. “Scienza dei semi e lo sviluppo di biocarburanti” rispose. Spiegò che era stata una scelta del suo “gruppo d’investimento” e che il settore agricolo era importante. Soprattutto per l’Africa. “Con semi più produttivi possiamo evitare la deforestazione e aiutare l’Africa ad affrontare le difficoltà climatiche. Non è chiaro quanto possano essere economici i biocarburanti, ma se lo sono, possono risolvere le emissioni dell’aviazione e dei camion”.

La Fondazione Gates ha donato 5 milioni alla ong Rainforest Alliance: ed è subito “boicotta la rana!”

Business e altruismo (e la carne sintetica “ai ricchi!”)

La passione pensionistica di Gates ha quindi due facce: business e filantropia. È difficile distinguerle, facile che per questi miliardari le due cose coincidano. Da un lato, c’è il mercato: Gates controlla la holding Cascade Investment, a sua volta azionista delle aziende di proteine ​​vegetali Beyond Meat e Impossible Foods e anche di attrezzi agricoli. Dall’altro, c’è la Fondazione Bill & Melinda Gates, origine della costola non-profit chiamata Gates Ag One che ha come obiettivo “accelerare gli sforzi” per fornire ai piccoli agricoltori nei Paesi in via di sviluppo, accesso agli strumenti e alle innovazioni “per migliorare in modo sostenibile la produttività delle colture e adattarsi agli effetti del cambiamento climatico”.

Insomma, gli obiettivi di Bill sono questi: creare semi che abbiano bisogno di poca acqua, sviluppare del cibo “alternativo”, salvare nel frattempo il terzo mondo anche creando nuovi posti di lavoro. Per molti, è un tentativo di ricreare nei Paesi in via di sviluppo i modelli dell’agricoltura intensiva statunitensi, di fare esperimenti “a cielo aperto” sul cibo e su quello che arriva sulle nostre tavole. Ma lui ne parla, ovviamente, diversamente.

Lo ha fatto, ad esempio, in una intervista al MIT Technology Review del 2021. Ha raccontato di aziende che sono riuscite a ridurre al minimo il fertilizzante, di semi in grado di potenziare il fissaggio dell’azoto nel terreno, di mangimi in grado di ridurre del 20% le emissioni di metano dagli allevamenti, del rischio che in questo modo si riduca la fertilizzazione dei campi, dell’impopolarità di “proibire le mucche”. E anche dell’idea di creare quella che è stata presto definita una “super mucca”, una mucca perfetta modificando i suoi geni, affinché possa produrre elevate quantità di latte, resistendo anche a temperature elevate come quelle dei paesi africani. In sintesi, utilizzare la genetica per aumentare la quantità di carne bovina per emissione.

Gates spiega infatti che i bovini americani, a parità di carne prodotta, emettono gas serra in quantità inferiore rispetto a quelli dei Paesi africani perché gli animali allevati in occidente sono stati resi più “produttivi” delle continue selezioni genetiche subite nel corso degli anni. E la carne sintetica? “Ai paesi ricchi”. Si lamenta anche. “Ci sono tutte queste leggi che dicono che deve essere chiamata, fondamentalmente, ‘spazzatura di laboratorio’ per essere venduta. Non vogliono che usiamo l’etichetta di carne di manzo”.

Dio africano ma a stelle&strisce

Da allora, poco è cambiato. Gates prosegue nei suoi tour africani, l’ultimo in Etiopia qualche mese fa. Nel mentre, lo si accusa di star giocando “a fare Dio”, di voler trasformare l’agricoltura africana in agricoltura massiva senza rispettare l’identità e i bisogni dei piccoli contadini. Pure perché i numeri non sembrano essere a suo favore. Lo ha raccontato a inizio settembre il settimanale sudafricano di inchieste Mail&Guardian in un articolo molto aggressivo. “Le dimensioni di una fattoria media negli Stati Uniti sono 100 volte il suo equivalente africano – si legge – . Gli agricoltori americani tendono anche a coltivare una singola coltura da reddito, come mais o soia, da semi ibridi, geneticamente modificati. E poiché non possono riprodursi da soli, ogni anno devono essere acquistati nuovi semi da aziende agricole industriali come Bayer e Syngenta, insieme a tutti i fertilizzanti chimici, gli erbicidi e i pesticidi”. Un modello troppo costoso per l’Africa. Basti pensare che le rese del mais negli Stati Uniti sono di circa 11 tonnellate per ettaro. In Kenya, la media è di 1,4 tonnellate per ettaro. “Per Gates, la soluzione alla fame in Africa sta nel colmare il divario tra questi due numeri. Per sfamare più persone, gli agricoltori africani devono coltivare più cibo e, per farlo, devono imparare a coltivare come i loro colleghi statunitensi”.

Lo scenario è desolante: le fattorie devono diventare più grandi, gli agricoltori devono acquistare innovative sementi ibride, il terreno stanco ha bisogno di fertilizzanti chimici, le colture di protezione dai parassiti, i raccolti devono essere venduti anziché immagazzinati per la sussistenza. “Sembra semplice – continua l’articolo – , ma in pratica si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione per l’agricoltura africana, che stravolgerebbe secoli di metodi tradizionali”. Inoltre, il passo dai campi statunitensi di Bill a quelli africani non è così semplice.

Nonostante nel 2006 la Gates Foundation e la Rockefeller Foundation abbiano fondato la Alliance for a Green Revolution in Africa (Agra) e investito più di un miliardo di dollari nella riorganizzazione delle politiche agricole nazionali e continentali, la rivoluzione finora è stata scarsa. In Zambia, per esempio, il programma di sussidi per i fertilizzanti avrebbe – secondo un rapporto locale – aggravato le condizioni del terreno. Un rapporto commissionato dalla stessa fondazione nel 2020 aveva rilevato che la missione non era stata compiuta. Conclusione simile in un altro della Tufts University (Massachusetts). Punti d’arrivo a cui Gates si è opposto. Recentemente ha documentato un viaggio in Etiopia, che dichiara di aver raggiunto l’autosufficienza sul grano: dal 2012, la fondazione ha veicolato nel Paese 777 milioni di dollari. Oggi, il patron di Microsoft chiede di destinare all’Africa i soldi inviati all’Ucraina. Il fine è innegabilmente nobile, i mezzi non ancora efficaci e condivisi.

Il complotto che ti aspetti

In mezzo, non poteva mancare il complotto su Bill Gates, grande classico nonostante le sue intenzioni su ogm e agricoltura siano alla luce del sole. A farne le spese, in questo contesto, è stata la rana verde della ong Rainforest Alliance, Inc., il simbolo che contrassegna alimenti che si certificano come sostenibili (dal lavoro all’ambiente). Si tratta della rana arboricola dagli occhi rossi, è un indicatore di un ambiente sano e lo si può trovare nelle regioni neotropicali del Sud America, dove i fondatori dell’Alleanza hanno iniziato a lavorare sulla protezione delle foreste pluviali tropicali 30 anni fa.

In Italia era possibile trovarli su diversi marchi, da Lavazza ad Alpro ad Algida. In un batter d’occhio, è stato battezzato come il simbolo non solo dei prodotti di Bill Gates e dei ricchi del mondo, ma anche dei ricchi che vi avrebbero infuso veleni e vaccini a tradimento. All’origine? Una sovvenzione che la Fondazione Bill e Melinda Gates ha assegnato all’associazione nel 2007 di 5 milioni per lo sviluppo dell’agricoltura. Dove passa Bill non cresce più l’erba. E il veleno non c’entra.

Il futuro dei miliardari tecnologici lontano dal web e da internet è sporco di terra, letame e denaro, tutti presenti copiosamente. Mark Zuckerberg, padre padrone di Meta (e quindi di Facebook, Instagram e Whatsapp) a gennaio ha pubblicato sui social un post molto particolare: tre fotografie, nella prima c’è lui al ristorante, alle Hawaii, un’enorme […]

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