Voci di strada
di Valentina Petrini

Caivano, che bel centro sportivo. Ma solo per chi può

Sono tornata a Caivano. A un anno dallo stupro sulle due bambine di 10 e 12 anni a Parco Verde. A un anno esatto dal Decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, meglio noto come decreto Caivano. Il ghetto di Parco Verde è un rione di case popolari. Brutte. Bruttissime. Nessuno ci vivrebbe se non fosse un confinato. Villa Andersen. L’erba è talmente alta che ricopre i vecchi giochi per bambini di acciaio arrugginito di vent’anni fa. Tutto intorno, a cingere il degrado, case popolari con le finestre che affacciano sul fallimento dello Stato.

«Hanno ristrutturato il centro sportivo Delphinia. Un gioiello. Peccato che i bimbi di Parco Verde non ci possono andare». Bruno Mazza aveva 12 anni quando si avvicinò alla camorra. A 16 anni era il braccio destro di un boss e per lui controllava le piazze per il traffico di droghe a Parco Verde. Fu arrestato, ha scontato 10 anni e 8 mesi di carcere. Ha perso un fratello per overdose. Oggi è il fondatore della onlus Un’infanzia da vivere. Raduna i minori del quartiere, ora ce ne sono 90. C’è il doposcuola, i giochi, i campetti da calcio. «Io sono nato a Napoli, nel Rione Sanità. Dopo il terremoto del 1980 ci hanno portati qua. Le strade non erano asfaltate, le case non avevano ancora le finestre, eravamo piccoli, non c’era niente».

Un anno dopo il decreto, come si sta al Parco verde?

Non c’è niente nemmeno ora. Dopo più di cinquant’anni. «Doveva essere una soluzione provvisoria e invece è diventata diretta succursale delle piazze di spaccio di Scampia e Secondigliano. Mi spieghi com’è possibile che fanno un decreto, stanziano soldi e qui nessuno raccoglie l’immondizia e cura il verde?». Nelle case piove. «Tutta muffa, quando piove viene giù l’acqua. Stiamo con le bacinelle e gli stracci ovunque». Al piano terra va anche peggio. «Guarda le fogne… lo scarico è sotto la finestra… Guarda il topo». Il tour è andato esattamente così. Lei paga? «Ho fatto la rateizzazione degli arretrati. Mi metto in regola. Per stare in questo cesso». Terzo piano: «Io non pago più. Non ho mai visto nessuno venire a mettere un chiodo. Che paghiamo a fare?».

Stanno rifacendo il teatro. Il cantiere è in corso. Lo gestisce l’esercito. «La vuoi vedere la Delphinia?», mi propone Bruno Mazza. Andiamo. È bella. Finalmente qualcosa di bello in mezzo al degrado. Prati curati, panchine in legno. Palestre, piscine. Chiediamo informazioni. Mazza: «Buongiorno, c’è un listino prezzi?». Prospetto Corsi Centro Sportivo “Pino Daniele”. Mazza: «Ci sono delle convenzioni? Prendete il voucher della Regione Campania per il sostegno all’attività sportiva ai minori?». «No, ci dispiace. Per quest’anno no». Mazza: «Ma per chi l’hanno aperta sta piscina se non possono venirci i nostri bimbi di Parco Verde?».

Ultima tappa del tour. Lungo l’alta velocità della fermata di Afragola, c’è un grande parco. L’erba alta copre decine di attrezzi da palestra in legno nuovissimi. «Quelli sono i campetti, calcio, basket, skate. Attenta dove metti i piedi». Camminiamo tra le sterpaglie. È un posto assurdo, abbandonato. «Sapevamo che doveva essere un parco pubblico cittadino per Caivano». Insomma, a Caivano tutto bene.

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