Agente Swoads, l’intelligenza artificiale a caccia dell’arte rubata
Inchieste

Agente Swoads, l’intelligenza artificiale a caccia dell’arte rubata

“Stolen Works Of Art Detection System”: è un software che applica algoritmi specifici e la tecnologia più all'avanguardia per la ricerca in rete. E scova le corrispondenze con la banca dati dei beni culturali rubati

di Thomas Mackinson

Tagliate la rete, liberate i cani. Massarosa, un piccolo comune della Versilia, vanta un singolare primato: l’anno scorso è stato il primo d’Italia a vietare di tenerli alla catena. Uno però aveva preso il largo da tempo, per l’esattezza 34 anni prima. Il 27 aprile 1990 alcuni ladri si erano intrufolati in una villa privata portandosi via una tela che proprio così si chiamava: Cane alla catena, olio su tela, attribuito al pittore napoletano d’epoca barocca Salvatore Rosa. Tre decenni dopo, lo scorso 26 febbraio, i carabinieri irrompono in una famosa casa d’aste di Genova. Sul suo sito pubblicizzava, per 7 mila euro, la vendita di un dipinto del Seicento del tutto identico per soggetto ma attribuito a un altro pittore (Tiberio Titi), con nome diverso (Ritratto di cane), misure alterate di 5 cm per lato, così, tanto per depistare. Ma tutto questo non è bastato a ingannare Swoads, perché i trucchetti usati per secoli da ladri, falsari e ricettatori con lui non funzionano più. Su sua indicazione, infatti, i militari sono andati a colpo sicuro e l’hanno sequestrato. Ma come diavolo avranno fatto?

Ci sono riusciti grazie al contributo di un agente speciale che siamo andati a scovare per i lettori di Millennium. Un agente senza faccia e senza odore, come nei romanzi di Robert Ludlum. Solo un nome in codice: l’agente Swoads, un esperto di cold case nel campo dell’arte che mai si era visto prima. In soli sei mesi Swoads è riuscito a individuare 73 opere d’arte ricercate da decenni setacciando in lungo e in largo il gran bazar della rete. E indovinate dove siede Mr. Swoads? Non al Thames House di Londra, tra gli agenti in doppio petto dell’MI6. Non al John Edgar Hoover Building coi grigi federali: è a Roma, nella sede del Reparto Operativo del Comando dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (Tpc).

A introdurci è il Maggiore Salvatore Rapicavoli, ingegnere responsabile delle Banche dati del Nucleo Tpc. Spiega che Swoads sta per “Stolen Works Of Art Detection System”: è in realtà un software che applica algoritmi appositamente sviluppati e l’intelligenza artificiale ed elabora la ricerca nel web e sui social network, senza soluzione di continuità, di opere d’arte trafugate, poi le confronta – a caccia di “match positivi” – con quelle conservate nella Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti, che costituisce il più grande archivio al mondo di beni d’arte rubati, con informazioni su oltre 7 milioni di oggetti censiti, di cui 1.315.000 da recuperare.

Il suo potenziale è straordinario; potrebbe diventare standard di riferimento a livello internazionale. «Altri reparti, armati di tablet in dotazione, durante le perquisizioni potranno realizzare foto e filmati e caricarli, trovando in tempo reale un riscontro su quello che vedono alle pareti, controllando tutta una serie di beni che fino ad oggi sfuggivano totalmente. E il controllo sulle opere così aumenta esponenzialmente» chiarisce Rapicavoli. Il futuro è della Narrow Artificial Intelligence, l’Ai che viene addestrata per uno specifico compito e settore. «Se io cerco un bene, ma ho solo una descrizione sommaria e testuale lui può, sulla base del data base, implementare informazioni sulla scorta della massima probabilità e restituirmi anche la foto di come dovrebbe essere».

L’operatore umano andava su internet e smanettava in tutte le case d’asta, i siti degli antiquari e di e-commerce per vedere se le opere in vendita erano state denunciate in passato per furto o per falsificazione. «Confronta le foto, ma se il soggetto è una Madonna con bambino, auguri, ce ne sono migliaia», spiega ancora il Maggiore. Ecco, Swoads è in grado di riconoscerla all’istante e sulla base di parametri oggettivi estremamente precisi. «Può fare anche il contrario: se abbiamo una denuncia di furto, ma non la foto, in base alle informazioni può ricreare la versione 3d di un oggetto per come lo si vedrebbe in vetrina».

Il pacchetto software della cellula Swoads, una volta sviluppato, sarà disponibile per essere condiviso con tutti i Paesi che volessero installare questo sistema. Oggi le banche dati nazionali sono diverse e non si parlano. «La Dulcinea in Spagna non vede quello che è stato rubato in Italia e viceversa, idem con la Francia. E così l’opera rubata in Italia magari finisce in vendita su un sito d’aste belga». Ma se tutte le banche dati parlano, per ladri e ricettatori non c’è più riparo.

Swoads darà un contributo fondamentale anche nel campo del contrasto all’esportazione di opere all’estero, specie in Stati in crisi, dall’Iraq alla Siria, che sono stati depredati durante i conflitti. Per arrivare ai Paesi di destinazione passano dalle Dogane, ma l’operatore che sta lì non è tuttologo, ha il supporto dell’Icom (International Council of Museums), che si occupa di prevenire questi reati su scala mondiale e fa delle red-list cartacee ed elettroniche dove spiegano come sono fatti i beni iracheni, i dettagli (una testa femminile, una decorazione sui capelli etc). «Se però il doganiere vede quelle, deve accendere l’alert e chiedere dettagli ed expertise per approfondire. Il sistema lo farà per lui».

E mentre elabora dati ne produce di nuovi. Swoads penetra dove l’essere umano fatica. Per esempio nel darkweb, che in virtù all’anonimato pullula di opere rubate grazie al fatto che i venditori non sono identificabili.

Tagliate la rete, liberate i cani. Massarosa, un piccolo comune della Versilia, vanta un singolare primato: l’anno scorso è stato il primo d’Italia a vietare di tenerli alla catena. Uno però aveva preso il largo da tempo, per l’esattezza 34 anni prima. Il 27 aprile 1990 alcuni ladri si erano intrufolati in una villa privata […]

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